dal blog di Beppe Grillo
Ci sarà un motivo se i boscimani e gli irochesi
lavoravano per nutrirsi un'ora al giorno e oggi dobbiamo lavorare per
8/10 ore al giorno per 40 anni, fino alla soglia della morte, per
sopravvivere. Il lavoro ci divora. Cos'è cambiato in peggio da allora? Qual è il significato della parola "lavoro"?
A cosa serve l'aumento del lavoro? A consumare la propria esistenza in
una miniera o in un ufficio 2x2 fino alla consunzione, spegnendosi come
delle candele? All'acquisto di beni inutili per far crescere il Pil?
Ad accumulare ricchezze materiali che non ci seguiranno nell'aldilà? A
pagare le tasse a uno Stato ipertrofico? Quando è iniziata questa follia che ormai non riusciamo più a vedere, che ci ha trasportati in un "altrove"
cognitivo che scambiamo per l'unico mondo possibile? Il tempo, la
felicità, la crescita interiore sembrano scomparsi. Al loro posto ci
sono solo il lavoro e il suo opposto: "la mancanza di lavoro", la disoccupazione, temibile come e più della schiavitù quotidiana a cui siamo soggetti.
"Gli imprenditori europei furono i primi a svolgere i loro affari senza che qualche "ufficio del saccheggio interno"
cercasse di ridimensionarli. Essi potevano accumulare ricchezze senza
preoccuparsi di dividerle. Gli imprenditori accumulavano ricchezze
spingendo i loro seguaci, chiamati ora dipendenti, a lavorare più sodo.
Grazie al possesso di capitali, potevano comprare aiuto e noleggiare
mani (oltre a schiene, spalle, piedi e cervelli). L'imprenditore non era
obbligato a promettere di consumare tutto alla prossima festa del
villaggio e poteva facilmente disattendere le richieste di una più ampia
partecipazione al prodotto. Inoltre, la forza-lavoro, manuale o
intellettuale, aveva ben poca scelta. Privi di accesso alle terre e alle
macchine, non potevano lavorare in nessun modo se non accettavano la
legittimità delle pretese dell'imprenditore. Essi assistevano
l'imprenditore semplicemente per evitar di morire di fame.
L'imprenditore era finalmente libero di considerare l'accumulazione di
capitale come un obbligo superiore a quello della redistribuzione della
ricchezza e del benessere. Il capitalismo è un sistema che tende a un
aumento illimitato della produzione in vista di un illimitato
accrescimento dei profitti. Ma la produzione non può crescere in modo
illimitato. Liberi dalle restrizioni di despoti e di poveri, gli
imprenditori capitalisti debbono comunque fare i conti con le
restrizioni imposte dalla natura. La redditività della produzione non
può estendersi indefinitamente. Ogni aumento della quantità di suolo,
acqua, minerali o piante impiegati in un particolare processo produttivo
per unità di tempo costituisce un'intensificazione che porta a una
diminuzione del rendimento. E questo diminuito rendimento ha effetti
negativi sullo standard di vita medio ... secondo la legge della domanda
e dell'offerta, la scarsità porta a prezzi più elevati che tendono a
ridurre il consumo pro capite." Marvin Harris, antropologo, autore di "Cannibali e re"
lunedì 28 gennaio 2013
Il lavoro cannibale
Etichette:
Beppe Grillo,
capitalismo,
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