sabato 23 febbraio 2013

Democrazia e ultimi ricatti

di Tonino D'Orazio
Finalmente questa campagna di guerra immorale, pardon elettorale, è finita. Chiunque di buon senso non ne poteva più. Soprattutto in queste ultime battute, piene di insulti e di demonizzazione dell’avversario, forse del nemico che ti impedirà di comandare. Malgrado una legge elettorale così deleteria da far applaudire o minacciare l’impossibilità che esca un vincitore o che si possa governare il paese. Anzi il sistema è costruito in modo che la necessaria mediazione al ribasso non permetta nessuna alternativa. Grazie Veltroni e D’Alema, con il vostro americaneggiante bipolarismo, oggi realisticamente fasullo vista la proliferazione di fazioni, di partiti e partitini (ai quali andranno in rimborso elettorale 7€/voto ottenuto, per cinque anni, un vero affare) avete permesso i vari disastri elettorali e l’ingovernabilità del nostro paese. Con un concetto anti democratico e forse neofascista di dare il comando a un capo, a una persona sola, a un presidenzialismo che i padri costituzionali avevano aborrito. Avete tolto la possibilità di votare con la propria testa e elettoralmente le proprie idee. Era ovvio che il disastro, se si crede alla democrazia, era alle porte.
Con un Napolitano schizzinoso che fa finta che potrebbe essere rieletto una seconda volta, pensando forse di farsi pregare. Una figura così poco imparziale e infida da far rimpiangere il destroide democristiano Cossiga. Pronto all’ultima zampata, alla Ratzinger con lo Ior, piazzare un suo uomo sul seggio vuoto dei senatori a vita e tentare un intrallazzo per la prossima presidenza in tempi stretti, affinché non si modifichino i suoi “errori” e vi sia “continuità di vedute”. Un politico che, lo vedremo successivamente, è stato incapace di difendere la Costituzione e sarà sicuramente ricordato come un “golpista bianco”. Berlusconi dixit con la sua prossima commissione parlamentare d’inchiesta.
Ma torniamo alle ultime battute elettorali, cioè al platealmente tutti contro tutti, in un crescendo di insulti, che potrebbe essere anche concepibile e divertente tenuto conto di quel che pensa della Kasta, cioè di una classe politica giudicata infausta mendace avida e corrotta, gran parte del popolo italiano. Ma l’inconcepibile è il ricatto del “voto utile”. E tutti a predire che altrimenti bisognerà tornare a votare nuovamente, magari con la stessa legge e allo sfinimento o alla compravendita simoniaca di parlamentari e senatori (Déjà vu). Uno stato, un paese in ostaggio dei partiti e dei poteri forti. E giù minacce catastrofiche e manovre anti democratiche.
Manovre dalla Commissione europea per mantenere stretto il cappio, subito fatte, dette e smentite; indicazioni boomerang a sostegno di Monti sicuramente controproducenti della Merkel, così utili a Berlusconi per parlare al bassoventre degli anti teutonici in questa terza guerra economica europea; dello spread sceso appena Monti si è candidato e risalito minacciosamente man mano si è capito (Wall Street Journal) che rischia di entrare a mala pena in parlamento, anzi meno male che almeno Draghi è riuscito, con la politica BCE di acquisto dei titoli di stato, a tenerlo veramente sotto controllo e sicuramente a darci respiro; non sciupare il proprio voto, meglio darlo al “vincitore”. Nessuno dice esattamente per fare che cosa. Per continuare nel disastro? Per cambiare? Per continuare a circuire democraticamente il “popolo sovrano”?
E poi le minacce: baratri ancora aperti e minacciosi; luce in fondo al lungo tunnel oscuro, ma presto …; ripresa della crescita come fenice araba spostata sempre in avanti, a bocconi, mentre disoccupazione e povertà crescono a dismisura e affondano le speranze di milioni di cittadini; guai a chi non capisce che siamo alle porte del disastro e che stiamo diventando “come la Grecia”, cioè la minaccia del meglio “il meno peggio”, della minestra o della finestra, del ricatto della paura. Della paura del “nuovo”, scombussolante (“Partiti, arrendetevi!”), se così si può parlare del fluttuante ma consistente Movimento 5 Stelle.
Staremo a veder cosa succede dopo il 26 febbraio, cioè se per il 28, anche da noi, come Ratzingher, molti dovranno dimettersi.

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