lunedì 22 ottobre 2012

Chávez e la Diplomazia Pubblica di Washnington

di Carlos Fazio da la Jornada (traduzione per doppiocieco di Franco Cilli)

Unitamente alla stampa occidentale, tradizionalmente schierata, uno dei grandi perdenti delle elezioni venezuelane del 7 Ottobre, è stato senz'altro il cosiddetto Ufficio della Diplomazia Pubblica di Washington.
Fomentatore del terrorismo mediatico sin dagli anni della guerra fredda, l'ufficio dedicato alla destabilizzazione dei processi democratici e popolari dell'area, ha lavorato instancabilmente tra la fine di Luglio e il giorno delle elezioni per cercare di imporre una serie di idea forza, che dirette a/e riportate dai principali media di Stati Uniti, America Latina, Madrid e Londra, hanno cercato di dare risalto al candidato dell'opposizione Enrique Capriles Radonski, allo scopo di controbilanciare le principali agenzie di sondaggi, che davano come vincitore certo Hugo Chávez.
L'argomento principe della campagna elettorale è stato che Capriles non era in competizione con Chávez, bensì contro un asse formato da una cricca di narcogenerali, politici nepotisti e cubani(sic) che avevano pianificato di utilizzare le elezioni come mezzo per controllare il Venezuela dopo che Chávez fosse divenuto inabile o fosse morto. In definitiva si trattava di impedire che attraverso le violenze, le intimidazioni e la frode elettorale si perpetuasse un chavismo senza Chávez .

Dietro consiglio di due esperti israeliani, il politico, diplomatico e scrittore Shlomo Ben Ami, membro del partito laburista ed ex ministro degli esteri di Israele, e Alon Pinkal, anch'egli diplomatico che ha rivestito la carica di console generale negli Stati Uniti fra il 2000 e il 2004, nonché consigliere di due ministri di Relazioni con l'estero e il primo ministro Ehud Barak, la campagna elettorale ha cercato di costruire l'immagine di Capriles come di un uomo serio, che offriva stabilità, affidabilità, capacità di previsione dell'economia e un miglioramento tangibile nella relazioni del Venezuela con il mondo. Con lui, il Venezuela si sarebbe convertito in una democrazia vibrante e aperta, rimpiazzando una oligarchia militar-autoritaria.

La cronologia di 84 giorni(77 fra il 23 dii Luglio e il 7 di Ottobre, e la settimana posteriore alle elezioni), è stata tratteggiata in tre fasi. La prima è consistita nella costruzione e configurazione del discorso e del dibattito nei media, attraverso la disseminazione di articoli ed elementi di notizia concernenti l'elezione, basate sulla polarizzazione di due puniti di vista: Henrique Capriles Radonski versus l'asse Narco-Junta-Cuba e il pericolo di un Venezuela post-chavista diretto da una dittatura castrista-autoritaria
Nella seconda fase si è cercato di promuovere relazioni fra Capriles, leaders mondiali e responsabili di affari, e i media internazionali, nel tentativo di persuadere gli attori della politica che il Venezuela con Capriles sarebbe un terreno migliore e più affidabile per fare affari. Gli accordi verrebbero portati regolarmente a termine, gli investimenti protetti e gli interessi rispettati. A tal proposito Alon Pinkas, direttore fra l'altro di Brainstorm Cell Therapeutics Inc. e commentatore di media israeliani e stranieri, incluso Fox News, ha preso contatto con con l'impresa pubblicitaria Thunder 11, presieduta da un ebreo residente a New York, Marcos Greenberg, che è stato anche consigliere della campagna del'ex presidente di Colombia Álvaro Uribe.
Nella terza fase della campagna ( i dieci giorni precedenti il 7 Ottobre) il fuoco dell'informazione e dell'intelligence si è concentrato sulla salute di Hugo Chávez, le presunte lotte intestine all'interno delle forze armate, i conflitti fra i narcogenerali, l'intromissione e il coinvolgimento diretto di Cuba, così come la manipolazione potenziale, le irregolarità e le frodi elettorali. Alla base di tutto il piano strategico, la prefigurazione di due ipotesi contrapposte: un Venezuela serio e democratico oppure un paese dove continua a governare una narco-junta e Cuba (narco-junta-Cuban ruled).
Il modus operandi della campagna conmtemplava l'identificazione di giornali, canali TV, e agenti dei social media di un certo rilievo e disposti probabilmente a pubblicare, e includeva un processo diretto principalmente a stabilire l'affidabilità di giornalisti e scrittori individuali, e successivamente di provvedere ad un flusso continuo di articoli da una ventina di grandi testate fra le quali risaltano: The New York Times, The Wall Street Journal, Reuters, Ap, The New York Post, The Miami Herald, Time, Newsweek/The Daily Beast, Foreing Policity, Bloomberg/Business Week, Forbes, The Atlantic, The Guardian, El País, CNN, CNBC, BBC e gli affiliati locali nell'area di Miami di ABC, CBS, NBC y Fox, cosi come vari giornali e blog dell'industria del petrolio.
Secondo il documento Public Diplomacy andMedia Shlomo Ben Ami, Alon Pinkas (suoi soci a Washington) e Thunder 11 avrebbero fornito a Capriles dati probanti e prove relative all'asse narco-junta-cubano. E dato che Diplomazia Pubblica è anche uno sforzo mediatico, l'idea era quella di utilizzare le riunioni con leaders, diplomatici, politici e ONG umanitarie perché riproducessero la matrice di opinioni disegnata per il piano. Sono stati programmati incontri con politici e leaders del Congresso degli Stati Uniti e dei comitati di Energia, commercio e relazioni esterne, e Human Rights Watch.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Chávez e i Venezuelani hanno vinto anche la battagli mediatica con Washington. I contenuti della campagna sono risultati una frode degli pseudo-giornalisti di El País e di strumenti affini. La guerra però continua. Nel ridisegno del confronto è prevedibile che gli Stati Uniti vincoleranno un prolungamento del mandato al 2019 alla conferma di una matrice populista-dittatoriale, con gli annessi dell'infermità del presidente Chávez, la corruzione, il burocratismo e la violenza in chiave di polarizzazione classista. Idee di cui si faranno carico come al solito vecchi personaggi ormai ben noti:Roger Noriega, Vargas Llosa, Otto Reich, Patricia Janiot, Jorge G. Castañeda, la argentina Bullrich e una manciata di stelle mediatiche.

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