In
genere gli articoli economici e finanziari sono asettici perché pieni di numeri
e grafici e richiedono maggiore attenzione o capacità di analisi. I grandi numeri
però non indicano la percettiva immensità di se stessi. Spesso non riusciamo,
almeno i più anziani, a tradurre gli euro in lire, o aggiornali al valore delle
cose, eccetto quando si tenta di averne una visione più densa e consistente.
Ci
vuole questa premessa per presentare una ricerca sull’immenso deficit delle più
grandi banche mondiali, quelle che il Wall Street Journal chiama “too big too fail”, “troppo
grandi per fallire”. Ve ne sono 5 negli Stati Uniti, esposti con strumenti
cosiddetti “derivati” per più di 40.000 miliardi di dollari ciascuna.
L’esposizione complessiva e collettiva di tutte le banche nord americane è di
247.000 miliardi di dollari, cioè 13 volte superiore all’enorme debito pubblico
statunitense che è di 19.000 miliardi.
Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), globalmente, il valore
teorico dell’insieme dei contratti dei prodotti derivati in circolazione nel
pianeta ammontano alla somma stratosferica di 552.900 miliardi di dollari. Una
bolla enorme.
I prodotti derivati, termine tecnico semplice
ma operazioni di per sé estremamente aleatorie, in quanto si basano su
compravendita di prodotti “futuri”, tentando di indovinarne l’andamento, in un
paniere in cui questi sono fluttuanti: materie prime (vediamo per esempio il
crollo pilotato del petrolio, ma non previsto), valute, azioni, tassi di
interessi, indici borsistici, … Una scommessa continua, un gioco legalizzato.
Quelli impegnati nella compravendita di questi prodotti scommettono
semplicemente su qualcosa che avverrà, oppure no. La differenza, in positivo o
in negativo (molto spesso) produce denaro fittizio.
Di volta in
volta, da una banca all’altra, a pagare poi realmente sono gli Stati, le
popolazioni e oggi si aggiungono direttamente i clienti, volenti o nolenti. Il
primo dramma questi prodotti l’hanno già svolto nella crisi del 2008 con i
risultati che conosciamo. Oggi continuano a giocare tranquillamente e nessuno
può, o vuole, fermarli, talmente la rete degli “scambi” è globale.
L’irresponsabilità
è totale. Le cifre seguenti sono tratte dalla tabella del
rapporto, ultimo trimestre 2015, dell’Ufficio di Controllo della Moneta (Office
of the Comptroller of the Currency – OCC) statunitense e indicano un paradigma
allucinante tra attivo e esposizione.
Citigroup : Totale Attivo: 1.800 miliardi di $; esposizione totale ai
prodotti derivati più di 53.000 miliardi.
JPMorgan
Chase: Attivo: 2.400 miliardi; esposizione: più di
51.000 miliardi.
Goldman
Sachs: Attivo: 880 miliardi; esposizione: più di
51.000 miliardi.
Bank of
America: Attivo: 2.100 miliardi; esposizione: più di
45.240 miliardi.
Morgan
Stanley: Attivo: 835 miliardi; esposta per più di 31.000
miliardi.
Wells
Fargo: Attivo: 1.750 miliardi; esposta per più di
6.000 miliardi.
La
verità è che di tutto questo si sa poco e c’è meno interesse pubblico che per
la farfallina sull’inguine della Belen. Tra l’altro tutti i media ci
rassicurano sulla tenuta del sistema finanziario e bancario, salvo a ritrovarci
implicati nella responsabilità della loro folle gestione e prima o poi nelle
spese, case e proprietà comprese. Anche se si comincia dagli azionari più
ricchi si arriva poi ai piccoli. La situazione è già in atto. Tra l’altro più
nessun “ricco” lascia 100.000 euro di deposito nelle banche europee. Panama papers è solo la punta
dell’iceberg.
Spese
impossibili tra l’altro visto che non esiste al mondo la somma totale, in
denaro vero, equivalente ai 552.000 miliardi di dollari della bolla. Bolla che
continua a gonfiarsi, un po’ come il nostro debito pubblico, checché si faccia.
La stessa Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) statunitense, che
dovrebbe garantire i depositi bancari, può coprire eventuali risarcimenti individuali
con una somma ridicola a disposizione, 200.000 dollari. Dispone altresì di 75
miliardi per coprire eventuali fallimenti bancari; niente in confronto alle
cifre citate. E se dovessero essere necessari centinaia e migliaia di miliardi
di dollari? Basta stamparli? Sarebbe quello che lo stesso Soros (finanziere pirata
e guerrafondaio dichiarato) chiama l’apocalisse. La prossima imminente crisi
mondiale. Alla quale partecipa attivamente.
In
realtà non sono più gli Stati Uniti che conducono il gioco, ma la Cina e lo
yuan. Quest’ultima, è contraltare reale ed economico del dollaro, (perché produce beni), e potrebbe dire “basta”
con il dollaro, noi trattiamo in yuan, basta svalutarlo un po’, e tutti i
dollari-dipendenti danno di testa. Lo stanno già facendo, piano piano, nel
sistema bancario del paniere delle monete del Brics, insieme al rublo. Sarebbe
il crollo totale degli Stati Uniti che reagirebbero sicuramente con una guerra
mondiale. Si stanno già preparando nel Pacifico orientale, accumulandovi tre
quarti della loro forza armata in giro per il mondo, lasciando noi, con la
Nato, ad occuparci della pericolosa Russia antidollaro e del flusso dei
migranti, deleterio e disarticolante per le società europee. Flussi di cui gli
Usa, non a caso, hanno non poca responsabilità. Chi tocca il dollaro, muore.
L’abbiamo visto con Saddam e con Ghedaffi quando hanno deciso di non voler più
essere pagati in dollari, moneta carta straccia. Centinaia di migliaia di
morti. Si capisce a questo punto che ne va dell’esistenza stessa degli Stati
Uniti. Non succederà senza colpi di coda.
Intanto,
nel frattempo, è in atto una guerra economica senza precedenti, anche contro di
noi, socialmente romantici. Ho ritrovato una frase “testamentaria” di
Mitterand, tra il 1981 e il 1995 (per 14 anni) presidente socialiste francese,
in fin di vita: “La Francia non lo sa, ma
siamo in guerra con l’America. Una guerra permanente, una guerra vitale, una
guerra economica, una guerra apparentemente senza morti. Sono proprio duri gli
americani. Sono voraci, voglio il potere sul mondo senza dividerlo. E’ una
guerra sconosciuta, una guerra permanente, senza morti apparenti eppure è una
guerra fino alla morte”.
La
nostra sarà dolce con l’asservimento totale tramite il TTIP, (Transatlantic
Trade and Investment Partnership), il cosiddetto “Partenariato
transatlantico per il commercio e gli investimenti”, nel quale tutte le decisioni
e controversie verranno prese dai tribunali americani, a favore delle imprese
contro gli Stati, cioè contro i cittadini, cioè contro la democrazia. La nuova crisi mondiale ne sarà l'occasione. Fino
all’eliminazione futura del fastidioso euro.
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