Tempo di votare, tempo di riflessioni
e di grandi dubbi. Sentiamo il peso della responsabilità di una
scelta che grava su di noi, nemmeno se da questo dipendesse la tenuta
della civiltà occidentale, con il rischio del ritorno al caos,
all'anarchia, e a uno stato di natura che abbiamo da tempo
abbandonato per rifugiarci fra le ali protettive del grande
Leviatano, un mostro si, ma certo più clemente di una natura ferina e
infida, purché gli si obbedisca e gli si dia da mangiare.
Molti filosofi e uomini di cultura
fanno appello al voto utile, scorgendo ogni volta un pericolo che
minaccia democrazia e stabilità, ossessionati da un ruolo che essi
stessi si sono dati, quello della salvaguardia della unitarietà
dello stato e della sicurezza dei cittadini. Rifiutano il pragmatismo
in nome del pragmatismo stesso, altrimenti dovrebbero trarre le
giuste conclusioni e ammettere che il loro voto utile è solo
sinonimo di uno status quo pieno di miasmi velenosi, e allo
stesse tempo ammettere il loro fallimento e la loro inutilità: ma
come, dopo secoli di lotte, di riflessioni, di studi matti e
disperatissimi, quello che abbiamo ora è uno stato liberal-liberista
che promette lacrime e sangue ai poveri cristi, immolati, in quei
templi chiamati banche, alla unica e vera divinità, la vera forza
trascendente e immateriale dell'universo, il danaro. C'è chi chiama
riforme delle vere e proprie crociate sanguinarie contro presunti
infedeli, ma questo desta nei nostri filosofi solo un lieve levar di
ciglia. C'è chi sputa impunemente sulla miseria, chiamando altra
miseria per difendere le loro ricchezze, ma cose del genere sono solo
inciampi della dialettica per queste menti fini. Lor signori non si
curano del fatto che non si può disgiungere l'unità dello stato dal
ruolo che questo assume nel difendere i suoi “sudditi”, non si
occupano del fatto che quella unità verrà usata contro i cittadini
e non per il loro “bene comune”. Asor Rosa lo posso capire, non è
più lucido da tempo, mi sorprende invece Rodotà che invece mi è
sempre parso lucidissimo. Capisco la loro preoccupazione, conoscono
la storia e temono il suo ripetersi, si sentono forse un po' in colpa
per il fascismo e per il nazismo, temono nuove guerre dei trent'anni,
ma questo è il punto, fascismo e guerre prolifereranno e la
sicurezza verrà minacciata finché si continuerà a sacrificare la
carne e a versare il sangue in nome di un'unità astratta.
Chiacchiere, se vince Berlusconi sono dolori, corruzione, mediocrità,
volgarità e decadenza lasceranno solo macerie. Andiamo non
esageriamo, lo ammetto Berlusconi è pericoloso, ma è soltanto un
fantoccio, lo sappiamo i nostri governi sono destituiti di sovranità
e non sarà certo chi ce l'ha tolta come i Bersani e i Monti che ce
la restituiranno. Invece di unire chi davvero vuole fare le riforme,
quelle vere, e avviare da tempo una discussione seria sul liberismo e
i suoi guasti, questi intellettuali si sono gingillati fra
disquisizioni accademiche e masturbazioni post-moderniste. Invece di
viaggiare per l'Italia nutrendo le coscienze e sobillando gli animi
hanno frequentato i salotti televisivi, e adesso si preoccupano della
“stabilità”. Qui di stabile c'è solo l'inamovibilità del
vecchio potere che vuole perpetuarsi con l'alibi della necessità.
Tutto puzza di vecchio, si proprio tutto, ma meglio un vecchio pazzo
che urla alla luna che un vecchio saggio che ti sfila il
portafoglio perché lo vuole l'Europa.
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