LONTANO DA BISANZIO, VICINO AI CITTADINI E ALLE CITTADINE
Non c’è più tempo, apriamo un confronto nei territori, cogliamo l’occasione
È stato rieletto Napolitano perché la candidatura Rodotà – che
ha dato rappresentanza alle istanze della democrazia, dei beni comuni e
dei diritti – è inaccettabile per le politiche liberiste europee, la sua
elezione avrebbe costituito un ostacolo nel progetto dell’insediamento
di un nuovo governo “di larghe intese” che, in continuità con il governo
Monti, fosse compatibile con il quadro delle politiche europee e del
cosiddetto “pilota automatico”.
Così prende il via il secondo governo Napolitano- Europa che,
commissariando il parlamento, sancisce un presidenzialismo di fatto e
rende Berlusconi il grande vincitore, facendolo passare da processato a
padre della patria.
Le elezioni? Il voto? Il cambiamento? La democrazia?
Nei tempi di Napolitano e del pilota automatico europeo non sono
questioni rilevanti. Napolitano ha costruito una
proposta coerente mettendo insieme chi ha programmi compatibili con i
dettami della troika europea. Di queste compatibilità il gruppo
dirigente del PD è il massimo garante. Il governo Letta, è
infatti un governo politico PD-PDL che mostra ancora una volta come per
il gruppo dirigente del PD Berlusconi non sia mai stato un reale
problema, mentre lo è per milioni di cittadini.
PROPONIAMO di coagulare la mobilitazione di questi giorni in un percorso di assemblee territoriali fra il 4 e il 16 maggio: occasioni pubbliche aperte ai soggetti attivi singoli e collettivi (associazioni comitati movimenti…) per discutere quanto sta succedendo, per costruire la partecipazione alla manifestazione del 18 maggio a Roma, ma soprattutto per animare un confronto che avrà una prima fase di sintesi nella due giorni di Bari il 15 e 16 giugno, su democrazia e rappresentanza.
PARTENDO DA TRE CONSIDERAZIONI:
1) Ci arrendiamo al presidenzialismo di fatto o
lavoriamo per la ricostruzione delle istituzioni e delle forme politiche
organizzate della democrazia?
Non c’è dubbio che tra il 24 di febbraio e il 24 di aprile l’Italia
ha cessato di essere una “democrazia parlamentare”. Non sarà un golpe,
in senso tecnico. Ma di certo è un devastante mutamento di “regime
politico”: stanno cambiando infatti in misura sostanziale e regressiva
la nostra forma di governo. Intanto perché è venuto meno il
ruolo rappresentativo del Parlamento, con la formazione di una
maggioranza che riesce a contraddire platealmente la volontà dell’intero
elettorato (di tutte e tre le aree uscite dalla competizione
elettorale).
E perché in occasione dell’elezione del Presidente della
Repubblica, il Parlamento si è chiamato fuori (per la seconda volta in
poco più di un anno), rinviando la scelta al Capo dello Stato appena
scaduto. Il quale è diventato, a tutti gli effetti, il baricentro del
sistema istituzionale ed ha assorbito la funzione di indirizzo politico e
di demiurgo di un Governo che opera grazie e sotto il suo “tutoraggio”
(così è stato scritto) La sede della sovranità si è spostata, dal suo
luogo naturale – il potere legislativo – alla figura “monarchica” del
Presidente.
Il Parlamento è fuori gioco perché l’ “agenda Monti” deve
continuare a costituire la linea guida del Governo sotto una doppia
tutela: quella ravvicinata del “Presidente-sovrano”, quella più distante
ma in realtà decisiva dell’ “imperatore-pilota automatico” delle
compatibilità liberiste europee. Per questo motivo l’opzione di un
presidente come Rodotà, che sarebbe stata la risposta davvero
alternativa, non è stata neanche presa in considerazione. Il “giovane”
Letta si confà invece perfettamente allo scopo: come Monti membro della Trilateral e con la sua VeDrò,
circolo che raccoglie personalità di diversa provenienza politica, ma
tutte ben gradite ai poteri forti europei, vaticani e USA. Si configura
al fondo una prospettiva minacciosa in cui Governo e Piazza verrebbero a
confrontarsi direttamente e frontalmente, senza diaframmi: l’estinzione
in diretta dei partiti politici mina al cuore la democrazia.
È a questo scenario che dobbiamo opporci costruendo
un’alternativa. Continueremo a difendere con decisione la democrazia
parlamentare, come fonte essenziale dell’equilibrio dei poteri, ma
occorre al tempo stesso ricostruire forme di organizzazione e soggetti
politici nuovi.
