sabato 2 febbraio 2013

Alcune riflessioni sulle prossime elezioni politiche: le tre destre e "un mondo unito sotto il cielo stellato"

di Franco Cilli

Il voto a Rivoluzione Civile, come pure il voto a Grillo ha a mio modo di vedere una duplice funzione. In primo luogo quella  dirompente: un buon successo di entrambi imporrebbe un registro diverso alla politica italiana con nuove regole e nuovi comportamenti, in una cornice prevedibilmente più democratica e più ancorata ai valori della costituzione, ancorché depurata da certo mignottame e da corruttele oltre il livello di decenza. In secondo luogo, e forse la cosa più importante,  quella di mettere al centro della riflessione politica il tema dell’austerità, rompendo il dogma del pensiero unico e del liberismo, in base al quale non si sa perché siamo condannati a trasmutare il debito privato delle banche in debito pubblico, a sua volta utilizzato come grimaldello per smantellare e privatizzare il welfare. Sebbene queste due compagini possano insidiare il primato assoluto delle tre destre, vale a dire le destre rappresentate da Monti, Bersani e Berlusconi, rimane però il problema di una pletora delle destre stesse, con la loro occupazione totalizzante e pervasiva dello spazio politico, le ovvie ripercussioni sulla dialettica istituzionale e i rischi di una balcanizzazione della scena politica. Qualcuno a questo punto si pone il problema se non sia più importante sconfiggere la destra peggiore e far vincere quella migliore piuttosto che sperare in un'azione dirompente di Grillo ed Ingroia. A parte il fatto una destra è sempre una destra, e quindi non si vede la convenienza di una sua vittoria, ma sfido chiunque a scegliere quale sia la destra migliore.

Va detto che l’occupazione nominale dello spazio politico riservato alla sinistra da parte di una delle destre, cioè quella di Bersani, ha imposto a Rivoluzione Civile la ridefinizione del perimetro elettorale, e una nuova lottizzazione dell’area di sinistra, allo scopo di guadagnare nuovi spazi, e a Grillo la collocazione in una dimensione autonoma e parallela, “né di destra, né di sinistra”, in grado di creare un'osmosi dai comparti tradizionali della politica verso un'area indifferenziata. A conti fatti sembrerebbe naturale stare a vedere se la scommessa di Igroia ha una qualche possibilità di vittoria e far sì che la situazione a sinistra ridiventi fluida. C'è però una tesi, sostenuta da alcuni miei amici, che si insinua in un gioco politico apparentemente dominato da geometrie di tipo euclideo. Questa tesi, che si riallaccia in qualche maniera alla teoria della destra migliore,  afferma che la frammentazione del quadro politico sia il prodotto di riflessi identitari e di rendite di posizione, i quali ritarderebbero l’uscita del corpo sociale dal novecento, rimandando la necessaria reductio del quadro politico a sostanza unica, nella fattispecie il Pd, il quale dovrebbe assumere necessariamente il ruolo di contenitore unico della materia politica, permettendo la ripresa di una dialettica storica nel segno dell’unità. In soldoni, facciamo vincere questa destra, quella che più autenticamente riflette lo spirito dei tempi, ripuliamo il campo da ridondanze inutili e poi ripartiamo da qui. Così facendo sgombriamo l'arena politica da partitini buoni solo a se stessi e dalla volgarità berlusconiana, serio pericolo di un’involuzione autoritaria, all’insegna della totale anencefalia delle masse e del volto decadente e corrotto di una dittatura di stampo bananiero.

Vorrei dire a questi miei amici che forse in questo modo usciremmo dal novecento, ma solo per rientrare nell’ottocento. Tesi del genere sanno di neo-storicismo e neo-hegelismo. Si intravede la nostalgia per il ritorno alla totalità e un'insofferenza verso gli elementi particolari della realtà visti unicamente come residui di un passato non ancora pienamente sussunto nelle nuove forme della politica e della società .

Il guaio di queste metafore filosofiche è che sono molto suggestive, ma sono ben lontane da una realtà che non si lascia piegare alle esigenze della filosofia. La natura del Pd è in verità molto prosaica ed è fatta di scelte puramente contingenti maturate in un contesto dove predomina un unico pensiero. Inoltre questo partito è talmente compromesso con un tipo di politica affaristico-clientelare ed è così dominato da lotte intestine, che resta paralizzato da un sistema di veti difficilmente eludibili. Difficile infatti conciliare l'anima riformista di questo partito (seppure esiste) con il carrozzone clientelare ereditato dalla sinistra DC, cresciuto all'ombra di connivenze con il campo avversario al punto tale da configurare un unico sistema di potere. L'unica opzione seria a questo punto sarebbe quella di smantellare del tutto questo sistema del quale anche il Pd è parte integrante. Ma voglio prendere per buona la necessità di semplificare il quadro politico e scongiurare il pericolo berlusconiano, “un mondo unito sotto il cielo stellato”. Ebbene in questo caso c'è da augurarsi che vinca il Pd, ma che allo stesso tempo abbiano una buona affermazione Ingroia e Grillo e che venga finalmente asfaltato il berlusconismo. Un risultato siffatto permetterebbe (in teoria) il riavvio di una dialettica democratica, con la speranza (a mio avviso vana) di un cambiamento di rotta del Pd, che pressato dalle falangi grilline e rivoluzionarie sarebbe costretto ad un'inversione di rotta di 180 gradi, dando finalmente sollievo al suo popolo da tempo bistrattato e costretto ad ingoiare rospi.

Bene se qualcuno a questo punto  vuole assumersi il compito di far vincere il Pd, assumendosi anche il rischio che rifaccia un'alleanza con Monti per riaffermare la politica del rigore, con Fiscal Compact e annessi, faccia pure. E' un compito arduo e ingrato, ma d'altronde qualcuno dovrà pur fare il lavoro sporco.

Io sono un vile, e credo poco nelle soluzioni sofferte, voterò per Ingroia, per quello che potrà servire. 

2 commenti:

  1. quoto! (e pensare che qualcuno fa risalire la data di nascita del PD al 1921...)
    ciao e incrociamo le dita

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  2. Speriamo bene. Rivedere Berlusconi al governo è un film dell'orrore, ma se penso a Bersani mi viene la depressione. Ciao

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