Ho votato Rivoluzione Civile perché, parafrasando una nota canzone,
non avevo niente da fare e non sono pentito. Non ho mai nascosto, come altri
compagni, il fatto che fosse un’operazione nata male e finita peggio, ma adesso
per colmo di paradosso sono ottimista. Sono convinto che un ciclo si sia chiuso
e la quiete necessaria sia stata finalmente raggiunta. Una quiete che si
sostituisce al rumore assordante delle tante frizioni e “compatibilità” della
sinistra, una quiete che poteva essere raggiunta solo dopo aver sperimentato
tutti gli stadi dell’evoluzione. Non è infatti realistico pensare che una
soggettività così composita e con rendite di posizione consolidate si abbandoni
alla mutazione senza che un evento traumatico la costringa a farlo. Per come la
vedo io Rivoluzione Civile è stato un passaggio necessario e anche benefico.
Adesso si può ricominciare da dove avevamo lasciato, da una sigla che è anche un
motto profetico: “Cambiare si può”. Adesso non ci sarà nessuno che potrà
rubarci l’idea di una democrazia partecipata e farne la sua ancora di salvezza,
adesso possiamo operare scelte, discutere dei metodi e individuare gli obiettivi, in modo genuinamente
democratico. Adesso è il momento di Cambiare si può. Grillo non è l’unica
alternativa, e averlo sottovalutato, sottovalutando la rabbia e la
determinazione di chi lo ha voltato, non significa che rappresenti l’unica via.
giovedì 28 febbraio 2013
"Cambiare si può". Back to the future
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