In Europa vi sono due gruppi
politici preminenti, i Popolari (insieme a varie destre, chiamati pudicamente
conservatori) e i Socialisti (anche loro insieme a varie destre democratiche), un
tempo un po’ alternativi, ma dall’inizio dell’euro, sono diventati
programmaticamente uguali (eccetto per chi vuol vedere qualche sfumatura per
rincuorarsi) e ormai disperatamente solidali.
Perdono consensi di milioni di
voti, in ogni paese da una elezione all’altra, ma in due sono ancora forti
contro tutti e continuano imperterriti la distruzione dell’Europa sociale e la
sua credibilità pur di consegnarla definitivamente all’ideologia capitalistica
statunitense. Quando perdono si stupiscono e sono ancora convinti di essere gli
unici a poter governare, democraticamente o meno. Gli altri hanno sempre torto
nel voler cambiare i loro disgustosi, nefandi e nefasti programmi, ormai più
che evidenti e provati.
Hanno a favore, martellanti per
anni, tutti i mass media possibili per far credere, malgrado i disastri, quanto
sono bravi e indispensabili. Giocano solo nella fatalità del meno peggio, ma il
peggio continua. Secondo loro la colpa è del fenomeno naturale chiamato crisi,
che dispiace ma è inevitabile, fatale e non c’è alternativa. Eppure perdono e
spesso insultano l’intelligenza di chi non li vuole più tra i piedi. Compresa
quella meramente orgogliosa metà dei cittadini che non votano più, percentuale
in tutti i paesi europei. Peggio per loro. Gli insulti più ripetuti e comuni
sono “fascisti” e “populisti”. “Fascisti” sono un po’ loro se si pensa che lo
scopo principale di quella teoria è quello di sfruttare e ridurre in schiavitù
la classe lavoratrice, come hanno effettivamente fatto, il resto a questo punto
è folclore. “Populisti” cercano di esserli anche loro ma il popolo comincia ad
avere dubbi che si occupino di lui e del suo benessere.
Quelli che non li vogliono più
sono gruppi variegati e sempre più forti, malgrado tutto. Nel variegato c’è di
tutto ovviamente, ma non necessariamente più nefasti di loro due. Non abbiamo ancora
prove attualizzate, e in questa fase Syriza non fa testo. Stranamente sono
uniti però da un pensiero: non vogliono più questo tipo di Europa con paesi che
si scannano fra di loro e con uno in particolare che impone i suoi interessi a
tutti gli altri. Nessuno seriamente voleva questo: si pensava di costruire una
Comunità solidale su saldi e storici principi sociali, che in fondo quei due
partiti avevano comunque portato avanti, bene o male, fino alla fine del secolo
scorso. Anche se allora fortemente spinti e pungolati dal rischio che i lavoratori, assai numerosi
e coscienti, prendessero davvero il potere. Questo non è successo anche per
cattiva volontà dei lavoratori stessi che si sono sempre chiesti perché andare
al potere e cambiare veramente le cose, oltre che affidarsi ad improbabili
partiti amici.
L’elenco di quelli che non
vogliono più, è fortemente aumentato in questi ultimi tre anni, in modo
esponenziale, in numero e in voti. Hanno messo in dubbio il bipolarismo, con le
sue aggregazioni programmatiche semi
contrastanti, ma tant’è, il potere è potere. Malgrado i premi di maggioranza
hanno messo in dubbio il bipartitismo alla statunitense, grande aspirazione di
molti partiti da Blair in poi. Che poi i due partiti possano diventare
“simili”, in alternanza e non in alternatività, cacciando tutti gli altri,
sembra una premessa futura. Cioè la salda “democrazia oligarchica
capitalistica”. Quindi i due devono unirsi per mettere fuori gioco il resto. Il
terzo e il quarto, con l’aiuto anche del quinto, in questa fase non ci stanno,
ma non sono ancora sufficientemente forti per allearsi e battere i due. Soprattutto
se si va al ballottaggio, e i due si uniscono, indipendentemente dal loro credo
politico contro qualsiasi “nemico” che li possa insidiare. Si può solo tentare
di separarli, ma non si sa bene a che prezzo. E’ quello che abbiamo e avremo
davanti.