2) Lontano da Bisanzio, vicino ai cittadini e alle cittadine
2) Lontano da Bisanzio, vicino ai cittadini e alle cittadine
Al cuore della crisi istituzionale che viene così pesantemente
avviata a un esito carismatico-presidenziale sta, infatti, la crisi dei
partiti: la vera causa dell’eutanasia parlamentare a cui abbiamo
assistito in diretta. E in particolare dell’unico vero Partito che era
rimasto in campo, il Partito Democratico. Il PD si è decomposto sotto i
nostri occhi non tanto perché diviso in linee politiche contrapposte
(una favorevole all’accordo col centro-destra, l’altra con l’area
“grillina”): sarebbe ancora una lettura ottimistica perché
presupporrebbe l’esistenza di aggregati politici al suo interno. In
realtà esso è esploso perché dilaniato da un coacervo di ostilità
personali, di rancori, volontà di vendetta e ambizioni non mediabili
perché già da tempo prive di un orizzonte politico. Probabilmente il PD
non si spaccherà lungo un’unica linea di frattura chiara
destra-sinistra, ma secondo una geografia dei frantumi che riflettono le
molteplici bande in campo (le testate plurime di cui ha parlato
Bersani). E la dimensione personalistica cospargerà il campo di macerie e
di veleni. Per questo motivo la sua crisi – che potrebbe durare a
lungo, prima di produrre effetti organizzativi – rischia di non aprire
alcuna prospettiva di ricostituzione di un qualche “soggetto di
sinistra”.
Né temiamo ci sia molto da aspettarsi dalle formazioni quali SEL, perché il crollo della casa principale può facilmente finire per travolgere chi ha fatto del centrosinistra la propria prospettiva.
È bene essere netti fin da subito, e dichiarare la nostra volontà di tenerci ben distanti da questo clima da Bisanzio nel momento della caduta dell’Impero.
Né temiamo ci sia molto da aspettarsi dalle formazioni quali SEL, perché il crollo della casa principale può facilmente finire per travolgere chi ha fatto del centrosinistra la propria prospettiva.
È bene essere netti fin da subito, e dichiarare la nostra volontà di tenerci ben distanti da questo clima da Bisanzio nel momento della caduta dell’Impero.
Tuttavia la fine del grande equivoco del PD, al centro del grande
equivoco del centrosinistra, può anche liberare possibilità e risorse.
Lo spostamento di una parte del parlamento e della sinistra nel campo
dell’opposizione a una nuova operazione simil-Monti nella forma di
governo delle larghe intese è un dato positivo, se comporta però
l’assunzione consapevole di un’altra prospettiva culturale e politica.
Ci interessa infatti fare riferimento e ragionare con quell’Italia
vasta, tutt’altro che minoritaria, radicalmente democratica e dunque
contraria alle politiche del rigore di classe, che si è riconosciuta
diversa intorno alla figura limpida di Stefano Rodotà – non certo
ritornare alla pratica deprimente e sterile di rimettere insieme pezzi
di ceto politico spinti fuori dalla geografia mobile dei partiti e in
crisi di appartenenze.
Ci interessa l’Italia che vuole il cambiamento, l’Italia
delle persone senza lavoro e precarie a vita, degli operai e operaie
privati di contratti democrazia e diritti, dei giovani e delle ragazze
senza futuro e senza reddito, dei ceti impoveriti dalla crisi e dalle
disastrose politiche di austerità di genere e di classe, l’ Italia che
non può più aspettare e lotta per tenere insieme lavoro, reddito,
diritti e democrazia. Per questo c’impegniamo nella mobilitazione
diffusa verso l’appuntamento del 18 maggio a Roma con la FIOM.
3) Sottostare al pilota automatico o riprendere in mano i comandi?
3) Sottostare al pilota automatico o riprendere in mano i comandi?
E’ il momento di ripartire dal basso, come sta nel nostro DNA.
Offrire alla grande e dispersa massa delle persone spaesate ed esodate
della politica un’occasione d’incontro – uno “spazio pubblico” in cui
ritrovarsi – intanto per elaborare insieme un’immagine condivisa di
quanto accade, e poi per costruire le proposte per un’azione attiva.
Non rinunciando alla
denuncia delle colpe delle “caste”, ma soprattutto per innestare dentro
la crisi politica e istituzionale la “questione sociale”, la risposta
alla sempre più rapida asfissia economica e sociale: spread basso e
disoccupazione alle stelle, finanza soddisfatta e l’economia reale che
muore. E’ di lì che la crisi della politica parte:
dall’operare di quel “pilota automatico” evocato da Mario Draghi per
rassicurare gli investitori, e che invece dovrebbe allarmare tutti i
democratici, perché significa che la democrazia è sospesa. Inoperante. Partiamo
dalle lotte e dalle vertenze in atto nei luoghi dove viviamo e
leggiamole come parte della crisi più generale, trasformandole da
conflitti specifici in onda di cambiamento generale.
ALBA- Alleanza Lavoro Beni comuni Ambiente
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