Se
i movimenti desiderano davvero migliorare la qualità del cibo,
dovrebbero seguire la pista dei soldi piuttosto che perdere tempo con
le etichettature
di
Frederick Kaufman (da Slate)
traduzione
di Domenico D'Amico
Traduciamo
questo pezzo da Slate non perché contenga informazioni inedite (la
storia del seme suicida della Monsanto, del pesticida Roundup e delle
demenziali cause legali ad essi legate è fin troppo conosciuta) ma
perché costituisce un ulteriore chiarimento di un elemento
paradossale presente all'interno dei movimenti (definiamoli così per
brevità) antiliberisti, un elemento che noi non ci stancheremo mai
di stigmatizzare. Si tratta di una congerie di tratti culturali che
appartengono (per lo più) al deprimete legato della paranoia
statunitense derivata dalla fusione di un certo fondamentalismo
religioso con un certo libertarismo anarcoide, tratti culturali che
si possono riassumere con le idee esposte dal personaggio del
Generale Ripper nel film Il
Dottor Stranamore. Questo guazzabuglio di fuffa
(fluorizzazione delle acque, scie chimiche, anti-vaccinismo,
negazionismo dell'HIV eccetera eccetera) fa massa con le pseudo
teorie dell'estrema destra liberista janqui (gold standard,
signoraggio, congiura della Fed, sovereign citizens, lager della FEMA
eccetera eccetera), inquinando alcune frange del movimento
anti-imperialista, generando il profilo paradossale e autolesionista
di un movimento “di sinistra” che si ritrova a diffondere le idee
della peggiore e più reazionaria cultura statunitense... Se fossimo
cospirazionisti ci verrebbe il sospetto che i vari propalatori di
teorie sul signoraggio, scie chimiche e compagnia debbano per forza
di cose essere sul libro paga dei fratelli Koch.
Ma
del resto tutto è possibile.
Ho
trascorso la maggior parte degli ultimi anni all'interno di
laboratori ad accesso riservato che facevano ricerche sugli OGM.
Durante le ricerche per il mio ultimo libro, ho scrutato l'uva che
brilla nel buio (i suoi semi corretti con geni di medusa), assistito
al tentativo di realizzare pomodori cubici (una sequenza di DNA
potrebbe determinare la forma di qualsiasi frutto), e ammirato piante
di riso progettate per essere immuni alle più fatali malattie
dell'Asia. Nessuna di queste leccornie OGM è commercialmente
disponibile – non ancora. Ma anche se nessuno di questi prodotti di
laboratorio riuscisse a raggiungere gli scaffali, il 70% dei cibi
lavorati presenti nei supermercati statunitensi contiene già
ingredienti geneticamente modificati.
Dovremmo
preoccuparci della salubrità di questo cibo? È la domanda che ha
monopolizzato una buona percentuale delle recenti polemiche
sviluppatesi a ridosso del voto californiano sulla Proposition 37 del
mese scorso, che avrebbe potuto imporre l'etichettatura dei cibi
contenenti OGM.
Ma
è la domanda sbagliata.
Ecco
perché: non c'è certezza sull'effetto dei cibi OGM sulla salute
umana, ma il loro effetto sui coltivatori, gli scienziati e i mercati
sono lampanti. Un cibo geneticamente modificato potrebbe essere
dannoso, un altro no; ogni manipolazione genetica è diversa. Ma ogni
cibo geneticamente modificato diventa pericoloso – non per la
salute ma per la società – nel momento in cui è possibile
brevettarlo. In questo momento la spinta maggiore dietro lo sviluppo
di raccolti OGM è costituita dalla possibilità di ricavarne enormi
profitti, e l'origine di questi profitti potenziali sta tutta in una
frasetta legale apparentemente inoffensiva:
“Chiunque inventi o scopra qualsiasi nuovo e fruttuoso procedimento, macchinario, metodo di fabbricazione, composizione materiale, o qualunque miglioramento nuovo e proficuo dei predetti, può ottenerne il brevetto.”