Syriza in Grecia, che poi ha un
po’ ceduto nei suoi principi ispiratori e programmatici popolari. Il M5S in
Italia in continua crescita da più due anni ma con tutti addosso perché sembra
pericoloso soprattutto ai due. Non succede per la Lega, che più le spara da
razzista più viene intervistata. Podemos appena vittorioso (perché non esisteva
prima e ottiene per la prima volta un numero impressionante di deputati) in
Spagna. Non c’era l’anno scorso ma sono riusciti ad affiancargli un populista
di destra (Ciudadanos) pronto a possibile alleanza con i Popolari che pur
sconfitti perché non possono governare si dichiarono vittoriosi e esigono di
poter continuare a governare da minoranza. Podemos, terzo, riesce a bloccare
l’accordo del due contro uno ormai di cultura politica di inciucio tedesco. Vedremo
se i socialisti spagnoli sono capaci di dire no al PSE. Comunque soprattutto
Podemos innesca la fine del
bipartitismo. Bipartitismo difficile ma rilanciato dal gongolante Renzi in
Italia con il suo personale e anticostituzionale Italicum. La sinistra radicale
e comunista in Portogallo con un nuovo governo socialista (bloccando anche un
presidente di destra recalcitrante alla sconfitta), che speriamo resista anche
lui al PSE tedescofono e non faccia come Hollande in Francia, cioè “passata la
festa gabbato il santo”, e poi correre a sostenere la destra adesso diventata amica.
In Polonia è stato eletto un presidente
anti euro e anti Europa, che impone il reddito di cittadinanza, aiuti alle
famiglie e la prossima nazionalizzazione delle banche. Incredibili questi
comunisti di destra! In Inghilterra il partito di Nigel obbliga e spinge i
conservatori di Cameron (nei popolari nel Parlamento europeo) ad un referendum
anti-Europa, promesso e che si farà, malgrado quest’ultimo tenti di addossare
le responsabilità alla Commissione europea perché non accetta i suoi impossibili
ricatti. Ma quelli di ricatti se ne intendono un po’ più di lui.
Lo scatenarsi ufficiale in
rivolta dei paesi del nord e dell’est sui diktat tedeschi in merito ai
rifugiati e alla libera circolazione dei siriani turcomani; la veloce decisione
della Commissione della proroga alle suicide sanzioni alla Russia per sei mesi,
perché sanno che l’unanimità non ci sarà più, tracciano una situazione di gran
confusione se non di inizio di disgregazione dell’Unione. Adesso la sanzione è
stata votata anche da Syriza, ormai defilata e inglobata nell’austerity dall’Europa
a trazione tedesca e Nato. Oggi le speranze suscitate contro l’austerity
(quaresima dei poveri) di qualche mese fa continuano in altri paesi, intanto del
Mediterraneo, aspettando l’Italia in qualche modo.
Ora è la Finlandia, unico paese scandinavo
della zona euro, a trovarsi nelle condizioni della Grecia. Come anche i paesi baltici
di fronte, Estonia, Lituania e Lettonia, tutti inguaiati dall’euro. Da
scommettere la nascita e l’espansione del terzo, ma avendo i socialdemocratici
scandinavi fatto scomparire, grazie alla guerra fredda, l’esistente alla sua
sinistra si ritrovano con il “populismo” di destra in casa. Come tutti i paesi
del centro-nord Europa. Olanda,
Danimarca, Belgio, e Germania compresa. Però l’estrema destra va storicamente e
idealmente bene anche al capitale perché sarà sempre il suo baluardo. La storia
ha dei ricorsi, si può dire, ma pilotati. Solo che i terzi, quarti o quinti
sono pieno di giovani, mentre uno e due pieno di vecchi, responsabili volenti o
nolenti del disastro sociale europeo, e di falsi giovani.
Malgrado trent’anni di
manifestazioni anti fasciste, anti razziste e di mobilitazioni, l’estrema
destra è sempre più presente. Virulente come in Grecia, in Ungheria e in
Svizzera. Più “educate” in Francia e in Italia. In quest’ultimo paese con un ottimo
trasformismo (ben insegnato alla Le Pen) che ha già permesso loro di governarlo
per 20 anni con i normali amici neoliberisti; i lavoratori ne vedono tutti i
risultati, se hanno ancora un po’ di memoria. Adesso finito quel camaleontico
partito, AN, ne sorge meglio un altro, la Lega, quello sì di estrema destra sfacciata
e disgregante nei toni e nei propositi. Hanno trovato di nuovo la vittima, non
più gli ebrei ma i musulmani e gli immigrati (spesso musulmani). Una pacchia
per dividere cittadini e lavoratori che abboccano in molti, ormai con le pezze al culo, e hanno trovato anche i colpevoli da dare loro in pasto.
Altri cercano di sfuggire alla
presa destra/sinistra e si rifugiano nel basso contro alto. D’altra parte la
guerra dei ricchi (alto) contro i poveri (basso) è più che evidente di anno in
anno. Molti poveri non se ne sono ancora accorti, altri non sanno a che santo
votarsi, anche se ce ne sono molti in giro e ogni paese ha il suo, non solo con
l’aureola, ma con in mano la perenne speranza.
Ma guai se fa parte di uno o due.
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