sabato 6 settembre 2008

Buona crescita 3. La qualità della vita oltre il PIL

COMMENTO

LA QUALITÀ DELLA VITA OLTRE IL PIL

di Galapagos
 

Partendo dalla sua esperienza sul campo - in tutti i sensi - Pierluigi Sullo nella rubrica «Cantieri sociali» di ieri pone alcune domande alle quali cercherò di dare risposte «tecniche» che possono fare un po' di chiarezza (non è facile) sulla polemica che da sempre rende oscuro la formazione del Pil. Partendo da una vecchia considerazione che faceva Lord Keynes: «se un nobile sposa la sua cuoca, il Pil diminuisce». Statisticamente corretto: le norme internazionali non valutano l'ordinario lavoro domestico. Se lo facessero il Pil farebbe un balzo in avanti in tutti i paesi del mondo, a cominciare da quelli dove il lavoro femminile fuori delle mura domestiche è meno praticato. Giusto?
Forse no. In ogni caso a livello di confronti internazionali poco cambierebbe. La prima domanda che Pierluigi mi pone è: «quanto di questo reddito reale (derivante da autoproduzione) è intercettato dai parametri sulla base dei quali si elaborano il reddito pro capite e il Pil?». Teoricamente tutto: le convenzioni statistiche internazionali, infatti, prevedono anche una stima delle transazioni virtuali. Queste non sono limitate alle sole donazioni di beni di consumo, ma prevedono altre forme. Come ad esempio quelle dei compensi in natura. E fanno parte di questa categoria anche le ristrutturazioni degli immobili o le abitazioni autocostruite. Il vero problema è riuscire a misurarle correttamente.
mia opinione è che siano sottostimate. Ma non solo in Italia. La seconda domanda - implicita - fa riferimento ai gruppi di «acquisto solidali», «una nicchia di mercato rilevate (...) creata per correggere il mercato, anzi abolirlo a favore dello scambio diretto». Vale la prima risposta: anche questa realtà è inclusa nelle grandezze contabili che determinano il Pil. Diverso è il problema di misurarla correttamente e di darne una quantificazione per capire come e quanto si è sviluppata. La terza domanda, anch'essa implicita, riguarda la Calabria e le attività criminali che - anch'esse - fanno ufficialmente parte del Pil.
A parte l'economia criminale, va tenuto presente, nel caso della Calabria, l'economia sommersa che secondo stime autorevoli raggiunge livelli attorno al 50%. Non sono perciò d'accordo sull'affermazione che «a garantire la sopravvivenza dei calabresi è la rete informale dello scambio di cibo e servizi». Sullo si lamenta anche che l'Ocse abbia ridotto allo 0,1% la previsione di crescita del Pil. E afferma: «non sarebbe più saggio andare a vedere come la gente inventa il suo reddito al di fuori di quel parametro e misurarne per quanto possibile la vastità e sostenere lo sviluppo di questa non più sub economia, ma ormai, altra economia?».
Ci andrei cauto: nel Sud l'economia informale è il regno dell'arbitrio e la base del potere criminale. E non è tanto i pesci o le arance che ti regalano gli amici. Se nel Sud che cerca lavoro lo fa solo attraverso amici e conoscenti e non attraverso un collocamento pubblico strutturato, beh questa cosa non solo non è da sostenere, ma è da combattere: è una grave lesione della libertà personale e è causa dei più odiosi arbitrii. Infine Pierluigi sostiene che ha visto «la gente stare meglio dove può crearsi i suoi mercati di scambio». Concordo con lui, ma ho il timore che non sia così rilevante - anche se ha forti potenziali di crescita - la parte buona dei circuiti autonomi di scambio.

Dal Manifesto del 05/09/08

Nessun commento:

Posta un commento

Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...