venerdì 10 ottobre 2008

Liberaci dal liberismo 2. John Maynard Keynes

Ci pare interessante, in questo momento di profondi sconvolgimenti dell'economia finanziaria, riproporre un intervento di Susan George su Le Monde Diplomatique dello scorso anno, oltre che per la sintesi storica che ci propone in merito alla nascita degli organismi di regolazione del commercio mondiale, soprattutto per la descrizione del  progetto di Keynes di rinnovamento delle regole di tale commercio.
Qualcuno oggi, di fronte alla crisi finanziaria che stiamo vivendo, già ripropone un ritorno a Keynes,auspicando un intervento da parte dello stato  nell'avvio di lavori pubblici su vasta scala, con l'effetto di produrre "lavoro reale" e "reddito reale". Tale intervento dovrebbe attivare un circolo virtuoso in grado di farci uscire dalla palude di un'economia fittizia e artificiosamente rigonfia, di cui la bolla finaziaria è l'aspetto più evidente.
Certo a leggere questo articolo, oggi Keynes sembrerebbe una panacea di tutti i mali dell'economia.
Spicca in questo contesto la pochezza dei movimenti e della cosiddetta sinistra, che appaiono totalmente sprovvisti di strumenti di analisi efficaci e di una visione che esca dal cortiletto del "territorio" e dai soliti farfugliamenti di Toni Negri sull'economia immateriale e simili.

di Susan George*


IL PROGETTO INCOMPIUTO DI JOHN MAYNARD KEYNES

di Susan George*

Il ciclo di negoziati di Doha, iniziato nel corso della conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) tenutasi nella capitale del Qatar nel 2001, è fallito. Il direttore generale del Wto, Pascal Lamy, tenta disperatamente di resuscitarlo, ma durante tutti i negoziati gli oppositori hanno continuato a sostenere che era meglio un non-accordo che un cattivo accordo. Dai primi (sterili) incontri fino alla fine, le trattative hanno accresciuto il rischio di favorire le grandi imprese agricole, di indebolire, se non distruggere, le fragili industrie nascenti del Sud, e di permettere al settore privato, grazie all'Accordo generale sul commercio dei servizi (Agcs), di assumere il controllo dei servizi pubblici. Il fallimento di Doha potrebbe essere solo temporaneo, i testi base del Wto, in vigore dal 1995, non sono stati aboliti. L'Accordo sull'agricoltura, l'Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (General Agreement on Tariffs and Trade, Gatt) relativo ai beni industriali, l'Agcs e un'altra ventina di strumenti che fanno capo al Wto, sono ancora validi. Solo, la loro realizzazione è oggi nettamente rallentata.
Abbiamo ottenuto una tregua, una sorta di rinvio dell'esecuzione capitale. E, forse, una possibilità, un'apertura.
Di fronte al fallimento dei negoziati, molti si chiedono: con cosa sostituire Doha? C'è chi risponderebbe che è come domandarsi con cosa sostituire un cancro. Ma, nel caso del commercio internazionale, la risposta «niente» non sarebbe affatto saggia. Mentre l'assenza di cancro è sicuramente auspicabile, l'assenza di un regime commerciale internazionale lascia campo libero ad accordi bilaterali e multilaterali che per i partner più deboli possono risultare più invadenti e pericolosi del Wto stesso.
Invece di lasciare che siano i soliti faccendieri - gli stati più potenti in quanto protettori delle proprie multinazionali - ad organizzare il futuro dei rapporti commerciali, è utile ripensare alla più importante tra le riorganizzazioni delle relazioni internazionali, quella realizzatasi all'indomani della seconda guerra mondiale. All'epoca, anche la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale (Fmi), la cui ispirazione è stata totalmente deformata nell'ultimo quarto di secolo, furono istituzioni ben accolte, e, per un certo periodo, utili sia per il Sud che per il Nord devastato dalla guerra.
Molto prima che la pace tornasse, l'economista britannico John Maynard Keynes aveva presentato un progetto che rinnovava completamente le regole del commercio mondiale. Proponeva la creazione di un'Organizzazione internazionale del commercio (Oic), coadiuvata da una banca centrale internazionale, l'Unione internazionale di compensazione (Uic). All'Uic sarebbe spettato il compito di emettere una moneta mondiale destinata al commercio, il bancor. Benché né l'Oic, né l'Uic siano mai nate, vale la pena di riflettere su cosa sarebbe cambiato se avessero visto la luce. Perché sicuramente avrebbero inaugurato un mondo più razionale, con un sistema commerciale rispondente ai bisogni delle popolazioni tanto del Nord quanto del Sud.
Con l'Oic e l'Uic, nessun paese avrebbe potuto registrare deficit commerciali così imponenti come quello degli Stati uniti (716 miliardi di dollari nel 2005), o degli eccedenti commerciali altrettanto abnormi, come quelli cinesi. Nel quadro di quel sistema, il pesante debito del terzo mondo e le politiche di aggiustamento strutturale applicate dalla Banca mondiale e dal Fmi sarebbero stati impensabili. Di certo, quel piano non avrebbe abolito il capitalismo. Varrebbe la pena di rispolverarlo, ritoccandolo qua e là, perché nella sostanza è tuttora di grande attualità.

