venerdì 12 settembre 2008

Basaglia in Cile

L'articolo che segue offre spunti interessanti, senza dubbio, sebbene  quel "fabbricare concetti"  mi stia un po' stretto. Il problema è proprio quello, ed è un problema che investe gran parte del pensiero post-moderno: l'idea che le analisi si "fabbrichino", attraverso un puro assemblaggio di concetti. Sarà che mi sto autoeducando al metodo scientifico e alla semplicità del ragionamento, ma non concepisco l'idea che la realtà possa essere la proiezione di un pensiero, seppure elaborato e carico di suggestioni. Mi sa di idealismo, e credo di non sbagliare se dico che è un'eredità, quella dell'idealismo, di cui non riusciamo a liberarci malgrado ci dichiariamo materialisti.
Una cosa è la fredda analisi di un fenomeno, supportata da dati materiali, quantitativi (brutta cosa la statistica) e verifiche fatte sul campo, altra cosa è descrivere fenomeni a colpo d'occhio e con l'ausilio dell'immaginazione (o dell'immaginario), o in forza di una coerenza che è solo coerenza di ragionamento e non di dati.
Mi rendo conto che è troppo pretendere che i nostri filosofi si trasformino in ragionieri, troppo sterile, troppo freddo il discorso. Chi li ascolterebbe? Le analisi però non si possono fare a cuor leggero, con la penna che scrive le note di un racconto. Le analisi sono strumenti del mestiere, che in quanto tali possono essere affilati o spuntati, ma in ogni caso devono servire a qualcosa. Finora le analisi dei post-moderni non mi pare siano servite a gran che.


