Ex stalinista, craxiano, passato al
migliorismo, alias liberismo dentro un ex partito comunista, politico
di lunghissimo corso, garante della svolta neoliberale italiana per
mano di una tecnocrazia fetente. Di chi stiamo parlando? Ovvio, del
nostro beneamato presidente. Per fortuna non siamo negli Stati Uniti,
sennò gli untuosi corazzieri di regime che fanno da muro a
Napolitano, ci riempirebbero di retorica strappalacrime sul valore
dell'istituzione che unisce tutto il popolo e ne rappresenta lo
spirito eroico e, aggiungerei io, la superiorità morale su tutti gli
altri popoli, a prescindere dalla persona che la rappresenta. Ricordo
con disgusto il patriottismo di certi americani che alla domanda dell'intervistatore sul perché di tanta foga consumistica, rispondevano con orgoglio: “spendiamo, perché ce lo ha chiesto il nostro presidente”. Nessuna domanda sull'irrazionalità di un sistema che ti tratta da pollo di allevamento, basta la parola del presidente. Mi
viene la pelle d'oca quando nei telefilm americani assisto a scene di
patriottismo del tipo “i nostri ragazzi” che vanno a combattere
in Iraq per la nostra libertà di pavidi scalda-poltrone. Come dicevo,
noi non siamo ancora a quel punto. Ci stiamo arrivando? Ho
l'impressione che certi americanofili lo desiderino assai, come
desiderano assai un sistema elettorale all'americana, che è tanto
più democratico quanto meno sono le persone che votano. Una finzione di democrazia per dare un contentino al popolo e tanto controllo da parte del governo e delle lobbies.
Il destino
delle istituzioni e il terrore del caos che ne deriva dal non
tutelarle abbastanza, si è impadronito di molti intellettuali italiani,
compresi certi tizi che scrivono su un giornale che si definisce
comunista, autoelettisi corazzieri. C'è il terrore fantasticato,
colpa di una cattiva digestione di testi classici, di un ritorno ad
uno stato di natura prehobbesiano, che è costantemente in agguato e
che incombe ad ogni parola di Grillo o per causa dello sfrenato
attivismo di certi magistrati. Non si accorgono o fanno finta, di non
accorgersi, i corazzieri della repubblica presidenziale, che questo
leviatano alla matriciana, nato da un patto di ferro fra stato mafia,
per mano della politica, è l'artefice principale del disordine e
dell'insicurezza in cui viviamo e del disastro imminente che si
presenta alle nostre porte. Che patto potremmo aver fatto noi
cittadini con questa classe politica e per quale sicurezza? Certo i
regimi che si sono succeduti negli ultimi decenni hanno garantito a
molti di noi un certo benessere, ma quello che abbiamo lo abbiamo pagato caro. Questa gente ci sparava addosso, con l'indifferenza colpevole di una "maggioranza silenziosa", mentre si spartiva il potere e saccheggiava il territorio. Vogliamo ricordare i governi Tambroni o prima ancora Portella della Ginestra, le stragi di stato e le centinaia di compagni morti ammazzati? E' sicurezza questa?
Oggi il perno dell'equilibrio è ancora la
politica, ma a differenza di ieri, non c'è niente per noi, nemmeno
le briciole. Oggi la sicurezza è tutta per la classe politica in sé.
A noi rimane solo l'incertezza è la miseria che avanza.
Napolitano
sei tutti noi, gridano ad alta voce i vari D'Alema, Bersani, Letta,
Monti, politici e corazzieri servi con il terrore di rimanere
disoccupati.
Per questo Napolitano is not my
president. Napolitano è il presidente di questi signori della
politica che amministra se stessa, è il garante massimo della loro
sicurezza, non certo di chi lavora onestamente e si suda la pagnotta.
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