La carta dell'Avana

Prima di studiare nel dettaglio le regole proposte dall'Oic, è bene chiarire perché questa istituzione non è stata realizzata. La spiegazione che viene data di solito è che gli americani non l'hanno voluta, il che è vero, ma non sufficiente. Dietro al fallimento ci sono anche altre ragioni politiche.
Stati uniti e Regno unito iniziarono a negoziare questo accordo molto prima della fine della guerra: Keynes aveva già lanciato l'idea nel 1942. I britannici la difesero ufficialmente nella conferenza di Bretton Woods, nel luglio 1944 (presieduta da Keynes). Ma, da quel momento, gli americani, sensibili agli umori dei loro grandi industriali, si mostrarono meno entusiasti. Il negoziatore capo statunitense, Harry Dexter White, avanzò una controproposta: la Banca mondiale e il Fmi (1). Poco dopo, il Congresso americano ratificò la creazione di queste due ultime istituzioni, dette anche «istituzioni di Bretton Woods». L'Oic poteva attendere.
L'Organizzazione delle Nazioni unite (Onu) fu creata nel 1945. La sua componente economica, il Consiglio economico e sociale (Economic and Social Council, Ecosoc), fu incaricata di studiare le proposte americana e inglese per la realizzazione di un'Oic. Nel 1946, l'Ecosoc convocò la Conferenza delle nazioni unite sul commercio e l'occupazione allo scopo di esaminarli (2). Prima che la conferenza iniziasse, gli Stati uniti decisero di applicare al commercio internazionale lo schema del doppio binario e organizzarono un incontro riservato ai ventidue stati membri dell'Onu interessati quanto Washington a liberalizzare da subito il commercio. Si creò così in un forum parallelo con il compito di preparare le bozze di una sorta di proposta provvisoria - quantomeno considerata tale all'epoca.
Firmato nel 1947, il Gatt entrò in vigore l'anno seguente. Tutti i partecipanti pensarono che facesse parte della carta dell'Oic, vista come strumento permanente. Di conseguenza, dotarono il Gatt di un dispositivo istituzionale molto limitato. L'anno seguente, la carta dell'Oic fu completata e ratificata alla conferenza dell'Avana, motivo per cui in genere questo documento viene chiamato carta dell'Avana (il suo vero nome è carta dell'Avana per la creazione di un'Organizzazione internazionale del commercio) (3).
Se il progetto che era alla base dell'Oic non è mai stato portato a termine, è perché molti di coloro che lo avevano sostenuto con maggior vigore scomparvero nel giro di pochissimo tempo. Keynes morì nel 1946; il segretario di stato americano Cordell Hull, altro sostenitore dell'Oic, fu costretto a ritirarsi per motivi di salute poco prima della fine della guerra; l'entusiasmo con cui a Bretton Woods si era pensato di poter «ridisegnare» il mondo, si spense. L'isolazionismo di molti americani e dei loro parlamentari al Congresso contribuì al declino del progetto, tanto più il mondo degli affari si era mostrato notevolmente contrario all'Oic, considerata di volta in volta troppo o non abbastanza protezionista. Il dipartimento di stato americano e quello del tesoro, si concentrarono soprattutto sul piano Marshall e sulla realizzazione di vari accordi bilaterali di commercio reciproco.
Del resto, nel 1948 si profilava una difficile elezione presidenziale e nessuno dei due grandi partiti desiderava seminare scompiglio con un accordo commerciale controverso. A livello internazionale, la guerra fredda, appena cominciata, relativizzava, sia per i politici che per i funzionari americani, l'interesse e l'urgenza dell'Oic.
Una volta rieletto, nel novembre 1948, il presidente Harry Truman presentò, sia pure con scarsa convinzione, la carta dell'Oic (detta «dell'Avana») al Congresso, ma i legislatori che avrebbero dovuto ratificarla non si preoccuparono neppure di sottoporla al voto. Il Gatt invece sopravvisse perché, essendo stato considerato «provvisorio», non prevedeva praticamente alcun accordo istituzionale. A suo modo ha funzionato bene perché, nel corso dei decenni, ha fatto passare i diritti doganali da una media del 50% a una media del 5% - nonostante il persistere di alti picchi tariffari in molti paesi. Dal 1948, il Gatt ha organizzato otto cicli di negoziati sulla liberalizzazione del commercio, di cui l'ultimo, il ciclo dell'Uruguay, portò all'accordo in assoluto più ambizioso del Wto. Ora, è evidente che nessuno di questi accordi commerciali rispecchi le speranze di Keynes, ma il Wto ne è lontano addirittura anni luce.
