di Franco Cilli
La cosa migliore sarebbe stata quella
di vedere la nascita di un soggetto unico della società civile, che
dentro un unica cornice fosse riuscito a contenere un bestiario
variopinto e berciante, ma capace di agire come un sol uomo al
momento giusto. Né Grillo né Ingroia che marciano divisi nella
speranza di lanciarsi segnali di fumo, ma un unico simbolo di
riscossa democratica. Utopia per il momento, ma un dì verrà, è
inevitabile, ne va della nostra sopravvivenza. Quando la storia avrà
finalmente assolto al suo ruolo catartico e avrà spazzato via
personalismi e contenuti privati della relazione, i cui fraseggi
hanno l'unico scopo di misurare il proprio ego, anteponendoli
all'interesse comune e all'altruismo, allora saremo uniti. Forse. Da
parte mia, come tutti gli sciocchi che non conoscono le sottigliezze
e i sotterfugi della politica, ho da sempre lottato per l'unità di
coloro che hanno a cuore la politica come bene comune. Anche Grillo e
i grillini, che ho seguito dagli esordi con curiosità e molti dubbi,
mi sembrava potessero fare massa con gli altri. Certo con Grillo ho
passato tutte gli stadi del percorso della consapevolezza,
dall'interesse, alla valutazione “obiettiva e distaccata”, fino
al ripudio, per poi tornare indietro sui miei passi ed approdare
finalmente ad una valutazione realistica e più “politica” del
suo agire. D'accordo, si dirà le discriminanti esistono: si può non
dare valore discriminante a certe frasi razziste del comico genovese,
a certe allusioni poco correct nei confronti di certi
avversari politici? Si può dare per buono il fatto che riesca a
parlare a tutti i segmenti della società, dicendo a ciascuno,
leghista o ambientalista o operaio incazzato o giustizialista, ciò
che ciascuno si aspetta di sentirsi dire? Non so, ma mi riesce
difficile pensare che singole frasi possano rappresentare l'essenza
di un movimento così composito e generalmente democratico e che
possano avere significati tali da svelarne l'intima natura
reazionaria e fascistoide. Grillo il brutto, ma dai grandi numeri,
Grillo il re delle folle giustamente indignate e incazzate, protese
verso l'ennesimo messia. Con lui Ingroia vuole dialogare e fa bene, è
l'atteggiamento saggio e giusto di chi non vuole vivere in una
riserva, ma vuole conquistarsi una nazione. Questo è lo spirito
giusto, purché sia sincero, o perlomeno abbastanza sincero.
Sono ormai fermamente convinto che
quando andrò alle urne avrò dovuto digerire bocconi amari da parte
dei miei: ambiguità, democrazia sbandierata e mai realmente
praticata, doppiezze togliattiane mai sopite, candidati imposti ecc.
Ma lo farò, ingoierò il rospo, no favorirò divisioni e frazionismi, ben sapendo che il mondo non è
perfetto e che comunque vadano le cose, il saldo finale sarà
positivo, perché dall'altra parte, dalla parte dei Bersani, dei
Vendola, dei Monti e dei Berlusconi, la risultante non potrà che
essere assolutamente negativa. Non si tratta di differenze in termini
quantitativi, ma di una netta separazione delle dimensioni di senso.
Qui si che possiamo essere manichei o aristotelici se preferite: chi
dice non A quando noi diciamo A per significare bene comune, non può
stare nel nostro insieme. Ciò significa che quando Ingroia nomina la
parola dialogo dobbiamo consideralo un tradimento? No. Come ho già
detto e come mi sembra sia logico supporre, il dialogo in politica è
un obbligo, l'alleanza no. E qui sta il punto. Ciò che chiediamo a
questo nuovo soggetto arancione è la chiarezza, niente alleanze con
chi ha sostenuto l'agenda Monti ed è stato complice del suo
massacro. Convergenze con il Pd ce ne potranno anche essere su
singoli punti, ma niente alleanze, nessuna omologia, sarebbe
contro-natura.
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