RIVALUTAZIONE DEL MOVIMENTO ANTIMANICOMIALE DI BISAGLIA

La traiettoria vitale di Franco Basaglia si intreccia con il movimento degli anni 60/70 in Italia e nel mondo. Se pensiamo oggi alle forme di quel movimento dobbiamo innanzitutto collocarci per rendere conto del punto di vista da cui provengono le nostre osservazioni.
 Siamo, o per lo meno io sono, su navi irregolari, forse corsare, che attraversano un piano di consistenza caratterizzato dalla circolazione di merci ma non di soggetti e ci poniamo,mi pongo ,come nodo della rete,punto di incontro e reclutamento per difendere ed allargare questo spazio libero dove i soggetti non devono trasformarsi in merci per circolare. Infatti se non si è merce, forza lavoro richiesta, si può essere catturati e rinchiusi in luoghi appositi chiamati centri di detenzione temporanea o con altra terminologia, che altro non sono se non campi di internamento, solamente perché siamo dove non siamo richiesti come merce o dove un qualche potere dice che non dovremmo essere: siamo clandestini.
La condizione umana di essere in un luogo dove per qualcuno non dovremmo essere diviene priva di diritto: il soggetto non è titolare di habeas corpus, è ,come dice Giorgio Agamben, una nuda vita e sul suo corpo si esercita il controllo biopolitico.
Noi combattiamo questo controllo siamo out of control.
 In questo mondo ci sono pochi oppositori alla costituzione dei dispositivi totalitari di controllo, dispositivi che si costituiscono ovunque e privano i soggetti del diritto.
Ad esempio nel mondo del lavoro gli strumenti contrattuali sono sempre più "flessibili" cioè parcellizzati, individualizzati: la contrattazione collettiva è fortemente combattuta in nome della ideologia individualista che spezza e frantuma la forza della classe distruggendone la coscienza collettiva.
 La lotta di classe ha assunto nuove forme perché la classe operaia è stata sconfitta ed ha perso perfino la coscienza di essere, non è più presente a se e non si sa dove sia.
L´opposizione sociale si presenta con forme di ribellione che raramente superano l´orizzonte di una singola questione:in italia ad esempio, c’è il problema dei rifiuti a Napoli, la galleria nella val di Susa in Piemonte per il treno ad alta velocità,l´opposizione all´allargamento della base NATO a Vicenza,ma è molto difficile la riunificazione di questi "fronti di lotta" attorno ad una comune prospettiva di cambiamento.
 In buona sostanza c´è stato un cambiamento della forma di produzione capitalistica, ormai viviamo in una era che vede il dominio della produzione immateriale, cioè la merce che è prodotta non vale,come giustamente diceva Marx per il lato dell´uso, per la sua componente materiale, ma per il lato del valore di scambio, cioè per la sua componente immateriale.
Abbiamo raggiunto un livello produttivo in cui il feticismo della merce esprime il suo dominio sul pianeta tramite un vero sex appeal dell´inorganico come diceva Walter Benjamin.
Questo significa che non si produce tanto la cosa quanto il modo di consumarla ed il modo di consumarla determina una abitudine: un abito come direbbe Peirce. Per dirla in breve  la produzione attuale produce il consumatore, la sua soggettività e se vogliamo la sua coscienza o meglio la sua coscienza falsa,ci avrebbe detto Lukács,.
Così ci troviamo di fronte ad un apparato produttivo che si dispiega su vari piani, forse i millepiani di cui parlano Deleuze e Guattari e che ci si presenta come una macchina, cioè un apparato composto di parti biologiche e meccaniche che producono incessantemente modi di attribuzione di significati a significanti, cioè i macchinari contemporanei producono incessantemente ideologia di cui W.Reich ci ha mostrato la "forza materiale".
Questa è l’epoca del semiocapitalismo,una epoca in cui le varie province di significato, per dirla alla Schutz si riunificato sotto l´egida di una forma che cerca di tenere unite le varie semiotiche particolari: la produzione di segni e di significati determina gli abiti comportamentali e dunque le relazioni sociali contemporanee.
Parla più di noi un romanzo di Pilip Dick che un trattato di sociologia accademica.
Questa organizzazione sociale contemporanea sta producendo, ha prodotto, una mutazione antropologica.
Innanzi tutto pensiamo al tempo ed al ritmo del vivere:
da quando la popolazione delle città del mondo ha superato quella delle campagne,siamo entrati in un punto di non ritorno, l´equilibrio del pianeta si è definitivamente spezzato in favore delle zone antropizzate, le risorse mondiali vengono monopolizzate e distribuite per mantenere gli squilibri, la forma delle megalopoli è sempre più caotica imprevedibile e dominata dagli slum. La vita nello slum,come dimostra Mike Davis è il paradigma della vita contemporanea.
Lo slum non è solo Delhi è Los Angeles, le città non sono più organizzate secondo la logica centro,periferia, quartieri residenziali,quartieri popolari di operai, ma secondo recinzioni e barriere che distinguono stili di vita, mondi paralleli che non dovrebbero incontrarsi, piani e livelli di metropoli tipo la Los Angeles di Blade Runner.
Per questo abbiamo zone libere da prostituzione,quartieri a luci rosse,piccoli villaggi turistici dove si dovrebbe vivere la vita del Truman Show circondati da muri al di la dei quali vivono in riserve esseri deprivati da controllare perché pericolosi in se, violenti senza motivo e dunque tutti da rinchiudere in carcere come ha dimostrato Loic Wacquant.
