domenica 22 novembre 2015
Il ritorno degli Stati nazione e la fine dell'UE
I terribili avvenimenti di Parigi hanno gettato la Francia nel caos, e il Presidente Hollande ha fatto quanto ci si aspettava da lui, proclamando lo stato di emergenza. Secondo Sapir la massima autorità francese probabilmente non si è resa conto dell’importanza della sua decisione: proclamando lo stato di emergenza e avocando a sé speciali poteri, il Presidente ha – probabilmente senza volerlo – riaffermato che la sovranità francese è nazionale e non può appartenere a nessuna entità europea sovranazionale. Questa svolta – analizzata da Sapir in termini giuridici – avviene proprio mentre l’Unione Europea si sta sgretolando, e potrebbe essere il primo passo nella riaffermazione degli Stati-Nazione.
Di Jacques Sapir (traduzione VocidallEstero) dal Blog di Beppe Grillo
"Gli attacchi che hanno sprofondato Parigi nel lutto venerdì 13 novembre suscitano in noi orrore e ribellione. No, non è la prima volta che viene versato sangue a Parigi. Sono ancora freschi nella nostra mente i ricordi degli eventi della tragedia che si svolse presso la redazione editoriale di Charlie-Hebdo e presso il negozio Hyper-Casher lo scorso gennaio. Continuiamo a piangere i morti. Ma le carneficine multiple di questo 13 novembre hanno portato un salto qualitativo nell’orrore e nella meschinità. Ora è il tempo del lutto e del cordoglio per le vittime e i loro cari. Il tempo di agire verrà dopo. Ma è importante che esso venga illuminato da un periodo di riflessione. E, riguardo a questa riflessione, emerge la questione della proclamazione dello stato di emergenza di François Hollande.
Questo annuncio ha conseguenze che vanno ben oltre le sue implicazioni pratiche. Nel decidere di proclamare lo stato di emergenza, come è definito dalla legge dal 1955, François Hollande sta facendo una mossa di cui probabilmente non ha compreso tutta la dimensione e la portata. Perché ha dato ragione a tutti coloro che difendono il principio di sovranità.
Il ritorno della sovranità
Dobbiamo allora sottolineare il fatto che nel decidere di decretare lo stato di emergenza, il Presidente della Repubblica ha compiuto un atto sovrano. Lo ha fatto in nome di tutti noi, in nome del popolo francese. Ma, così facendo, nel decidere lo stato di eccezione e che cosa deve essere fatto all’interno dello stato di eccezione, ha riportato sulla ribalta politica la questione della sovranità, contraddicendo quanto sostengono i leader dell’Unione Europea e i loro teorici. Inoltre, lo ha fatto in un momento in cui l’Unione Europea si trova in una situazione critica. Gli accordi di Schengen sono, a tutti gli effetti, decaduti, e possiamo vedere una convergenza delle crisi: in Grecia, in Portogallo e anche in Gran Bretagna (con il referendum su una possibile uscita dall’UE) così come in Spagna, dove il problema della Catalogna è noto a tutti. Questo è il contesto molto particolare della sua decisione.
Non possiamo sapere se egli fosse cosciente del significato profondo delle sue azioni ed è probabile che egli creda di stare solo rispondendo a una semplice emergenza. Ma la sua decisione ha implicazioni che vanno ben al di là di essa. Essa segna il forte ritorno della nozione di sovranità.
