giovedì 10 settembre 2015

La Germania kantiana, il nuovo spirito umanitario e altre boiate: cosa c’è dietro l’apertura tedesca ai migranti siriani. Con un’intervista a Vladimiro Giacchè.

da militant-blog


La questione migranti può essere affrontata nei modi più disparati, ma tutti a loro modo fruttuosi per la politica europeista. Lungi dal costituire un “problema”, i migranti sono lo strumento perfetto per aggregare consensi o dissensi, a seconda dei casi. Possono consolidare una leadership o, all’inverso, essere utilizzati per combattere la linea politica avversa. E’ la manna dal cielo per le difficoltà in cui spasima la politica continentale, l’elisir di lunga vita che consente ai governi (e ai media dipendenti) di spostare l’attenzione dai problemi reali a quelli indotti, mentre al tempo stesso alimenta il consenso delle opposizioni populiste e/o direttamente razziste. Oltretutto, da che mondo è mondo, i migranti fruttano anche e soprattutto economicamente. Insomma, se non ci fossero, bisognerebbe inventarli. In effetti, gli attuali flussi migratori sono stati proprio inventati, nel senso letterale del termine, con un ventennio di bombardamenti in giro per il medioriente, di regime change, di guerre umanitarie, di ingerenze esterne. Sono in tutto e per tutto il frutto avvelenato delle politiche occidentali nei diversi territori col tempo trasformati in failed states.
Nel giro di qualche giorno, la Germania si è trasformata da “Stato canaglia”, inviso agli spiriti umanitari in sofferenza per la Grecia, a Stato illuminato, progressista, in linea con l’umanitarismo cattolico e la solidarietà internazionale. Un capitale di consenso veicolato dalle più bizzarre interpretazioni mediatiche, che descrivono in questi giorni la Germania come faro della civiltà europea. Comprendere perché la Germania abbia apparentemente aperto il suo territorio ai migranti, capire perché solo essa abbia attuato tale cambio di passo e non invece altri paesi, e perché solo per alcuni migranti e altri no, costituisce il problema che dovremmo affrontare in qualche modo. Già oggi, infatti, ci troviamo impreparati al consenso indotto verso il modello tedesco. Se l’unico punto di vista alternativo al “modello Salvini”, cioè al razzismo xenofobo, è quello cristiano benissimo rappresentato da Papa Francesco, è chiaro che le attuali scelte politiche tedesche, riprendendo il modello dell’accoglienza cristiana, risultino convincenti anche per le sinistre radicali. Ci troviamo stretti tra due narrazioni velenose: o immaginiamo uno scarto intellettuale capace di costruire un punto di vista alternativo, o la partita rimarrà giocata tra la reazione piccolo borghese e il pietismo cristiano. Ecco perché è importante capire cosa c’è dietro la svolta tedesca.
Partiamo anzitutto dai numeri. Dal 1 gennaio al 31 agosto, i profughi siriani che hanno chiesto asilo in Italia sono 155 (centocinquantacinque). Il numero è talmente basso da non risultare neanche statisticamente rilevante. Il paese dove hanno trovato rifugio in maggior numero è la Germania, dove sono in attesa di risposta 30.000 siriani. Nella sola Turchia trovano asilo circa 2 milioni di siriani, e nel resto dei paesi limitrofi (Giordania, Libano, Iraq, Iran), circa altri 2 milioni. Il totale dei siriani emigrati in Europa è oggi di circa 250.000 persone. I richiedenti asilo nel complesso, invece, sono, dal 1 gennaio al 30 giugno 2015, 171.000 in Germania e 25 mila in Italia.
