di Tonino D'Orazio
Finalmente questa
campagna di guerra immorale, pardon elettorale, è finita. Chiunque
di buon senso non ne poteva più. Soprattutto in queste ultime
battute, piene di insulti e di demonizzazione dell’avversario,
forse del nemico che ti impedirà di comandare. Malgrado una legge
elettorale così deleteria da far applaudire o minacciare
l’impossibilità che esca un vincitore o che si possa governare il
paese. Anzi il sistema è costruito in modo che la necessaria
mediazione al ribasso non permetta nessuna alternativa. Grazie
Veltroni e D’Alema, con il vostro americaneggiante bipolarismo,
oggi realisticamente fasullo vista la proliferazione di fazioni, di
partiti e partitini (ai quali andranno in rimborso elettorale 7€/voto
ottenuto, per cinque anni, un vero affare) avete permesso i vari
disastri elettorali e l’ingovernabilità del nostro paese. Con un
concetto anti democratico e forse neofascista di dare il comando a un
capo, a una persona sola, a un presidenzialismo che i padri
costituzionali avevano aborrito. Avete tolto la possibilità di
votare con la propria testa e elettoralmente le proprie idee. Era
ovvio che il disastro, se si crede alla democrazia, era alle porte.
Con un Napolitano
schizzinoso che fa finta che potrebbe essere rieletto una seconda
volta, pensando forse di farsi pregare. Una figura così poco
imparziale e infida da far rimpiangere il destroide democristiano
Cossiga. Pronto all’ultima zampata, alla Ratzinger con lo Ior,
piazzare un suo uomo sul seggio vuoto dei senatori a vita e tentare
un intrallazzo per la prossima presidenza in tempi stretti, affinché
non si modifichino i suoi “errori” e vi sia “continuità di
vedute”. Un politico che, lo vedremo successivamente, è stato
incapace di difendere la Costituzione e sarà sicuramente ricordato
come un “golpista bianco”. Berlusconi dixit con la sua prossima
commissione parlamentare d’inchiesta.
Ma torniamo alle ultime
battute elettorali, cioè al platealmente tutti contro tutti, in un
crescendo di insulti, che potrebbe essere anche concepibile e
divertente tenuto conto di quel che pensa della Kasta, cioè di una
classe politica giudicata infausta mendace avida e corrotta, gran
parte del popolo italiano. Ma l’inconcepibile è il ricatto del
“voto utile”. E tutti a predire che altrimenti bisognerà tornare
a votare nuovamente, magari con la stessa legge e allo sfinimento o
alla compravendita simoniaca di parlamentari e senatori (Déjà vu).
Uno stato, un paese in ostaggio dei partiti e dei poteri forti. E giù
minacce catastrofiche e manovre anti democratiche.
Manovre dalla Commissione
europea per mantenere stretto il cappio, subito fatte, dette e
smentite; indicazioni boomerang a sostegno di Monti sicuramente
controproducenti della Merkel, così utili a Berlusconi per parlare
al bassoventre degli anti teutonici in questa terza guerra economica
europea; dello spread sceso appena Monti si è candidato e risalito
minacciosamente man mano si è capito (Wall Street Journal) che
rischia di entrare a mala pena in parlamento, anzi meno male che
almeno Draghi è riuscito, con la politica BCE di acquisto dei titoli
di stato, a tenerlo veramente sotto controllo e sicuramente a darci
respiro; non sciupare il proprio voto, meglio darlo al “vincitore”.
Nessuno dice esattamente per fare che cosa. Per continuare nel
disastro? Per cambiare? Per continuare a circuire democraticamente il
“popolo sovrano”?
E poi le minacce: baratri
ancora aperti e minacciosi; luce in fondo al lungo tunnel oscuro, ma
presto …; ripresa della crescita come fenice araba spostata sempre
in avanti, a bocconi, mentre disoccupazione e povertà crescono a
dismisura e affondano le speranze di milioni di cittadini; guai a chi
non capisce che siamo alle porte del disastro e che stiamo diventando
“come la Grecia”, cioè la minaccia del meglio “il meno
peggio”, della minestra o della finestra, del ricatto della paura.
Della paura del “nuovo”, scombussolante (“Partiti,
arrendetevi!”), se così si può parlare del fluttuante ma
consistente Movimento 5 Stelle.
Staremo a veder cosa
succede dopo il 26 febbraio, cioè se per il 28, anche da noi, come
Ratzingher, molti dovranno dimettersi.
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