Sappiamo, infatti, che per Carl Schmitt (giurista e filosofo politico tedesco NdVdE) «il sovrano è colui che decide in una situazione eccezionale». Questa definizione è importante. Quindi è importante esaminare attentamente queste parole. Emmanuel Tuchscherer giustamente osserva che esse «designano infatti il legame tra il monopolio della decisione, che diventa il marchio essenziale della sovranità politica e una serie di situazioni riepilogate con il termine Ausnahmezustand, che, di là della genericità della «situazione di eccezione,» qualifica quei casi limite che C. Schmitt enumera nella stessa sezione senza realmente distinguerli: «in caso di necessità» (Notfall), «lo stato di urgenza» (Notstand), le «circostanze eccezionali» (Ausnahmefall), in breve, la situazione tipica dell’ extremus necessitatis casus che di norma impone la sospensione temporanea dell’ordinamento giuridico ordinario». È importante capire che questa sospensione dell’ «ordinamento giuridico ordinario» non implica la sospensione di tutto l’ordinamento giuridico. Al contrario. La legge non si ferma con la situazione d’eccezione, ma si trasforma. L’azione della legittima autorità diventa, nel contesto di una situazione d’eccezione, un atto giuridico. E si capisce quindi l’importanza di una chiara definizione della sovranità.
Schmitt spiega la questione in diversi modi, ritornando più volte alla sua formula iniziale: è quindi sovrano «colui che decide, in caso di conflitto, qual è l’interesse pubblico e qual è l’interesse dello Stato, la sicurezza, l’ordine pubblico e la salute pubblica». In realtà, questo è più di un semplice chiarimento. Notiamo che questa nuova definizione infatti trasforma l’identificazione della sovranità dall’essere un criterium organico (la domanda quindi è «chi decide?» o, nel vocabolario giuridico, quis judicabit?) a qualcosa di molto più concreto, specificando le circostanze in cui (in una situazione di conflitto) e le materie per le quali (l’interesse pubblico e l’interesse dello stato) diventa necessario governare per decreti. Si noterà anche che l’interesse dello stato viene distinto dall’interesse pubblico. Ma mentre l’interesse dello stato viene definito (la sicurezza e la salute pubblica, l’ordine pubblico), l’interesse pubblico rimane indefinito. Dobbiamo cercare di capirne il perché.
Come si definisce l’interesse pubblico?
L’interesse pubblico non può essere definito a priori, perché tale approccio, infatti, significa limitare il potere della comunità politica. Tuttavia, questo è precisamente il punto dove Schmitt afferma il primato della sovranità. Solo la comunità politica, che noi chiamiamo la gente, è in grado di definire l’interesse comune e nessuno può pretendere di orientare o limitare la sua capacità di farlo. Da questo punto di vista, Schmitt è a favore della sovranità popolare. Ma la gente decide in un dato momento, ed è importante qui capire il significato di questi termini.
La definizione dell’interesse comune ,infatti, può essere fatta solo all’interno di un contesto, a meno di far finta che la gente, o i suoi rappresentanti, possano essere dotati di onniscienza ed essere in grado di definire in anticipo la totalità degli scenari in cui si dovesse definire l’interesse comune. Eppure, è proprio l’emergere brutale di un contesto nuovo e minaccioso che induce la «situazione di eccezione». Questo è assolutamente essenziale. L’esistenza di una situazione di eccezione, quella che i giuristi chiamano il caso di «extremus necessitatis», è comunque citata da Bodin (filosofo e giurista francese NdVdE) perché esenta il sovrano dalla normale osservanza della legge. Bodin cita il caso emblematico dell’eccezione legale, con un’interruzione della legge normale, ma senza che il principio della legge stessa venga interrotto. La natura della sovranità stessa è profondamente legata allo stato di eccezione attraverso il quale rivela sé stessa.
Per Schmitt, è il contesto del conflitto – o della situazione di emergenza se si vuole estendere il ragionamento – che serve a definire questo interesse comune. Schmitt indica quindi i limiti inerenti l’argomento giuridico e, più precisamente, i limiti di un argomento essenzialmente fondato sulla nozione di legalità.
Questo argomento, che lui avversa, può essere considerato come un esempio di positivismo giuridico. Questo è perché pretende di definire per legge, o in altre parole, legalmente, ciò che può essere definito solo per rilevanza, vale a dire per legittimità, che l’argomento strettamente legale si rivela incapace di comprendere il senso profondo dello stato d’eccezione e, oggi, dello stato di emergenza. Questo argomento legale non può logicamente qualificare tale situazione puramente fattuale che, per definizione, tracima dagli argini delle consuete categorie legali.
