Il governo Berlusconi e il governo Monti hanno attuato sei manovre
correttive dal valore complessivo di 130 miliardi di euro. È una cifra
spaventosa, ma di poco superiore al gettito evaso ogni anno: 120
miliardi. In questi numeri è racchiuso tutto il significato di una
politica economica tanto ingiusta quanto controproducente.
di Vladimiro Giacchè da Micromega
«Al
punto in cui siamo, le politiche adottate per risolvere la crisi
dell’eurozona stanno facendo più danni di qualunque cosa possa aver
causato originariamente quei problemi». Con queste parole
l’editorialista del Financial Times Wolfgang Münchau ha
salutato giorni fa le più recenti proposte della cosiddetta troika (Fmi,
Bce e Commissione europea) per aggiustare i conti della Grecia.
La
storia è nota: le misure di austerity sin qui assunte dal governo greco
non saranno sufficienti per conseguire gli obiettivi di riduzione del
debito prefissati. Questo perché il prodotto interno lordo greco nel
2013 crollerà di un altro 5 per cento, anziché “soltanto” del 3,8 per
cento previsto dal governo. E quindi non soltanto il debito non si
ridurrà, ma anche l’obiettivo di conseguire un avanzo primario (prima
del pagamento degli interessi sul debito) sarà mancato.
Il
problema, fa osservare Münchau, è che quel crollo è dovuto in primo
luogo proprio alle misure di austerity adottate. Ma questo la troika si
ostina a ignorarlo. Così, quando «gli obiettivi economici vengono
mancati, si applicano dosi maggiori di austerità, il che provoca una
caduta ulteriore del pil, seguita da un ulteriore fallimento nel
conseguire gli obiettivi», e così via. Questo è il girone infernale in
cui sono ormai precipitati paesi come la Grecia, la Spagna e il
Portogallo.
Con l’ennesima manovra messa in campo dal governo
Monti, l’Italia scende un ulteriore gradino di quel girone. Per una
strana ironia, questo avviene negli stessi giorni in cui lo stesso Fondo
monetario internazionale corregge i suoi calcoli sul «moltiplicatore
fiscale», ossia sull’impatto delle manovre fiscali sulla crescita
economica di un paese. E rivela che quell’impatto è più che doppio
rispetto a quanto lo stesso Fondo aveva stimato in passato.
Una
manovra fiscale che valga l’1% del Pil comporta una contrazione della
crescita in media superiore al 1% (sino all’1,7%). Il prodotto perduto è
insomma superiore al beneficio fiscale. Si deprime l’economia, la
disoccupazione aumenta, cala la domanda, e con esse le stesse entrate
fiscali. È quanto è successo anche in Italia, dove infatti il gettito
dell’Iva è diminuito di oltre l’1% nonostante un aumento dell’aliquota
dell’1%. Tutto questo finisce per peggiorare la situazione del debito
pubblico.
Ma il governo tecnico prosegue imperterrito sulla sua
strada: e se originariamente la stretta di bilancio doveva impedire
l’aumento dell’Iva, ora decide di fare entrambe le cose. Come
contropartita, ritocca le tasse sulle aliquote più basse, ben sapendo
che il beneficio conseguente per i più poveri sarà più che
controbilanciato dalla progressiva abolizione di gran parte delle
detrazioni fiscali (ad esempio per spese mediche).
Il governo
Berlusconi e il governo Monti hanno attuato complessivamente sei manovre
correttive di bilancio. Il loro impatto, nel triennio 2012-2014, si
avvicina ai 130 miliardi di euro. È una cifra spaventosa, ma di poco
superiore al gettito evaso ogni anno, che supera i 120 miliardi di euro e
di cui non si recupera neppure il 10%. In queste cifre è racchiuso
tutto il significato di una politica economica tanto ingiusta quanto
controproducente.
Fonte: Pubblico 17/10/2012
venerdì 19 ottobre 2012
L’austerity di Berlusmonti
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