Siamo di fronte di nuovo ad una situazione di "grande internamento" come all´inizio dell´era moderna, analizzata da Foucault ,quando i vagabondi, i non regolari, i non "borghesi"(che erano gli abitanti del borgo a cui si contrapponevano i villani o contadini e i vagabondi) dovevano essere controllati e rinchiusi perché considerati pericolosi per le proprietà del nuovo ordine sociale della borghesia nascente..
E di nuovo tornano gli appositi spazi che la biopolitica ha approntato per controllare e disciplinare i corpi,che trovano giustificazioni "scientifiche"per abolire l'habeas corpus e impedire la libera circolazione, si tratta di una applicazione su larga scala del riduzionismo biologico
.Ancora negli anni 70 del secolo scorso è incominciata l'offensiva del neoliberalismo e del riduzionismo con il Manhattan Institute e con libri come
 "The Bell Curve:Intelligence and Class Structures in American Life"
di Richard Herrnstein e Charles Murray, nel quale si sostiene che negli Stati uniti le ineguaglianze razziali e di classe rifletterebbero differenze individuali di "capacità cognitive". in questo testo si sostiene che:
 «Molti pensano che i criminali provengano dai'quartieri malfamati' delle città. Da un certo punto di vista hanno ragione, in quanto è proprio in quei quartieri che in larga parte risiedono le persone a bassa capacità cognitiva».
Per questi autori si diviene criminali non a causa delle privazioni materiali ["deprived"] caratteristiche di una società ineguale, ma per carenze mentali e morali ["depraved"].
Con questi principi si reintroduce l'idea che esistono delle persone "pericolose" in se,per basso quoziente cognitivo,in questo caso,non più per caratteristiche razziali, come dicevano dei nord africani  gli psichiatri francesi degli anni 50, duramente criticati da Franz Fanon.
Fanon diceva che si faceva dell'aggressività una caratteristica essenziale di una etnia e non l'effetto del colonialismo.
Così gli autori di "The bell curve" collegano l'aggressività e la pericolosità sociale al basso quoziente cognitivo e non relazionano questo quoziente alle caratteristiche sociali,all'accesso alla istruzione e così via...
Queste teorie hanno portato ad un aumento esponenziale dei reclusi nelle carceri degli USA.
Ma il grande internamento contemporaneo non è solo nelle carceri e nei centri di identificazione e detenzione temporanea per i migranti, sono sorti anche veri e propri campi di concentramento come Guantanamo dove non esiste nessuna graranzia di nessun tipo per le persone li rinchiuse.
Dunque siamo in presenza di una nuova riorganizzazione dello spazio nel pianeta,con la riduzione,fino alla scomparsa delle zone vergini,una mutazione del rapporto fra città e campagna in favore della città che diventa sempre più megalopoli ed una progressiva stratificazione degli spazi urbani in livelli differenziati che concretizzano la paura dell’altro da se in tentativi di controllare qualsiasi comportamento “deviante” con la biotecnologia: sistemi di telecamere onnipresenti,schedature del DNA selettive,banche dati di ogni tipo, controlli delle comunicazioni telefoniche e così via.
L’aumento della velocità di trasporto e comunicazione, come ha mostrato Virilio,ha altresì provocato una ulteriore mutazione delle abitudini della vita quotidiana,spostamenti individuali e di massa da una città all’altra, da una paese all’altro, da un continente all’altro hanno realizzato una mescolanza di abitudini di vita,comportamenti,credenze religiose che non ha riscontro in nessuna era passata. I vincoli sociali di tipo comunitario si sono affievoliti, le comunità intese come isole o province di significati sono scomparse.
Gli stessi stati nazionali si presentano come anacronistiche barriere di resistenza al flusso sempre più  veloce di comunicazione reale e virtuale ed  alla circolazione dei corpi e delle informazioni. Questa situazione di cambiamento si accompagna con l’ansia,come ha dimostrato Pichon Riviere, il cambiamento produce innanzi tutto una ansia depressiva,la paura di perdere le sicurezze acquisite,la paura di “perdere la presenza” se usiamo il linguaggio di Ernesto De Martino,quando estende all’analisi delle “apocalissi culturali” la sua ricerca sulla crisi della morte e sul lutto.
A questa paura si può reagire con una ansia confusionale, una perdita dei confini dell’identità che ritroviamo facilmente in molti migranti ma anche in molti abitanti delle metropoli che sono coinvolti in questi processi di cambiamento.
E’ uno stato di sofferenza psichica che non può essere negato. Qui è importante la lezione di Franco Basaglia che non ci ha mai detto che la malatta mentale non esisteva, ci diceva che non esisteva o meglio che era una sovrastruttura ideologica la nosografia psichiatrica,ci diceva che la categorizzazione della sofferenza era una reificazione che produceva come effetto la riduzione del soggetto alla propria definizione diagnostica,ci diceva che il manicomio, in quanto istituzione, non era solamente l’edificio in cui erano contenuti i folli ma il dispositivo ideologico che lo rendeva possibile e quindi tutto l’apparato nosografico catalogatore e distanziatore che produceva la malattia che diceva di curare.