Tanto per cominciare, il Wto non ha alcun legame con l'Onu e, di conseguenza, non ne riconosce gli strumenti legali, compresa la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948; la carta dell'Oic, al contrario, comincia proprio con un riferimento a quella delle Nazioni unite. Piena occupazione, progresso sociale e sviluppo fanno parte dei suoi obiettivi.
Il secondo capitolo della carta è dedicato esclusivamente ai mezzi per prevenire disoccupazione e sotto-occupazione. A differenza del Wto, che sull'argomento tace, l'Oic mette l'accento su norme di lavoro egualitarie e sul miglioramento dei salari. Inoltre, rende obbligatoria la cooperazione con l'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil).
A questo proposito bisogna ricordare che il movimento sindacale mondiale ha passato i sei anni successivi alla creazione del Wto a tentare di ottenere la cosiddetta «clausola sociale», una versione molto edulcorata dei principi che sono parte integrante dell'Oic. Alla fine, al termine della conferenza ministeriale di Doha, nel 2001, i sindacati hanno gettato la spugna.
La carta dell'Oic prevede la condivisione di competenze e tecnologie; precisa inoltre che gli investimenti stranieri non possono «costituire una forma di ingerenza negli affari interni» degli stati membri.
I paesi più poveri e più deboli sono espressamente autorizzati a ricorrere all'interventismo e al «protezionismo» per garantirsi ricostruzione e sviluppo: «È giustificato che l'aiuto si traduca in misure protettive» dice la carta.
Viene incoraggiata in modo particolare qualsiasi azione «destinata a promuovere lo sviluppo delle industrie che risultino utili alla trasformazione di un prodotto di base del territorio». Nella carta sono presenti molte altre clausole relative ai prodotti di base e alla protezione dei piccoli produttori. Per stabilizzare il prezzo dei prodotti di base da un anno all'altro, è previsto l'utilizzo di fondi governativi, e l'Oic raccomanda in particolare di «preservare le risorse naturali esauribili». Considerate nel loro insieme, le misure riguardanti i prodotti di base, e destinate a incoraggiare negoziati tra gli stati membri produttori, invitano, pur senza dirlo esplicitamente, i produttori di materie prime a creare cartelli quali l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec). Nello stesso tempo, l'Oic propone agli stati produttori di trasformare le materie prime sul territorio nazionale per aumentarne il valore.
Nell'attuale realtà economica, al contrario, il prezzo dei prodotti di base è diminuito. Secondo la Conferenza delle nazioni unite per il commercio e lo sviluppo (Unctad), tra il 1977 e il 2001, la caduta annua dei prezzi è stata del 2,6% per le derrate alimentari, del 5,6% per le bevande tropicali e del 3,5% per gli oleaginosi e gli oli. Solo i metalli, che a differenza dalle derrate alimentari e dalle bevande non sono mai gestiti da piccoli produttori, hanno resistito meglio, diminuendo solo dell'1,9% l'anno, il che ha comunque provocato una notevole diminuzione del reddito dei paesi interessati.
Anche in questo caso, a differenza della normativa in vigore, la carta dell'Avana autorizza l'aiuto dello stato all'industria nazionale, tramite sovvenzioni o ordinazioni pubbliche. Riserva una parte del mercato cinematografico ai film di origine nazionale. Permette ai paesi firmatari di proteggere la propria agricoltura e la pesca.
Ora, una delle battaglie più aspre del ciclo di Doha, quella che ne ha provocato il fallimento, ha avuto per oggetto le sovvenzioni alle esportazioni agricole. L'Oic proibisce specificamente di sovvenzionare i prodotti sui mercati esteri «a un prezzo inferiore a quello richiesto a un acquirente nazionale». In caso di difficoltà finanziarie, gli stati possono limitare le importazioni, ma devono farlo in modo proporzionale al problema denunciato e concedere quote equivalenti ai precedenti fornitori.

