da militant-blog
La questione migranti può essere affrontata nei modi più disparati,
ma tutti a loro modo fruttuosi per la politica europeista. Lungi dal
costituire un “problema”, i migranti sono lo strumento perfetto per
aggregare consensi o dissensi, a seconda dei casi. Possono consolidare
una leadership o, all’inverso, essere utilizzati per combattere la linea
politica avversa. E’ la manna dal cielo per le difficoltà in cui
spasima la politica continentale, l’elisir di lunga vita che consente ai
governi (e ai media dipendenti) di spostare l’attenzione dai problemi
reali a quelli indotti, mentre al tempo stesso alimenta il consenso
delle opposizioni populiste e/o direttamente razziste. Oltretutto, da
che mondo è mondo, i migranti fruttano anche e soprattutto
economicamente. Insomma, se non ci fossero, bisognerebbe inventarli. In
effetti, gli attuali flussi migratori sono stati proprio inventati, nel
senso letterale del termine, con un ventennio di bombardamenti in giro
per il medioriente, di regime change, di guerre umanitarie, di
ingerenze esterne. Sono in tutto e per tutto il frutto avvelenato delle
politiche occidentali nei diversi territori col tempo trasformati in failed states.
Nel giro di qualche giorno, la Germania si è trasformata da “Stato
canaglia”, inviso agli spiriti umanitari in sofferenza per la Grecia, a
Stato illuminato, progressista, in linea con l’umanitarismo cattolico e
la solidarietà internazionale. Un capitale di consenso veicolato dalle
più bizzarre interpretazioni mediatiche, che descrivono in questi giorni
la Germania come faro della civiltà europea. Comprendere perché la
Germania abbia apparentemente aperto il suo territorio ai migranti,
capire perché solo essa abbia attuato tale cambio di passo e non invece
altri paesi, e perché solo per alcuni migranti e altri no, costituisce
il problema che dovremmo affrontare in qualche modo. Già oggi, infatti,
ci troviamo impreparati al consenso indotto verso il modello tedesco. Se
l’unico punto di vista alternativo al “modello Salvini”, cioè al
razzismo xenofobo, è quello cristiano benissimo rappresentato da Papa
Francesco, è chiaro che le attuali scelte politiche tedesche,
riprendendo il modello dell’accoglienza cristiana, risultino convincenti
anche per le sinistre radicali. Ci troviamo stretti tra due narrazioni
velenose: o immaginiamo uno scarto intellettuale capace di costruire un
punto di vista alternativo, o la partita rimarrà giocata tra la reazione
piccolo borghese e il pietismo cristiano. Ecco perché è importante
capire cosa c’è dietro la svolta tedesca.
Partiamo anzitutto dai numeri. Dal 1 gennaio al 31 agosto, i profughi
siriani che hanno chiesto asilo in Italia sono 155
(centocinquantacinque). Il numero è talmente basso da non risultare
neanche statisticamente rilevante. Il paese dove hanno trovato rifugio
in maggior numero è la Germania, dove sono in attesa di risposta 30.000
siriani. Nella sola Turchia trovano asilo circa 2 milioni di siriani, e
nel resto dei paesi limitrofi (Giordania, Libano, Iraq, Iran), circa
altri 2 milioni. Il totale dei siriani emigrati in Europa è oggi di
circa 250.000 persone. I richiedenti asilo nel complesso, invece, sono,
dal 1 gennaio al 30 giugno 2015, 171.000 in Germania e 25 mila in
Italia.
Più in generale, il numero degli immigrati giunti in Italia nel 2014 è
stato di 114.000 unità, mentre nel 2015, a fine agosto, è di 112.000
persone. Un leggero incremento, valutando la proiezione annuale, ma pur
sempre fisiologico e soprattutto che non rimpiazza neanche la
popolazione italiana, che conta 597 mila decessi l’anno in media. Visto
che i nati sono circa 500 mila, ogni anno la popolazione italiana perde
quasi 100 mila unità, rimpiazzate proprio dai circa 100 mila migranti
che decidono di rimanere nel nostro paese.