Più in generale, il numero degli immigrati giunti in Italia nel 2014 è stato di 114.000 unità, mentre nel 2015, a fine agosto, è di 112.000 persone. Un leggero incremento, valutando la proiezione annuale, ma pur sempre fisiologico e soprattutto che non rimpiazza neanche la popolazione italiana, che conta 597 mila decessi l’anno in media. Visto che i nati sono circa 500 mila, ogni anno la popolazione italiana perde quasi 100 mila unità, rimpiazzate proprio dai circa 100 mila migranti che decidono di rimanere nel nostro paese.
Questi i numeri (alcuni di essi rintracciabili qui e qui), che descrivono una situazione alquanto diversa dall’invasione raccontata dai media e cavalcata dalla politica. Ma come spiegare politicamente l’inversione di tendenza tedesca di fronte al problema migranti? Qui la questione si fa più delicata perché è ancora presto per tentare spiegazioni articolate e fondate su dati di fatto riscontrabili. Siamo ancora “dentro” gli eventi, eventi di portata tale che per analizzarli servirebbe maggiore distacco. Nonostante ciò, qualche riflessione si può comunque tentare. Da diversi anni la Germania ha assunto per il continente europeo il ruolo che gli Stati Uniti hanno svolto (e ancora svolgono), lungo tutto il corso del Novecento su scala globale. Un territorio dalla crescita costante, bisognoso di mano d’opera e in fase di spopolamento (o, nel caso statunitense, notevolmente sotto-popolato). La Germania attira mano d’opera, qualificata e no, svuotando le competenze dei paesi più o meno limitrofi. La mano d’opera può essere sia qualificata (la “fuga dei cervelli”), sia sotto-qualificata, sfruttata per mantenere basso il costo del lavoro fungendo da strumento per la compressione dei salari. Proprio nella struttura produttiva tedesca si possono individuare le cause del suo assorbimento dei flussi migratori. Nonostante la costante crescita economica, la popolazione lavoratrice tedesca rimane tra le più povere dell’Europa “ricca”, con una domanda interna bloccata da un decennio abbondante. L’economia tedesca fonda la propria struttura sull’export, basato su un livello di produttività interna che riesce a reggere i livelli dei paesi asiatici. Tutto questo è possibile solo grazie ad una politica di compressione dei salari, politica possibile grazie all’enorme quantità di migranti disposti a lavori sottopagati e/o sottoqualificati. A differenza degli altri paesi simili (Francia, Spagna, Italia, Inghilterra), in Germania c’è carenza di mano d’opera, perché il suo livello di produttività impone una costante massa di “sottosalariati” che mantengano basso il livello medio dei salari in funzione del livello di produttività.
Questi i dati di fatto. Per comprendere meglio lo scenario politico di questi ultimi giorni abbiamo chiesto a Vladimiro Giacchè, fra le altre cose anche importante studioso delle questioni tedesche, un’opinione in merito all’apparente cambio nella politica tedesca sui migranti. Una riflessione importante, che contribuisce in maniera decisiva alla comprensione del fenomeno migratorio e alle differenti scelte politiche dei governi occidentali. Queste le sue parole.

