di Tonino D’Orazio
Non esiste maggiore satira di
questo titolo. Questa Europa è un disastro totale. Politico, culturale e
sociale. Ha perso qualsiasi idealità. Concetto preciso per qualificare
governanti e banchieri e partiti che comandano e rappresenterebbero il “meglio”
che avanza.
La baracca, costruita
sull’egoismo dell’euro si sta sfasciando, pezzo per pezzo. Ci sono paesi che
vorrebbero scappare ma non possono, o comunque non possono essere quelli molto asserviti
a farlo. Altri lo stanno decidendo a pezzettini, tirando la corda delle regole un
po’ di qua, un po’ di là. Non ubbidisce più nessuno alle regole, eccetto quelle
pregnanti della Bce, sine qua non. L’immigrazione clandestina o meno
ha finito per sgretolare il bunker neoliberista. Come diceva qualcuno: l’Unione
imploderà dall’interno, a causa delle sue contraddizioni.
Le barriere, i muri e i fili
spinati. Mi ricorda il vituperato muro di Berlino o quello attuale di
Gerusalemme, che ridiventano oggi il futuro condiviso. Lo schieramento
dell’esercito ad ogni frontiera, gli uni contro gli altri. Le offese che si
mandano i leader politici tra di loro e per i loro paesi. (ieri, Il leader
nazionalista austriaco Hofer sfida Renzi: “non
fa paura, è un incapace, non difende l’Italia”). Chi urla di più sono
quelli che spingono sempre più a destra il proprio paese. Una xenofobia
dormiente è riesplosa. I vari nazionalisti, sempre a nord, crescono sulle
macerie culturali di un rigurgito e una subcultura razzisti mai sopiti.
Dovrebbe essere questa la Comunità europea? No, è solo l'Unione.
I paesi dell’est, ex Unione Sovietica,
non si “trovano bene” con le regole dettate dalla Germania. Sono stati
incamerati di forza. I ricordi popolari stratificati sono duri da morire.
Scalpitano più degli altri perché rinati sull’orgoglio nazionale e l’Unione e
la Nato sono diventati solamente una opportunità salariale purché rivendicativa
verso la Russia. Sono il costoso fronte armato est dell’Unione. Solo per questo
avranno sussidi immensi, a perdere. Persino Trump se n’è accorto. Non hanno
ancora una struttura imprenditoriale e industriale e sono i nostri, dell’altra
Europa, che si vanno a prendere tutti i contributi. Nuove colonie per lo
“spazio vitale” non solo della Germania.
Alcuni fanno referendum contro
gli altri (Olanda-Ukraina), altri ne fanno per uscire da questa Unione che in
effetti non è Comunità, come il prossimo Brexit britannico, che, comunque andrà,
rappresenta una grave sconfitta. Il referendum greco non è servito a niente; i
greci sono stati ben imbrogliati. Gli Irlandesi sono stati obbligati a
ripeterlo per ben tre volte per accettare Maastrict e il trattato di Lisbona
(2007), fino ad un “sì” a questo matrimonio che non “s’aveva da fare”. Trattato
rifiutato dalla Francia e dalla Olanda con referendum, ma sottilmente messo in
opera sin dal 2009, facendolo passare per una Costituzione, a durata illimitata
(art.53), per sempre. Non hanno optato per la “Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione” sia la Gran Bretagna che la Polonia e la Repubblica Ceca.
La Polonia, in mano a una destra
che non si sa come definire, ha deciso, malgrado le “minacce” della Commissione
(sempre non eletta da nessuno), di non entrare nel giogo dell’euro. Hanno sotto
gli occhi i risultati e permane una storica diffidenza verso la Germania,
infatti quest’ultima si è subito violentemente ripiccata. Gli accordi della
Commissione voluti dagli statunitensi con
i nazi-fascisti dell’Ukraina in testa di ponte, trascina tutta l’Unione ad auto
lesive sanzioni, culturali ed economiche, alla Russia, chiudendo l’Unione su se
stessa, e spingendo più ad est un grande paese europeo. Unione che, malgrado
non minacciata, istituisce un muro di frontiera formato da basi missilistiche
atomiche per conto terzi.
Abbiamo davanti a noi gli accordi
amorali e illegali, pagati in euro, con un altro nazifascista, il turco
Erdogan, dittatore della Turchia, in merito alla situazione dei rifugiati, che aboliscono
gli accordi internazionali. Abbiamo la presenza dei vari paesi dell’Unione in
tutte le guerre neocoloniali nel Medio Oriente e nel nord Africa. Una Comunità
che, uscita dalla guerra disastrosa e micidiale, aveva nei suoi principi
fondatori e ideali la pace e lo sviluppo. L’Unione è la più grande fornitrice
di armi nel mondo, anche se ogni membro per conto suo, se non contro gli altri.