Il bancor, moneta di giustizia

In materia di disposizioni istituzionali, quelle dell'Oic sono semplici e democratiche. Tutti gli stati invitati alla Conferenza delle Nazioni unite per il commercio e l'occupazione ne diventano membri d'ufficio, mentre gli inserimenti successivi devono essere approvati dalla Conferenza.
Ogni paese dispone di un voto (mentre nella Banca mondiale e nel Fmi i voti sono proporzionali ai contributi finanziari, cosicché gli Stati uniti, da soli, possono bloccare qualsiasi decisione importante).
Per l'Oic, inoltre, se un paese è in arretrato con i contributi dovuti alle Nazioni unite perde il diritto di voto, il che significa che negli ultimi vent'anni gli Stati uniti non avrebbero votato quasi mai...
Riguardo alla «governance», i membri dell'Oic si danno un consiglio esecutivo di diciotto membri, otto provenienti da paesi «di rilevante importanza economica e presenza nel commercio mondiale» e altri dieci rappresentativi di diverse regioni e vari tipi di economia. Le votazioni avvengono a maggioranza semplice o, in alcuni casi, con una maggioranza di due terzi. I contenziosi sono regolati tramite consultazioni; se queste falliscono, ciascuno dei contendenti ha il diritto di rivolgersi al consiglio esecutivo, il quale può autorizzare il paese leso a prendere misure di ritorsione.
Questo tentativo di stabilire un nuovo ordine commerciale fu proposto quando il mondo ancora annaspava nel tentativo di uscire dalle rovine della guerra. Nessuno o quasi, ad eccezione degli Stati uniti, disponeva di solide finanze. Il piano Marshall è servito anche a prevenire una nuova recessione rilanciando il commercio tra Stati uniti e Europa, senza di che Washington temeva che la macchina americana producesse troppo velocemente per sperare di trovare consumatori solvibili.
Ma come fare perché tutti si risollevassero, rimettendo in moto produzione e commercio? Keynes lanciò la sua proposta all'inizio degli anni '40. La guerra era stata provocata, in parte, da politiche commerciali tese a tagliare l'erba sotto i piedi dei vicini vendendo a prezzi più bassi, di conseguenza tutti si facevano un'accanita concorrenza nella ricerca degli stessi sbocchi. L'obiettivo dell'autore della Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta era quello di evitare che nel futuro qualcuno potesse di nuovo accaparrarsi tutti i mercati, accumulando enormi eccedenze commerciali. La soluzione trovata si chiamava Uci: una nuova banca centrale delle banche centrali, incaricata di emettere la moneta mondiale destinata al commercio, il bancor.
Il sistema avrebbe dovuto funzionare nel modo seguente: i bancor, entrati con le esportazioni, sarebbero usciti con le importazioni.
L'obiettivo era che a fine esercizio annuale, i conti di un paese membro dell'Oic non risultassero né eccedenti, né deficitari, ma «saldati», cioè vicino allo zero. Un tasso di cambio fisso, ma aggiustabile rispetto al bancor, avrebbe dovuto essere assegnato alla moneta di ciascun paese. L'innovazione di Keynes stava nel riconoscere che i paesi con troppi bancor avrebbero creato problemi al sistema esattamente come quelli che non ne avessero avuti abbastanza - in altri termini, che i creditori sono una minaccia per la stabilità e lo sviluppo esattamente quanto i debitori.
Ma come obbligare i vari paesi a ricercare una saldo prossimo allo zero e mantenerlo? Il metodo era ingegnoso. In quanto banca centrale ed emittente della nuova moneta, l'Oic avrebbe concesso a tutti gli stati delle facilitazioni di cassa, esattamente come fanno le banche con i clienti privati. Lo scoperto autorizzato doveva equivalere alla metà del valore medio delle transazione commerciali realizzate dal paese nei cinque anni precedenti. I paesi che avessero superato lo scoperto autorizzato avrebbero pagato interessi sulla differenza.
I debitori erano così chiamati a pagare i loro debiti, ma, ed era questa la grande trovata, anche i creditori - cioè gli stati che registravano una bilancia dei pagamenti eccedente - avrebbero pagato gli interessi sulle eccedenze. Più l'uno e l'altro aumentavano, più il tasso d'interesse sarebbe cresciuto.
Di conseguenza, i paesi in deficit si sarebbero visti costretti a svalutare la propria moneta per abbassare il prezzo delle esportazioni e renderle competitive. I paesi con eccedenze avrebbero dovuto fare il contrario, rivalutare la propria moneta per rendere le esportazioni più costose e dissuasive. Nel caso di un'eccedenza non ridotta, l'Oic avrebbe confiscato la cifra eccedente lo scoperto autorizzato, mettendolo in un fondo di riserva. Keynes dava per scontato che questo fondo dovesse servire a finanziare forze di polizia internazionali, operazioni di soccorso in caso di calamità e altre misure utili a tutti gli stati membri.

