di Tonino D'Orazio
Ci risiamo, si ricomincia
con i “terroristi” da massacrare a casa loro. Il Mali, area sub
sahariana. I Touareg e le altre popolazioni nomade dell’area non
hanno mai accettato le frontiere geometriche a grandi linee imposte
dai colonialisti francesi e dagli inglesi per il resto dell’Africa.
La guerra di religione,
utile alla sottrazione del petrolio alle popolazioni indigene,
continua tramite l’assalto all’islam. Ormai esiste una autostrada
di questa guerra che va dal Pakistan al Sahel, passando per l’Irak
e la Somalia. Su questa autostrada circolano combattenti, idee,
tecniche di guerra e armi per tutti quelli che vogliono lottare
contro “i nuovi crociati”. Si rafforzano culturalmente proprio
gli elementi che alla rinfusa ci fanno considerare tutti
“terroristi” di Al-Qaida, mentre man mano perdiamo tutte le
guerre.
Gli islamisti, spesso
quelli più intransigenti, si sono fortemente rafforzati. In Pakistan
sono al governo. In Afganistan dove la partenza delle democratiche
truppe occidentali, in zona da più di 12 anni, porterà il ritorno
dei “talebani” (termine nostro. Contro l’occupazione sovietica
si chiamavano “mudjaidin del popolo”). Per non dire che i
talebani che hanno vinto li chiameranno “pastun”. Missione
compiuta?
Poi c’è l’Irak, dove
regna la migliore democrazia del mondo dopo quella americana
s’intende. Però ci sono voluti due milioni di morti, un paese
completamente distrutto, un governo fantoccio nascosto nei bunker,
una situazione di povertà da periodo di guerra e dopo-guerra senza
ricostruzione. Anche qui, 12 anni. Difficile andare via senza
garantirsi, anche militarmente, i pozzi di petrolio. Mai gli
islamisti schiiti sono così vicino al consenso popolare. Prima non
c’erano.
Su questa autostrada c’è
un primo intoppo difficile da digerire, l’Iran (che speriamo si
doti presto della dissuasiva bomba atomica, come i suoi vicini) e un
altro che forse presto verrà rimosso, la Siria. Nel primo, islamisti
di ferro, nel secondo sono messi in difficoltà dalla sovversione
occidentale i sunniti, islamisti moderati e crescono gli schiiti.
A fianco c’è il
Libano, in guerra civile latente, a volte attiva a volte sotterranea,
da 40 anni. Vi sono cristiani maroniti, musulmani sunniti e schiiti.
Paese dove si scontrano anche influenze occidentali come quella
francese (seconda lingua del paese) e quella onnipresente
anglo-americana. Da un po’ anche turca.
Poi c’è Gaza. Qui la
guerra di religione ha caratteristiche assolutamente naziste.
Espansione della propria razza e religione e eliminazione degli
occupanti. Come mai si rafforza sempre di più Hamas?
Qualcuno ricorda la
Somalia? Con molti cristiani (retaggio coloniale italo-vaticano) in
diminuzione e con islamisti (“signori della guerra”) agguerriti
(magari con armi italiane. Ilaria Alpi?) e padroni di parte del paese
e di varie città. Lì mi sembra che siamo fuggiti insieme agli
americani. La storia è in atto.
Tralascio tutta la parte
della penisola arabica e dei vari paesi insiti. Tutti islamici, ma
per fortuna senza parlamenti e nostri carissimi amici. Il velo e il
burqa regnano sovrani. Sono islamici non pericolosi.
L’Egitto. Qui comincia
il nuovo. Era uno stato abbastanza laico. Non parlo del governo
caduto e del dittatore. Non stupisce nessuno che tutti questi paesi
islamici, in un modo o in un altro sono gestiti da dittatori, da re o
da emiri? Quelli amici sono buoni, quelli recalcitranti sono cattivi,
quindi terroristici, quindi di Al-Qaida, quindi eliminabili, anche
fisicamente. La vittoria democratica dei fratelli musulmani, eroica
resistenza alla dittatura, modifica la costituzione rivoluzionaria e
riporta il paese nelle mani degli islamisti intransigenti. Di quale
primavera si trattava? Cosa volevano ottenere i servizi segreti
anglo-americani dalla partenza di Mubarak fomentando le piazze da
mesi?
Vale la pena parlare
della Libia? È ancora un paese interessante? Hanno vinto le tre più
grandi tribù islamiche che si stanno dividendo il paese bombardato.
A noi cosa importa? Noi italiani abbiamo addirittura salvato una
piccola percentuale di petrolio con così poco impegno.
La primavera tunisina.
Ancora in atto e senza sbocca da più di un anno. Anche lì si sono
ricompattati i Fratelli musulmani. E’ un paese democraticamente nel
caos, situazione delle migliori per lo sviluppo delle religioni
radicali.
A fianco c’è
l’Algeria, un “protettorato” economico francese. La rivolta non
è mai sopita da anni e resistenze religiose e politiche continuano
massacri indicibili. Un po’ di più nelle aree sahariane.
Il Marocco è tranquillo,
se non fosse per una sua sotterranea guerra al popolo Sawali. Popolo
che ritiene il Sahara più occidentale la propria patria
storico-etnica. La religione musulmana e il re regnano sovrani. C’è
stato un piccolo accenno ad aperture politico-sociali per
eventualmente calmare le acque delle primavere nord africane. Nulla
di più.
A sud di questi paesi ci
sono i nomadi, in gran parte Touareg che ritengono il Sahara intero
la loro patria e sono quindi trasversali e senza frontiere. Sono
musulmani della prima ora nella storia e non hanno mai accettato le
occupazioni.
Tralascio la guerra dei
Balcani, la situazione nigeriana e del centro africa. Non sono solo
scontri economici. Troppo facile.
Qual è la sintesi di
questa riflessione, se non il concetto che, paradossalmente, tutte le
guerre e le spedizioni militari che l’occidente ha prodotto contro
il “terrorismo”, in tutti i paesi islamici, hanno rafforzato
semplicemente le organizzazioni che volevano distruggere. E sono
sempre dovuti scappare, certo tentando di “salvare la faccia”.
Tutto quello che ci hanno raccontato, stabilizzare la situazione, la
democratizzazione erano false e tali si sono rivelate. Anzi possiamo
notare che tutte queste spedizioni coloniali ci hanno portati ad una
maggiore insicurezza, a più controlli, più sorveglianza e perciò a
meno libertà fondamentali.
Vale anche per la guerra
in Mali e la prossima che verrà. Tanto noi siamo sempre meglio
equipaggiati e in buona compagnia.
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