Per quanto riguarda lo sviluppo,
possiamo dire che fino all’introduzione dell’euro la Comunità si manteneva, pur
con difficoltà varie, costante ed equilibrata. La Comunità Europea era ancora
modello di cooperazione e stato sociale unico. Il meccanismo bancario dell’euro
ha creato, prima di definirne i disastri sociali ed economici, l’introduzione
di una vera “guerra economica”, di volgare competizione tra gli stati che la
compongono, e un vero massacro della classe lavoratrice. Tutti sono contro
tutti, fino ad innalzare nuovamente pericolose e reticolate frontiere nazionali
contro gli esseri umani, anche dell’Unione, ma non per le merci che godono di
requisiti privilegiati. Abolendo di fatto il Titolo IV del Trattato, a
convenienza.
I disoccupati nell'Unione
europea, ufficialmente dati Eurostat, sono ormai più di 26 milioni, di cui 19
milioni nella sola zona euro. I tassi di disoccupazione più bassi (2015) sono
stati registrati in Austria (4,8%), Germania (5,4%), Lussemburgo (5,5%) e Paesi
Bassi (6, 2%). I più alti in Grecia (26,4%), Spagna (26,3%) e Portogallo
(17,5%). La Francia raggiunge il suo massimo storico, 10,8%, mentre l'Italia si
attesta ufficialmente al 11,6%. Vi sono poi In totale altri 18 milioni di
"sottoccupati", cioè 8,8 milioni che non cercano più lavoro e altri
9,2 milioni di occupati in “opportunità di vita” di part-time. La
disoccupazione giovanile ha raggiunto il 23,1% a fine 2014 e continua a
crescere. Il dato più elevato è quello spagnolo (51,4%), poco sopra quello
greco (50,6%). Valori superiori al 40% si registrano anche in Portogallo,
Croazia e Italia. Persino Eurostat preferisce ormai fare statistiche sugli
“occupati” e non sui “disoccupati”. Fa più bon ton e le differenze potete farle
da soli.
In realtà la situazione è
diventata una guerra sociale contro i
lavoratori dei paesi del sud Europa (e dell’est), dimostrata dall’abolizione,
già in atto in alcuni paesi del nord, in deroga al Trattato, della tutela dei
diritti sociali non prima di 5 anni di permanenza lavorativa. In pratica si
paga tutto e non si ottiene niente per 5 anni. Un lavoro al nero con lo stato
come committente, perché oggi la ricerca di un lavoro nell’ambito dell’Unione e
della sua libera circolazione può anche essere definito “turismo sociale” per i
propri cittadini. In un silenzio assordante della Confederazione Europea dei
Sindacati (CES). In questa Unione probabilmente non bastano più i comunicati.
Una Unione in cui
manca, dopo tutte le peggiori deforme dei mercati del lavoro capeggiate tra
l’altro anche dai cosiddetti partiti socialisti europei, solo l’abolizione del
diritto di sciopero, il risarcimento in tal caso delle perdite finanziarie delle
aziende, e magari l’abolizione dei referendum popolari. A che serve tutta questa
democrazia!
Eurostat ha pubblicato i dati su
povertà ed esclusione sociale in Europa nel 2013, secondo cui le persone
coinvolte i processi di esclusione e impoverimento sono state circa 122,6
milioni, pari al 24,5% della popolazione dell’Unione Europea. Nel 2010, erano
79 milioni gli europei sotto la soglia di povertà. In Europa ci sono 342
miliardari, con un patrimonio totale di circa 1.340 miliardi di euro, e 123
milioni di persone , quasi un quarto della popolazione, in povertà e esclusione
sociale. È quanto emerge dal nuovo rapporto 2015 sulla disuguaglianza, lanciato
da Oxfam. Abbiamo partecipato stupidamente a credere e a creare tutto questo.
Questa è l’Europa alla quale mi
si chiede insistentemente di aderire con il cuore e non con il cervello, e a
volte spero proprio che qualcuno rompi questo giocattolo disastroso, al fine di
riprendere un cammino più convenevole e meno disumano, magari con il concetto
fondatore di “benessere” e uguaglianza per tutti. Sarà sempre più difficile far
credere che viviamo nel “migliore mondo” possibile.
Non è la sconfitta de “la mia
Africa” è solo questo disastro: “la mia Europa”.
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