sabato 25 maggio 2013

Dalla protesta alla proposta, l'alternativa democratica


di Daniela Passeri
 

Se la fiducia degli italiani nei partiti politici è arrivata alla soglia minima dell'1,5% (Rapporto Istat 2013), dopo il tradimento del voto delle politiche, come si andrà a votare negli oltre 700 comuni che rinnovano sindaco e consiglio comunale domenica 26 e lunedì 27? Con il naso turato, le dita incrociate, in punta di piedi, a occhi chiusi? E soprattutto, quanti andranno a votare?
Alle amministrative l'offerta sfugge agli schemi della cosiddetta pacificazione nazionale del patto transgenico PD-PDL e al monopolio del voto di protesta firmato M5S. Qui la politica, nel senso più autentico di governo della polis, ritrova i suoi connotati più veri. Che, a dispetto della pacificazione, oggi sono di frantumazione, deflagrazione dell'offerta politica nella quale possiamo però scorgere una discreta vitalità.
Il metro e mezzo di scheda-lenzuolo che i romani si porteranno in cabina elettorale (45 liste, 19 candidati, tutti uomini) basta a descrivere questa polverizzazione. Ma come orientarsi nella selva di liste di cittadinanza che in questa primavera piovosa sono sorte come funghi all'ombra dei campanili?
Come discernere tra le macerie fumanti dei partiti che si scompongono in varie affiliazioni nel tentativo di ricomporsi nei ballottaggi, e le espressioni più genuine di quei cittadini che si sono rimboccati le maniche e sporcati le mani nelle strade, nelle piazze e nei luoghi di lavoro, per dire molti no, ma soprattutto per proporre un modello di sviluppo del territorio più sostenibile (piccole opere diffuse a maggiore intensità di lavoro al posto di grandi opere inutili e imposte; riqualificazione energetica degli edifici, politiche di rifiuti zero, etc); per proporre modelli di gestione dei servizi pubblici diversi da quelli privatistici dove anche i rappresentanti dei lavoratori e delle associazioni siedono nei consigli di amministrazione; per proporre la valorizzazione dei beni comuni, cioè delle risorse di una comunità e sottrarli alla dittatura del privato; per proporre un modello di uguaglianza che affermi diritti civili irrinunciabili (ius soli, unioni civili); per proporre il riscatto del lavoro svilito, sfruttato e ricattato con la riformulazione di un'idea di impresa con una visione più ampia di quella del profitto; per proporre e rendere possibile una maggiore partecipazione dei cittadini alla politica e creare un sistema che veda i cittadini affiancare i propri rappresentanti, continuare con loro il dialogo dopo aver apposto una croce su un simbolo; per proporre la difesa della scuola pubblica e laica, come la mobilitazione che ha portato al referendum di Bologna di domenica.
Dunque, è nella capacità di proposta, oltre che di protesta, che troviamo una bussola. Un altro indicatore è poi la capacità di fare rete con altre realtà, di rendere queste proposte tanto più credibili quanto sono replicabili. Sfuggire dunque alla tentazione dell'autosufficienza allargando l'orizzonte ad uno scambio di pratiche, esperienze e proposte che si rafforzano a vicenda.
Un'esperienza in questo senso, un laboratorio significativo, è quello delle liste di cittadinanza, diverse di loro unite nella “Rete dei Comuni Solidali” (la lista “Repubblica Romana” a Roma che candida a sindaco Sandro Medici; “Una città in comune” a Pisa che candida Ciccio Auletta; “Sinistra per Siena” per Laura Vigni; “Brescia solidale e libertaria” per Giovanna Giacopini; “ABC: Ancona Bene Comune” per Stefano Crispiani; “Cambiamo Messina dal basso” per Renato Accorinti.
A queste liste è affidato un passo piccolo ma importante su una strada difficile ma irrinunciabile: essere e mostrare che esiste un’alternativa alla riproposizione di una prospettiva ormai non più in campo quale quella di condizionare “in qualche modo” il PD.
Sono candidati sindaci, liste ed esperienze che costruiscono un’alternativa legata dal filo rosso della democrazia radicale, come scriviamo noi di ALBA con Marco Revelli, lontano da Bisanzio e “fuori dalle mura” di quello che fu il centro-sinistra.
L'intento è quello di proseguire il dialogo anche dopo le elezioni, dagli scranni dei consigli comunali e ancora e sempre nelle piazze e nelle strade come nei luoghi di lavoro. A declinare e testimoniare un sistema di valori comuni là dove invece le liste effimere della mera tattica elettorale scompariranno.
Dietro le liste autentiche di cittadinanza attiva – altro indicatore importante - c'è un elemento soggettivo che non viene mai abbastanza sottolineato che è la passione per la politica che crea e trasforma i legami personali; c'è la condivisione della fatica di giornate passate a volantinare, fotocopiare, scrivere, intensificare il tam tam del social network anche (ma non solo) per uscire dall'oscuramento mediatico e supplire alla carenza di mezzi economici che le liste di cittadinanza, quelle vere, per scelta non posseggono. 


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