Ma è altrettanto evidente che questo interesse comune, che funge da base e giustificazione per lo stato d’eccezione e per lo stato d’emergenza, può essere provocato e anche degenerato dalle azioni del governo. E questo solleva la questione del rispetto della legge, quando la legge stessa può essere temporaneamente sospesa.
La nozione di “legale” nel contesto dello stato di emergenza
Nasce quindi l’esigenza di scoprire con che mezzi lo Stato costituzionale può imbrigliare le autorità pubbliche in situazioni critiche dove queste tendono proprio a sciogliersi dalle solite limitazioni, pur rispondendo ai vincoli specifici di una situazione d’eccezione. Anche se la decisione di ricorrere a qualche forma di stato di eccezione, ad esempio lo stato di emergenza, si sviluppa ai margini dell’ordinamento giuridico normalmente prevalente, essa non sfugge completamente alla legge, dal momento che non esiste alcuna situazione d’eccezione a meno che essa non sia espressamente qualificata come tale. La situazione di eccezione sospende in tutto o in parte l’ordine giuridico ordinario, per come funziona in circostanze normali. Ma la situazione di eccezione non esonera del tutto l’ordine legale. In nessun caso c’è un vuoto o una totale assenza di legge. La situazione d’eccezione mostra al contrario la vitalità di un’altra variante di questo ordine. Possiamo considerare che sia l’ordine politico o sovrano normalmente nascosto dietro il quadro puramente formale e procedurale dell’ordine normativo del diritto comune: «In questa situazione, una cosa è chiara: lo stato resiste, laddove la legge recede. La situazione d’eccezione è sempre qualcosa di diverso dall’anarchia e dal caos, e questa è la ragione per cui, in senso giuridico, un ordine esiste ancora, pur essendo un ordine che non è quello della legge. L’esistenza dello stato ha qui un’incontestabile superiorità sulla validità della norma legale.».
Schmitt ha rivisitato la nozione di sovranità in un lavoro seguente sul Concetto della Politica. Egli porta alla ribalta l’opposizione centrale “amico-nemico”, come giustamente osservato da Tuchscherer. Ma pone anche al centro del dibattito: «l’unità sociale […] a cui appartiene la decisione nel caso di un conflitto e che determina il raggruppamento decisivo tra amici e nemici». Una possibile interpretazione è che questa «unità sociale» non è nient’altro, o non dovrebbe essere nient’altro, se non le persone che agiscono, la «gente stessa.» In realtà, è l’opposizione “amico-nemico”, che definisce la politica, ma questa opposizione può essere sollevata solo dall’«unità sociale». E a quest’ultima spetta l’onere di definire quelli che sono gli antagonismi concreti, i conflitti concreti e, infine, le situazioni di crisi. Oggi capiamo molto meglio il significato di questi concetti. Ed è in questo senso che François Hollande si è appena schierato a favore dei sovranisti, prendendo debitamente atto del significato della sovranità.
È probabilmente ironico che sia un Presidente così indeciso, sottoposto ad i vari diktat europei, che sta prendendo su di sé la decisione di imporre lo stato di emergenza, facendo così il ricorso proprio a quegli stessi meccanismi che professa di detestare. Ha dovuto farlo, perché gli eventi glielo hanno imposto. L’interesse comune solleva la testa nelle crisi, in un contesto particolare. Ma la sua decisione è una tappa, e non di poco conto, verso la ricostruzione della sovranità nazionale in un momento in cui l’Unione Europea sta collassando. È probabile che, seguendo la sua abitudine di voler conciliare gli estremi, il nostro Presidente, osservando con stupore la sua stessa audacia, farà un tentativo di invocare l’Europa. Non importano le parole che potrebbe utilizzare. Quel che è fatto è fatto e non può essere facilmente annullato. François Hollande, suo malgrado, ha appena dato nuova vita e il posto che merita alla sovranità e al sovranismo".
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