venerdì 18 gennaio 2013

La stupida guerra

di Tonino D'Orazio

Ci risiamo, si ricomincia con i “terroristi” da massacrare a casa loro. Il Mali, area sub sahariana. I Touareg e le altre popolazioni nomade dell’area non hanno mai accettato le frontiere geometriche a grandi linee imposte dai colonialisti francesi e dagli inglesi per il resto dell’Africa.
La guerra di religione, utile alla sottrazione del petrolio alle popolazioni indigene, continua tramite l’assalto all’islam. Ormai esiste una autostrada di questa guerra che va dal Pakistan al Sahel, passando per l’Irak e la Somalia. Su questa autostrada circolano combattenti, idee, tecniche di guerra e armi per tutti quelli che vogliono lottare contro “i nuovi crociati”. Si rafforzano culturalmente proprio gli elementi che alla rinfusa ci fanno considerare tutti “terroristi” di Al-Qaida, mentre man mano perdiamo tutte le guerre.
Gli islamisti, spesso quelli più intransigenti, si sono fortemente rafforzati. In Pakistan sono al governo. In Afganistan dove la partenza delle democratiche truppe occidentali, in zona da più di 12 anni, porterà il ritorno dei “talebani” (termine nostro. Contro l’occupazione sovietica si chiamavano “mudjaidin del popolo”). Per non dire che i talebani che hanno vinto li chiameranno “pastun”. Missione compiuta?
Poi c’è l’Irak, dove regna la migliore democrazia del mondo dopo quella americana s’intende. Però ci sono voluti due milioni di morti, un paese completamente distrutto, un governo fantoccio nascosto nei bunker, una situazione di povertà da periodo di guerra e dopo-guerra senza ricostruzione. Anche qui, 12 anni. Difficile andare via senza garantirsi, anche militarmente, i pozzi di petrolio. Mai gli islamisti schiiti sono così vicino al consenso popolare. Prima non c’erano.
Su questa autostrada c’è un primo intoppo difficile da digerire, l’Iran (che speriamo si doti presto della dissuasiva bomba atomica, come i suoi vicini) e un altro che forse presto verrà rimosso, la Siria. Nel primo, islamisti di ferro, nel secondo sono messi in difficoltà dalla sovversione occidentale i sunniti, islamisti moderati e crescono gli schiiti.
A fianco c’è il Libano, in guerra civile latente, a volte attiva a volte sotterranea, da 40 anni. Vi sono cristiani maroniti, musulmani sunniti e schiiti. Paese dove si scontrano anche influenze occidentali come quella francese (seconda lingua del paese) e quella onnipresente anglo-americana. Da un po’ anche turca.
Poi c’è Gaza. Qui la guerra di religione ha caratteristiche assolutamente naziste. Espansione della propria razza e religione e eliminazione degli occupanti. Come mai si rafforza sempre di più Hamas?
Qualcuno ricorda la Somalia? Con molti cristiani (retaggio coloniale italo-vaticano) in diminuzione e con islamisti (“signori della guerra”) agguerriti (magari con armi italiane. Ilaria Alpi?) e padroni di parte del paese e di varie città. Lì mi sembra che siamo fuggiti insieme agli americani. La storia è in atto.
Tralascio tutta la parte della penisola arabica e dei vari paesi insiti. Tutti islamici, ma per fortuna senza parlamenti e nostri carissimi amici. Il velo e il burqa regnano sovrani. Sono islamici non pericolosi.
L’Egitto. Qui comincia il nuovo. Era uno stato abbastanza laico. Non parlo del governo caduto e del dittatore. Non stupisce nessuno che tutti questi paesi islamici, in un modo o in un altro sono gestiti da dittatori, da re o da emiri? Quelli amici sono buoni, quelli recalcitranti sono cattivi, quindi terroristici, quindi di Al-Qaida, quindi eliminabili, anche fisicamente. La vittoria democratica dei fratelli musulmani, eroica resistenza alla dittatura, modifica la costituzione rivoluzionaria e riporta il paese nelle mani degli islamisti intransigenti. Di quale primavera si trattava? Cosa volevano ottenere i servizi segreti anglo-americani dalla partenza di Mubarak fomentando le piazze da mesi?
Vale la pena parlare della Libia? È ancora un paese interessante? Hanno vinto le tre più grandi tribù islamiche che si stanno dividendo il paese bombardato. A noi cosa importa? Noi italiani abbiamo addirittura salvato una piccola percentuale di petrolio con così poco impegno.
La primavera tunisina. Ancora in atto e senza sbocca da più di un anno. Anche lì si sono ricompattati i Fratelli musulmani. E’ un paese democraticamente nel caos, situazione delle migliori per lo sviluppo delle religioni radicali.
A fianco c’è l’Algeria, un “protettorato” economico francese. La rivolta non è mai sopita da anni e resistenze religiose e politiche continuano massacri indicibili. Un po’ di più nelle aree sahariane.
Il Marocco è tranquillo, se non fosse per una sua sotterranea guerra al popolo Sawali. Popolo che ritiene il Sahara più occidentale la propria patria storico-etnica. La religione musulmana e il re regnano sovrani. C’è stato un piccolo accenno ad aperture politico-sociali per eventualmente calmare le acque delle primavere nord africane. Nulla di più.
A sud di questi paesi ci sono i nomadi, in gran parte Touareg che ritengono il Sahara intero la loro patria e sono quindi trasversali e senza frontiere. Sono musulmani della prima ora nella storia e non hanno mai accettato le occupazioni.
Tralascio la guerra dei Balcani, la situazione nigeriana e del centro africa. Non sono solo scontri economici. Troppo facile.
Qual è la sintesi di questa riflessione, se non il concetto che, paradossalmente, tutte le guerre e le spedizioni militari che l’occidente ha prodotto contro il “terrorismo”, in tutti i paesi islamici, hanno rafforzato semplicemente le organizzazioni che volevano distruggere. E sono sempre dovuti scappare, certo tentando di “salvare la faccia”. Tutto quello che ci hanno raccontato, stabilizzare la situazione, la democratizzazione erano false e tali si sono rivelate. Anzi possiamo notare che tutte queste spedizioni coloniali ci hanno portati ad una maggiore insicurezza, a più controlli, più sorveglianza e perciò a meno libertà fondamentali.
Vale anche per la guerra in Mali e la prossima che verrà. Tanto noi siamo sempre meglio equipaggiati e in buona compagnia.

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