Il debito, arma spuntata

L'impianto organizzativo era molto ingegnoso.
Per evitare di pagare interessi o, peggio, di vedersi drasticamente confiscare il denaro, gli stati a rischio di eccedenze avrebbero rivaleggiato per importare di più da stati deficitari. Ma vendendo di più, gli stati in deficit vedevano favorito il loro ritorno all'equilibrio commerciale. Vincente l'uno, vincente l'altro... Sviluppo del commercio internazionale, garanzie per i lavoratori, ricchezza maggiore e meglio ripartita, rapporti più sereni, sovrappiù di fondi investiti nello sviluppo dei paesi poveri, avrebbero certo evitato che questi ultimi accumulassero gli attuali debiti.
Ma il progetto di Keynes non ha trovato sbocco. E il mondo da lui sognato per il dopoguerra non è mai nato. Al contrario, le politiche di aggiustamento strutturale della Banca mondiale e del Fmi hanno creato immensi danni; l'enorme debito del terzo mondo non sarà mai rimborsato; le scelte politiche, invece di essere fatte dai governi democraticamente eletti, sono nelle mani di Wall Street (tanto che paesi come l'Argentina si ribellano); le regole del commercio mondiale non aiutano i paesi più poveri; l'egoismo dei ricchi è cresciuto di pari passo con le loro ricchezze.
Come realizzare un commercio egualitario, a fronte del Wto e delle sue regole? George Monbiot pensa che il Sud indebitato potrebbe brandire i sui 26.000 miliardi di dollari di debito come una sorta di minaccia nucleare da agitare contro il sistema finanziario mondiale, se questo non acconsentisse a realizzare un'Oic. Anche il Sud potrebbe creare una sua Unione di compensazione, magari più modesta di quella prevista all'origine - e se fosse l'America latina il primo continente a realizzare un tale progetto? Ma forse, anche un nuovo governo, in Francia ad esempio, potrebbe inserirlo nel suo programma - perché no? Si sono viste cose ben più strane... Ma, prima di studiare i dettagli del meccanismo, è bene capire che non c'è ragione di reinventare la ruota... del commercio. Keynes è già passato di qua...


* Scrittrice, presidente del consiglio di amministrazione del Transnational Institute, Amsterdam.

note:
(1) Il libro di George Monbiot, The Age of Consent (Flamingo, Londra, 2003), contesta l'affermazione corrente secondo cui Keynes stesso avrebbe presieduto alla creazione della Banca mondiale e del Fmi.
In accordo con lo storico Armand Van Dormael, autore di Bretton Woods: Birth of a Monetary System (Palgrave Macmillan, Londra, 1978), Monbiot spiega che Keynes, se pure ottenne qualche concessione da parte degli americani, aveva previsto che il Fmi avrebbe prodotto debiti non rimborsabili. L'economista finì con l'accettare le proposte americane, perché preferiva un sistema con delle regole a uno senza regole, ma non fu affatto soddisfatto del risultato.
(2) Sottolineiamo la denominazione, perché il Wto ha sempre esplicitamente rifiutato di interessarsi di occupazione.
(3) Nel suo libro Trade and the American Dream: A Social History of Postwar Trade Policy, University Press of Kentucky, Lexington, 1996, Susan Ariel Aaronson tratta l'argomento in modo esauriente.

(Traduzione di G. P.)

Da Le Monde Diplomatique di Gennaio 2007


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