di Guido Viale da soggettopoliticonuovo
Avevo detto –
all’assemblea milanese convocata dai promotori dell’appello
cambiaresipuò: secondo me un successo, quasi seicento presenze, molta
attenzione, un dibattito ricco, una mozione molto impegnativa, che a
parte alcune richieste di integrazioni, ha unito tutti – che quella
proposta elettorale non può essere un taxi per portare in parlamento
politici e partiti tradizionali che non hanno più la forza e il seguito
per andarci da soli, con le loro identità logorate da un passato che li
ha messi alle corde.
Ma che ora su quel taxi ci vorrebbero salire, magari anche solo per
portare acqua al centro-sinistra, rispetto a cui i promotori di
cambiaresipuò hanno invece fin dall’inizio dichiarato di voler
rappresentare una alternativa radicale.
Cambiaresipuò, soprattutto visto il tempo a disposizione che ha
bruciato la possibilità di un processo di costruzione della lista
sufficientemente ampio e partecipato, è una zattera troppo fragile per
sostenere senza affondare il peso dei dinosauri che hanno deciso di
imbarcarsi sopra di essa. Se restassero a riva, aiutandola e
sostenendola nel suo viaggio, sarebbero i benvenuti; ma una volta a
bordo – da Di Pietro a Diliberto, da Ferrero a Bonelli, con relativi
seguiti – rischiano di occupare tutto lo spazio disponibile, quali che
siano le loro dichiarazioni di principio (di cui, peraltro, in molte
delle assemblee svoltesi finora – non quella di Milano – hanno
dimostrato di tenere ben poco conto). Lasciando così le candidature
espresse dai movimenti, dai comitati, dagli studenti, dai Gas, dalle
fabbriche in lotta, che dovrebbero risultare la ragion d’essere di
questa lista, in un ruolo di pura facciata.
Anche i 10 punti sottoscritti da Ingroia, Orlando e De Magistris
soprassiedono a quella che è la vera discriminante che ha spinto molti
di noi a spendersi per il progetto cambiaresipuò, cioè la necessità di
una radicale revisione delle politiche di austerity promosse da Bce e
Commissione europea; le quali politiche, in tutti i paesi dell’Europa
mediterranea, sono il cappio messo al collo dell’occupazione e del
reddito dei lavoratori, dei precari e dei disoccupati, dei servizi
sociali – scuola, sanità, Università, ricerca, cultura, housing – dei
servizi pubblici locali, del patrimonio pubblico, condannati alla
privatizzazione in nome del patto di stabilità. Con la conseguenza di
condurci tutti verso quel destino di sfacelo economico, sociale,
ambientale, politico e della convivenza civile a cui la cosiddetta
Troika ha già condannato la Grecia. Di questa “dimenticanza” le aperture
verso il centro-sinistra e, di conseguenza, verso un governo allineato
sulla realizzazione della cosiddetta “agenda Monti”, non sono che un
logico risvolto. E forse sono anche una delle ragioni di fondo della
incapacità dei firmatari di quei 10 punti di misurarsi con un progetto
di radicale rinnovamento dei comportamenti politici, e della scelta di
trattare il progetto cambiaresipuò, duole dirlo, un po’ troppo come
“cosa loro”. Senza nemmeno sentire il bisogno di metterne i promotori a
parte delle loro decisioni, fino a che non le hanno sapute dai media. E
delegando tutto a un’assemblea improvvisata, convocata a ridosso di
quella che cambiaresipuò ha invece indetto a conclusione di un percorso
durato oltre un mese, e dopo una consultazione sviluppata in tutto il
paese con più di cento assemblee locali.
Certamente questa corsa a imbarcarsi sulla lista arancione, che fin
dall’inizio si è presentata come partner di cambiaresipuò e che ora
funge invece da passepartout per l’ingresso nella lista comune, è un
segno e una conseguenza del riscontro che la nostra proposta ha riscosso
in vastissimi strati della popolazione; e che molto di più ne potrebbe
riscuotere mano a mano che avanzano, pur nei tempi stretti della
scadenza elettorale, la crisi del movimento cinque stelle, finalmente
rivelatosi proprietà privata di un leader e di una struttura aziendale;
ma anche quella del Pd, che dopo l’apparente “trionfo” delle primarie,
si trova a dover competere con l’ingombrante figura di Monti, che
proprio il Pd ha contribuito a edificare nel corso dell’ultimo anno. Per
non parlare dei partiti della residua sinistra, non a caso impegnati in
una corsa al si salvi chi può. Ma il modo di fare è in questo campo
sostanza; una vera alternativa di respiro generale al montismo, che
aspiri a iniziare un percorso, certo non breve, in direzione della
conquista della maggioranza in tutto il paese, richiede un approccio
molto più attento alle condizioni necessarie per ottenere il sostegno
del mondo del lavoro e della cittadinanza attiva a cui si rivolge.
A mio avviso – parlo a titolo personale, ma so che molti dei
promotori della lista e di molte organizzazioni che hanno aderito con
entusiasmo a questo progetto la pensano allo stesso modo – questo modo
di fare tradisce tutte le premesse su cui, anche nella morsa imposta dai
tempi strettissimi della presentazione delle liste, è nato il progetto
cambiaresipuò e sono cresciute nel paese le aspettative che esso sta
suscitando. Mi auguro che le assemblee del 21 e del 22 dicembre
(cambiaresipuò) confermino quel “passo indietro” dei leader di partito e
di quel che resta dei loro apparati organizzativi che i promotori del
manifesto cambiaresipuò hanno sempre proposto, suggerendo loro di
aggregarsi in un comitato di sostegno e non in una occupazione delle
liste. Diversamente potrebbe diventare improponibile – per lo meno per
me – la prosecuzione di un percorso comune. Non abbiamo bisogno di una
nuova lista “arcobaleno”, magari agganciata al carro del
centro-sinistra, senza nemmeno dichiararlo apertamente.
Comunque sia, le assemblee locali di cambiaresipuò e, in particolare
quella di Milano che ho avuto l’onore di presiedere insieme ad altre
cinque persone (uomini e donne in misura paritaria, come lo sono stati,
rigorosamente, gli interventi) hanno evidenziato, di fronte allo sfascio
del paese e della politica ufficiale, una spinta unitaria da parte di
tutti gli intervenuti che nessuno spirito di parte o di partito potrà
più – mi auguro – soffocare. Per questo la loro riconvocazione (a
Milano, il giorno 29 dicembre), quale che sia la decisione che sulla
presentazione e la caratterizzazione della lista e sull’eventuale
selezione delle candidature, rappresenterà comunque un momento
fondamentale del consolidamento di un percorso di aggregazione su un
programma comune che può coinvolgere milioni di cittadine e di
cittadini, di lavoratrici e di lavoratori, di disoccupate e di
disoccupati. Un risultato da cui non si deve più tornare indietro.
Fonte: Il Manifesto 19/12/12
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