Questi i numeri (alcuni di essi rintracciabili qui e qui),
che descrivono una situazione alquanto diversa dall’invasione
raccontata dai media e cavalcata dalla politica. Ma come spiegare
politicamente l’inversione di tendenza tedesca di fronte al problema
migranti? Qui la questione si fa più delicata perché è ancora presto per
tentare spiegazioni articolate e fondate su dati di fatto
riscontrabili. Siamo ancora “dentro” gli eventi, eventi di portata tale
che per analizzarli servirebbe maggiore distacco. Nonostante ciò,
qualche riflessione si può comunque tentare. Da diversi anni la Germania
ha assunto per il continente europeo il ruolo che gli Stati Uniti hanno
svolto (e ancora svolgono), lungo tutto il corso del Novecento su scala
globale. Un territorio dalla crescita costante, bisognoso di mano
d’opera e in fase di spopolamento (o, nel caso statunitense,
notevolmente sotto-popolato). La Germania attira mano d’opera,
qualificata e no, svuotando le competenze dei paesi più o meno
limitrofi. La mano d’opera può essere sia qualificata (la “fuga dei
cervelli”), sia sotto-qualificata, sfruttata per mantenere basso il
costo del lavoro fungendo da strumento per la compressione dei salari.
Proprio nella struttura produttiva tedesca si possono individuare le
cause del suo assorbimento dei flussi migratori. Nonostante la costante
crescita economica, la popolazione lavoratrice tedesca rimane tra le più
povere dell’Europa “ricca”, con una domanda interna bloccata da un
decennio abbondante. L’economia tedesca fonda la propria struttura
sull’export, basato su un livello di produttività interna che riesce a
reggere i livelli dei paesi asiatici. Tutto questo è possibile solo
grazie ad una politica di compressione dei salari, politica possibile
grazie all’enorme quantità di migranti disposti a lavori sottopagati e/o
sottoqualificati. A differenza degli altri paesi simili (Francia,
Spagna, Italia, Inghilterra), in Germania c’è carenza di mano d’opera,
perché il suo livello di produttività impone una costante massa di
“sottosalariati” che mantengano basso il livello medio dei salari in
funzione del livello di produttività.
Questi i dati di fatto. Per comprendere meglio lo scenario politico
di questi ultimi giorni abbiamo chiesto a Vladimiro Giacchè, fra le
altre cose anche importante studioso delle questioni tedesche,
un’opinione in merito all’apparente cambio nella politica tedesca sui
migranti. Una riflessione importante, che contribuisce in maniera
decisiva alla comprensione del fenomeno migratorio e alle differenti
scelte politiche dei governi occidentali. Queste le sue parole.
V.G.: “Il cambiamento è evidente, siamo di fronte a un’inversione di
marcia rispetto a pochi mesi fa. Fino ad agosto la CDU ha di fatto
sostenuto, giustificato con affermazioni abbastanza ambigue e in altri
casi in maniera più esplicita, le proteste contro l’accoglimento dei
rifugiati, non di rado promosse da gruppi neonazisti. Segnalo che ad
agosto sia nei Lander orientali sia in zone molto ricche della
Germania, quali la Baviera e il Wurttemberg , si sono registrati diversi
episodi di assalti a ostelli di rifugiati. Questi avvenimenti sono
stati in larga parte ignorati dalla grande stampa tedesca, fatta
eccezione per i giornali di sinistra. Recentemente sull’onda
dell’indignazione per la famosa foto del bambino siriano morto su una
spiaggia, c’è stato un repentino cambiamento di posizione. Questo
mutamento ha motivazioni economiche e politiche. Una motivazione
economica è molto semplice, e stranamente non l’ho vista molto
considerata: la Germania è il paese più anziano del mondo. Si contende
questo primato con il Giappone, cioè ha un tasso demografico che non
consente la sostituzione della popolazione attuale.
Questo crea problemi di sostenibilità del bilancio pubblico e per il
sistema pensionistico in particolare. Di fatto l’immigrazione,
soprattutto di manodopera qualificata, come nel caso specifico, dove
gran parte dei rifugiati siriani hanno una scolarità media molto
elevata, è in realtà un beneficio economico per la Germania.
Questo è un punto assolutamente fondamentale per capire la questione.
Rispetto a questa considerazione è passato in secondo piano anche il
desiderio, che sino a poche settimane fa era molto chiaro, di
assecondare o non ostacolare le spinte interne xenofobe e paranaziste
presenti in parte dell’elettorato tedesco. Questa è la principale
motivazione economica.
