giovedì 28 febbraio 2013

"Cambiare si può". Back to the future


Ho votato Rivoluzione Civile perché, parafrasando una nota canzone, non avevo niente da fare e non sono pentito. Non ho mai nascosto, come altri compagni, il fatto che fosse un’operazione nata male e finita peggio, ma adesso per colmo di paradosso sono ottimista. Sono convinto che un ciclo si sia chiuso e la quiete necessaria sia stata finalmente raggiunta. Una quiete che si sostituisce al rumore assordante delle tante frizioni e “compatibilità” della sinistra, una quiete che poteva essere raggiunta solo dopo aver sperimentato tutti gli stadi dell’evoluzione. Non è infatti realistico pensare che una soggettività così composita e con rendite di posizione consolidate si abbandoni alla mutazione senza che un evento traumatico la costringa a farlo. Per come la vedo io Rivoluzione Civile è stato un passaggio necessario e anche benefico. Adesso si può ricominciare da dove avevamo lasciato, da una sigla che è anche un motto profetico: “Cambiare si può”. Adesso non ci sarà nessuno che potrà rubarci l’idea di una democrazia partecipata e farne la sua ancora di salvezza, adesso possiamo operare scelte, discutere dei metodi e  individuare gli obiettivi, in modo genuinamente democratico. Adesso è il momento di Cambiare si può. Grillo non è l’unica alternativa, e averlo sottovalutato, sottovalutando la rabbia e la determinazione di chi lo ha voltato, non significa che rappresenti l’unica via.
 

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