venerdì 22 febbraio 2013

Il voto utile del Leviatano

Tempo di votare, tempo di riflessioni e di grandi dubbi. Sentiamo il peso della responsabilità di una scelta che grava su di noi, nemmeno se da questo dipendesse la tenuta della civiltà occidentale, con il rischio del ritorno al caos, all'anarchia, e a uno stato di natura che abbiamo da tempo abbandonato per rifugiarci fra le ali protettive del grande Leviatano, un mostro si, ma certo più clemente di una natura ferina e infida, purché gli si obbedisca e gli si dia da mangiare.
Molti filosofi e uomini di cultura fanno appello al voto utile, scorgendo ogni volta un pericolo che minaccia democrazia e stabilità, ossessionati da un ruolo che essi stessi si sono dati, quello della salvaguardia della unitarietà dello stato e della sicurezza dei cittadini. Rifiutano il pragmatismo in nome del pragmatismo stesso, altrimenti dovrebbero trarre le giuste conclusioni e ammettere che il loro voto utile è solo sinonimo di uno status quo pieno di miasmi velenosi, e allo stesse tempo ammettere il loro fallimento e la loro inutilità: ma come, dopo secoli di lotte, di riflessioni, di studi matti e disperatissimi, quello che abbiamo ora è uno stato liberal-liberista che promette lacrime e sangue ai poveri cristi, immolati, in quei templi chiamati banche, alla unica e vera divinità, la vera forza trascendente e immateriale dell'universo, il danaro. C'è chi chiama riforme delle vere e proprie crociate sanguinarie contro presunti infedeli, ma questo desta nei nostri filosofi solo un lieve levar di ciglia. C'è chi sputa impunemente sulla miseria, chiamando altra miseria per difendere le loro ricchezze, ma cose del genere sono solo inciampi della dialettica per queste menti fini. Lor signori non si curano del fatto che non si può disgiungere l'unità dello stato dal ruolo che questo assume nel difendere i suoi “sudditi”, non si occupano del fatto che quella unità verrà usata contro i cittadini e non per il loro “bene comune”. Asor Rosa lo posso capire, non è più lucido da tempo, mi sorprende invece Rodotà che invece mi è sempre parso lucidissimo. Capisco la loro preoccupazione, conoscono la storia e temono il suo ripetersi, si sentono forse un po' in colpa per il fascismo e per il nazismo, temono nuove guerre dei trent'anni, ma questo è il punto, fascismo e guerre prolifereranno e la sicurezza verrà minacciata finché si continuerà a sacrificare la carne e a versare il sangue in nome di un'unità astratta. Chiacchiere, se vince Berlusconi sono dolori, corruzione, mediocrità, volgarità e decadenza lasceranno solo macerie. Andiamo non esageriamo, lo ammetto Berlusconi è pericoloso, ma è soltanto un fantoccio, lo sappiamo i nostri governi sono destituiti di sovranità e non sarà certo chi ce l'ha tolta come i Bersani e i Monti che ce la restituiranno. Invece di unire chi davvero vuole fare le riforme, quelle vere, e avviare da tempo una discussione seria sul liberismo e i suoi guasti, questi intellettuali si sono gingillati fra disquisizioni accademiche e masturbazioni post-moderniste. Invece di viaggiare per l'Italia nutrendo le coscienze e sobillando gli animi hanno frequentato i salotti televisivi, e adesso si preoccupano della “stabilità”. Qui di stabile c'è solo l'inamovibilità del vecchio potere che vuole perpetuarsi con l'alibi della necessità. Tutto puzza di vecchio, si proprio tutto, ma meglio un vecchio pazzo che urla alla luna che un vecchio saggio che ti sfila il portafoglio perché lo vuole l'Europa.

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