V.G.: “Il cambiamento è evidente, siamo di fronte a un’inversione di marcia rispetto a pochi mesi fa. Fino ad agosto la CDU ha di fatto sostenuto, giustificato con affermazioni abbastanza ambigue e in altri casi in maniera più esplicita, le proteste contro l’accoglimento dei rifugiati, non di rado promosse da gruppi neonazisti. Segnalo che ad agosto  sia nei Lander orientali sia in zone molto ricche della Germania, quali la Baviera e il Wurttemberg , si sono registrati diversi episodi di assalti a ostelli di rifugiati. Questi avvenimenti sono stati in larga parte ignorati dalla grande stampa tedesca, fatta eccezione per i giornali di sinistra.  Recentemente sull’onda dell’indignazione per la famosa foto del bambino siriano morto su una spiaggia, c’è stato un repentino cambiamento di posizione. Questo mutamento ha motivazioni economiche e politiche. Una motivazione economica è molto semplice, e stranamente non l’ho vista molto considerata: la Germania è il paese più anziano del mondo. Si contende questo primato con il Giappone, cioè ha un tasso demografico che non consente la sostituzione della popolazione attuale.
Questo crea problemi di sostenibilità del bilancio pubblico e per il sistema pensionistico in particolare. Di fatto l’immigrazione, soprattutto di manodopera qualificata, come nel caso specifico, dove gran parte dei rifugiati siriani hanno una scolarità media molto elevata, è in realtà un beneficio economico per la Germania.
Questo è un punto assolutamente fondamentale per capire la questione. Rispetto a questa considerazione è passato in secondo piano anche il desiderio, che sino a poche settimane fa era molto chiaro, di assecondare o non ostacolare le spinte interne xenofobe e paranaziste presenti in parte dell’elettorato tedesco. Questa è la principale motivazione economica.
C’è anche una motivazione politica, che sta nel recupero dell’immagine della Germania, che usciva malissimo dalla vicenda greca, in cui ha fatto la parte del cattivo in Europa. In larga parte dell’opinione pubblica di molti paesi europei, per ragioni diverse, non è ben vista. Questo è un punto molto importante della scelta politica che sta al fondo del mutamento. C’è anche una demarcazione, sicuramente, rispetto a Francia e Inghilterra, paesi che sono stati molto meno disponibili e lo sono tuttora ad accogliere profughi e che sono tra i principali responsabili di questi stessi profughi.
Per cui con questa mossa la Germania  ha una vittoria diplomatica. Detto questo,  la mossa tedesca contiene una dose di ipocrisia molto notevole che noi dovremmo mettere in rilievo, senza pensare a improbabili conversioni della Germania oppure dimostrazioni che i tedeschi non sono poi così cattivi, come vedo pensare nella nostra sinistra. Perchè i tedeschi non sono nè cattivi nè buoni, hanno semplicemente una classe dirigente che fa costantemente gli interessi della grande finanza e della grande industria di quel paese, a scapito di quelli dei lavoratori del paese.
Va anche detto che tra i responsabili della tragedia siriana e libica la Germania ha sicuramente responsabilità minori di Francia e Inghilterra, ma ha pesantissime responsabilità in quanto grande esportatrice di armi verso tutti i paesi dell’area mediorientale, a cominciare dall’Arabia Saudita verso le varie parti in conflitto. La Germania ha ulteriori gravi responsabilità perchè è tra i promotori in Europa del vergognoso embargo contro la Siria di Assad, nonchè dei tentativi, almeno in parte riusciti di destabilizzazione di quel paese.
Ha responsabilità, in prima linea superiori ad altri, nella destabilizzazione dell’Ucraina, ma anche per quanto riguarda il Medio Oriente non è esente da colpe e coinvolgimenti. Di tutto questo nessuno parla. Ma questa è l’origine dei rifugiati, che non sono più migranti, ma rifugiati, gente che scappa dalle bombe dalla guerra.
In sostanza, l’Occidente ha distrutto un paese che è la Libia, sta distruggendo un altro paese che è la Siria. I risultati sono questi.
Allora è importante farsi carico di questi  risultati, ma come sa chiunque abbia un minimo di impostazione materialistica, tu devi impedire alla radice che questo avvenga e se questo avviene è per una precisa e predominante responsabilità dei paesi occidentali e in particolare di quei paesi che si raccolgono nella Nato.
Ripeto, dal punto di vista dei bombardamenti sulla Libia la Francia e l’Inghilterra hanno avuto un ruolo centrale, con anche un parziale contributo dell’Italia e non la Germania. Ma la Germania è nazione fondamentale del patto atlantico, è l’architrave della Nato e poi  è una delle principali produttrici di armi nel mondo. Questo mi sembra un punto non secondario che viene costantemente ignorato.
In sintesi il beneficio economico per la Germania  è innegabile da questa vicenda dell’accoglimento dei rifugiati. Da ciò ne consegue anche una pressione sulla forza lavoro interna, perchè è evidente che questa massa di rifugiati accetta condizioni di lavoro peggiori dei lavoratori tedeschi e contribuisce a mantenere  la vergogna, in cui in uno dei paesi a maggiore produttività del lavoro, i salari sono fermi da quindici anni. Questa dinamica tenderà ad abbassare il costo medio del lavoro, anzi aiuta a comprimere quella tendenza a un recupero dei salari che si era avvertita negli ultimi mesi.
Mentre è al momento è poco chiaro quanto la Germania sia intenzionata a far si  che questa manovra (l’accoglimento dei rifugiati) sia un ulteriore contributo a destabilizzare Assad, cioè se uno dice: noi ci prendiamo i rifugiati però bisogna a questo punto buttare giù il tiranno oppure no!
Finora i tedeschi hanno sempre avuto una posizione più cauta dei francesi e degli inglesi.
Staremo a vedere.

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