C’è anche una motivazione politica, che sta nel recupero
dell’immagine della Germania, che usciva malissimo dalla vicenda greca,
in cui ha fatto la parte del cattivo in Europa. In larga parte
dell’opinione pubblica di molti paesi europei, per ragioni diverse, non è
ben vista. Questo è un punto molto importante della scelta politica che
sta al fondo del mutamento. C’è anche una demarcazione, sicuramente,
rispetto a Francia e Inghilterra, paesi che sono stati molto meno
disponibili e lo sono tuttora ad accogliere profughi e che sono tra i
principali responsabili di questi stessi profughi.
Per cui con questa mossa la Germania ha una vittoria diplomatica.
Detto questo, la mossa tedesca contiene una dose di ipocrisia molto
notevole che noi dovremmo mettere in rilievo, senza pensare a
improbabili conversioni della Germania oppure dimostrazioni che i
tedeschi non sono poi così cattivi, come vedo pensare nella nostra
sinistra. Perchè i tedeschi non sono nè cattivi nè buoni, hanno
semplicemente una classe dirigente che fa costantemente gli interessi
della grande finanza e della grande industria di quel paese, a scapito
di quelli dei lavoratori del paese.
Va anche detto che tra i responsabili della tragedia siriana e libica
la Germania ha sicuramente responsabilità minori di Francia e
Inghilterra, ma ha pesantissime responsabilità in quanto grande
esportatrice di armi verso tutti i paesi dell’area mediorientale, a
cominciare dall’Arabia Saudita verso le varie parti in conflitto. La
Germania ha ulteriori gravi responsabilità perchè è tra i promotori in
Europa del vergognoso embargo contro la Siria di Assad, nonchè dei
tentativi, almeno in parte riusciti di destabilizzazione di quel paese.
Ha responsabilità, in prima linea superiori ad altri, nella
destabilizzazione dell’Ucraina, ma anche per quanto riguarda il Medio
Oriente non è esente da colpe e coinvolgimenti. Di tutto questo nessuno
parla. Ma questa è l’origine dei rifugiati, che non sono più migranti,
ma rifugiati, gente che scappa dalle bombe dalla guerra.
In sostanza, l’Occidente ha distrutto un paese che è la Libia, sta
distruggendo un altro paese che è la Siria. I risultati sono questi.
Allora è importante farsi carico di questi risultati, ma come sa
chiunque abbia un minimo di impostazione materialistica, tu devi
impedire alla radice che questo avvenga e se questo avviene è per una
precisa e predominante responsabilità dei paesi occidentali e in
particolare di quei paesi che si raccolgono nella Nato.
Ripeto, dal punto di vista dei bombardamenti sulla Libia la Francia e
l’Inghilterra hanno avuto un ruolo centrale, con anche un parziale
contributo dell’Italia e non la Germania. Ma la Germania è nazione
fondamentale del patto atlantico, è l’architrave della Nato e poi è una
delle principali produttrici di armi nel mondo. Questo mi sembra un
punto non secondario che viene costantemente ignorato.
In sintesi il beneficio economico per la Germania è innegabile da
questa vicenda dell’accoglimento dei rifugiati. Da ciò ne consegue anche
una pressione sulla forza lavoro interna, perchè è evidente che questa
massa di rifugiati accetta condizioni di lavoro peggiori dei lavoratori
tedeschi e contribuisce a mantenere la vergogna, in cui in uno dei
paesi a maggiore produttività del lavoro, i salari sono fermi da
quindici anni. Questa dinamica tenderà ad abbassare il costo medio del
lavoro, anzi aiuta a comprimere quella tendenza a un recupero dei salari
che si era avvertita negli ultimi mesi.
Mentre è al momento è poco chiaro quanto la Germania sia intenzionata
a far si che questa manovra (l’accoglimento dei rifugiati) sia un
ulteriore contributo a destabilizzare Assad, cioè se uno dice: noi ci
prendiamo i rifugiati però bisogna a questo punto buttare giù il tiranno
oppure no!
Finora i tedeschi hanno sempre avuto una posizione più cauta dei francesi e degli inglesi.
Staremo a vedere.
giovedì 10 settembre 2015
La Germania kantiana, il nuovo spirito umanitario e altre boiate: cosa c’è dietro l’apertura tedesca ai migranti siriani. Con un’intervista a Vladimiro Giacchè.
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