Ma non ci ha mai detto che non esisteva la sofferenza psichica, ci ha detto invece che la psichiatria manicomiale a vocazione custodialistica si poneva dalla parte del controllo sociale e negava l’aspetto terapeutico, la cura della sofferenza dell’altro e che il nostro compito era la negazione dell’istituzione manicomiale attraverso l’analisi del nostro mandato sociale , il rifiuto di un mandato sociale custodialistico e l’accettazione di quello terapeutico. Questo significa che la nostra ideologia,si perché noi abbiamo una ideologia,  è quella sintetizzata in una scritta sul muro del manicomio di Trieste: la libertà è terapeutica. Questa idea si contrappone totalmente all’idea del controllo che sta dilagando nel pianeta è una idea che continua a dirci “do not panic” niente paura.
In questa confusione noi entriamo dalla parte di chi costruisce strumenti per pensare, per fabbricare concetti,ancora una volta Deleuze e Guattari che definiscono l’attività filosofica come la fabbricazione di concetti, ma anche Antonio Gramsci che ci ha insegnato a lavorare sul senso comune e ci ha detto che il senso comune è la sedimentazione nella vita quotidiana delle grandi filosofie e che il cambiamento del senso comune è la strategia per quella “riforma intellettuale e morale” che secondo lui era necessaria non solo in Italia ma nel mondo intero.
 Au contraire, esistono industriali della paura che diffondono attraverso i media mainstream la peste psichica di reichiana memoria. Questa peste non è altro che l’elaborazione paranoica del lutto,come diceva Franco Fornari quando ha analizzato i moventi inconsci della guerra. Anche per Pichon Riviere l’ansia paranoidea è una reazione al cambiamento, è una delle resistenze più potenti. Si individua nella novità,nella situazione nuova un pericolo: lo straniero, lo sconosciuto è potenzialmente pericoloso e quindi si apprestano sistemi di difesa per diminuirne la supposta pericolosità: esercito nelle strade, controllo dei campi nomadi, rilevazione delle impronte ai bimbi rom,perché così i “cittadini” si possono sentire più sicuri. Queste sono alcune azioni del nuovo governo di destra italiano debolmente contrastate da una evanescente opposizione. Ma  azioni analoghe avvengono ovunque nel pianeta.
Si tratta della continua ed incessante creazione di muri:muri che vorrebbero difendere e separare e allontanare l’altro, il pericoloso, il nemico. Il prototipo di questi muri sono i muri del manicomio che Franco Basaglia in Italia ha abbattuto. Ma, ci ha sempre ricordato Armando Bauleo esistono anche i manicomi mentali su cui si appoggia la resistenza al cambiamento.
 La resistenza al cambiamento si arrocca sul  bastione della identità, tutti hanno paura di confondersi, di perdere l’identità, per questo c’è un richiamo costante alla identità di etnia, di religione di comunità e così via e dunque si costruiscono  di muri e muraglie per striare e controllare lo spazio liscio della moltitudine nomade.
Ma Amartya  Sen ha dimostrato molto bene come  questo richiamo all’identità dell’identico si  accompagni alla violenza contro l’altro che non è me.
Questo altro,è pericoloso è minaccioso:non è me,ed in questo universo paranoico tutto ciò che non è me mi è nemico e deve essere annichilito.
E’ questo il vocabolo attualmente usato dai militari in guerra:” annichiliscili!
Noi lavoriamo su altro, contrastiamo l’ossessione dell’identità perché crediamo che l’altro sia costitutivo del me,perché sappiamo che non può esserci un io senza altro.
Siamo con Rimbaud: io è un altro.
Per questo in questo trentennale della legge 180 o legge Basaglia dobbiamo lanciare una controffensiva all’ideologia dominante della psichiatria nosografia classificatoria del DSM Questa è l’ideologia che permette il controllo e il contenimento dei comportamenti delle moltitudini migranti da parte di funzionari che tramite dei test applicano delle diagnosi stigmatizzanti che trasformano soggetti confusi e sofferenti dall’identità molteplice in individui ad una sola dimensione,come avrebbe detto Marcuse,quella psicopatologica. Siamo anche noi i replicanti di Blade Runner sottoposti al test per essere scoperti,ma siamo anche i funzionari che sottopongono il test.
 Proprio Franco Basaglia ci ha insegnato ad interrogarci su quello che facciamo, lui che aveva consuetudine con Sartre sapeva che ciascuno di noi non è uno psichiatra ma fa lo psichiatra,quindi deve interrogarsi su cosa sta facendo perché il suo essere non si esaurisce con il suo fare. E dunque così come il borderline è moltitudine e non solo borderline anche lo psichiatra che lo diagnostica è moltitudine per questo l’analisi sul mandato sociale è per noi psichiatri Basagliani ineludibile.
Franco Basaglia con la scoperta che si poteva e si doveva fare l’analisi del proprio mandato sociale  e trarne le conseguenze pratiche ci ha condannato. Non possiamo fare finta che non si possa fare, è come quando il dott.Semmelweis  ha scoperto che la febbre puerperale derivava dai chirurghi che non si lavavano le mani. C’è voluto molto tempo e molte battaglie per fare diventare senso comune questa scoperta, ma chi lo sapeva non poteva rendersi causa di sofferenza e morte anche se andava contro le leggi e le disposizioni del tempo.
Così la scoperta che il manicomio è una istituzione totale che produce la malattia che vorrebbe curare ci spinge ad una battaglia abolizionista e la consapevolezza che l’abolizione della libertà che si attua in qualsiasi istituzione totale è fonte di sofferenza e morte estende questo movimento ad una visione più ampia verso una autogoverno delle moltitudini desideranti che abitano questa contemporaneità e vogliono viverla fuori da ogni controllo paranoico perché sentono come compito comune come avrebbe detto Armando Bauleo la costruzione di una comunità a venire.


Leonardo Montecchi
Cile 30/08/2008
Da "Rekombinant"


Bibliografia


Franco Basaglia            L’istituzione negata                             Einaudi
                                    Che cosa è la Psichiatria                     Einaudi
                                     Scritti                                                Einaudi

Giorgio Agamben          Homo sacer                                       Einaudi
                                     La comunità che viene                        Einaudi

Karl Marx                     Il capitale                                           Editori Riuniti

Walter Benjamin           Angelus Novus                                    Einaudi

C. Peirce                      Scritti                                                   Bompiani

G. Lukács                     Storia e coscienza di classe                  Sugar

Deleuze e Guattari         Millepiani                                             Castelvecchi

W. Reich                      Psicologia di Massa del fascismo           Mondadori

A. Schutz                      Don Chisciotte e il problema della realtà  Armando Editore

Philip Dick                    Un oscuro Scrutare                                Fanucci
                                     Ubik                                                      Fanucci

Mike Davis                    Slum                                                     Feltrinelli

Loic Wacquant              Parola d’ordine tolleranza zero               Feltrinelli

Michel Foucault              Storia della follia                                    Rizzoli

Richard Herrnstein e Charles Murray    The Bell Curve: Intelligence and Class Structures in American Life
                                                                         A Free Press Paperbacks Book

Paul Virilio            Velocità e politica: saggio di dromologia              Milthipla

Pichon Riviere       Il processo gruppale                                           Lauretana

Armando Bauleo    Note di Psicologia  e Psichiatria Sociale
                              Psicanalisi e gruppalità                                       Borla

Amartya  Sen          Identità e violenza                                             Laterza

Artur Rimbaud        Opere                                                               Mondadori

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