Questo
è il succo della prima legge americana sui brevetti (all'inizio al
posto del termine procedimento c'era la parola arte) –
ed è la ragione che spinge i biologi molecolari a infilare geni di
medusa nell'uva e a passare notti insonni all'inseguimento del
pomodoro quadrato. In origine la legge sui brevetti si applicava solo
a invenzioni non commestibili, ma a partire dall'approvazione del
Plant Patent Act del 1930, il cibo manipolato geneticamente è
diventato oggetto di protezione della proprietà intellettuale, e la
creazione di nuovi alimenti è divenuta un modo sicuro di assicurarsi
fonti di profitto per chiunque li brevetti per primo. Nel 1930 un
cibo geneticamente modificato poteva essere una mela innestata da un
albero all'altro, ma quarant'anni dopo la norma venne estesa dalle
piante originate da innesto alle piante cresciute da sementi, ad
esempio il frumento. La protezione per le “Utility patent” [1]
arrivò in seguito, nel 1985, ed estese i diritti di proprietà
intellettuale ai metodi di progettazione delle piante, incluse le
sequenze genetiche inserite nel genoma di una specie.
L'impatto
di queste leggi è stato enorme. Essenzialmente sono state quelle
leggi a creare il sistema di industria alimentare che i movimenti di
base giustamente stigmatizzano.
La
Monsanto, la più vituperata delle corporation in campo
agroalimentare, è autrice di numerosissime malefatte che i canali
impegnati politicamente hanno ampiamente denunciato. Quello che non è
stato ampiamente comunicato è che sono i brevetti sui vegetali a
costituire il quadro legale che consente quelle malefatte. È stata
la protezione dei brevetti di utilità ad aprire la strada alla
panoplia globale di semi e pesticidi della Monsanto di oggi, inclusa
la famigerata tecnologia dei semi “terminator” (o “suicidi”)
che di fatto sterilizzano le piante di seconda generazione e rendono
non solo inutile ma illegale, da parte dei coltivatori, mettere da
parte i semi per la semina dell'anno seguente). La Monsanto ha fatto
causa ai contadini che si ritrovavano frumento o soia transgenici nei
loro campi, piante generate dai semi portati dal vento provenienti da
campi vicini coltivati a OGM. Qual era la base per simili ridicole
cause? I brevetti sui vegetali. Questi coltivatori stanno
involontariamente violando i diritti di proprietà intellettuale
della Monsanto. Peggio ancora, la Monsanto ha avuto la perfida idea
di sviluppare un tipo di pesticida (nello specifico, un diserbante
chiamato “Roundup”, scoperto e brevettato da un chimico della
Monsanto nel 1970) che opera al meglio quando utilizzato coi semi
brevettati dalla corporation. Le leggi sui brevetti, in pratica,
hanno permesso alla corporation l'istituzione di un monopolio
verticale – se vuoi le sementi ad alto rendimento Roundup Ready
avrai bisogno dell'insetticida Roundup della Monsanto; e se compri
l'insetticida Roundup avrai bisogno delle sementi Roundup Ready (dato
che le aziende agricole di grandi dimensioni desiderano il maggior
rendimento possibile, tendono ad abbozzare e a comprare tutt'e due i
prodotti).
L'effetto
complessivo di queste azioni sul sistema mondiale dell'alimentazione
è stato straordinariamente negativo.
Considerate
il caso della dott.sa Pamela Ronald, professoressa di Genomica
Vegetale presso la UC-Davis. Come per molti altri scienziati, la
motivazione principale della dott.sa Ronald non è il profitto, ma la
comprensione dei meccanismi naturali. Dopo aver lavorato per un
decennio alla decodifica del genoma del riso, Ronald e il suo team
realizzarono un'alterazione genetica che resisteva allo Xanthonomas,
una delle peggiori patologie del riso in Asia. Potrebbe esserci una
migliore, più socialmente utile applicazione delle manipolazioni
genetiche di questa? Ronald e la UC-Davis registrarono il gene presso
l'ufficio brevetti statunitense, in modo da ottenere la proprietà
intellettuale della sequenza dell'immunità allo Xanthomonas, e quasi
subito la Monsanto e la Pioneer [2] chiesero l'autorizzazione all'uso
del gene.
Ma
mentre l'Office of Technology Transfer della UC-Davis lavorava ai
termini dell'accordo, la Monsanto e la Pioneer persero interesse alla
questione, e le prospettive commerciali del riso di Ronald giunsero a
un'impasse. A quanto pare la resistenza a una patologia non era
attraente per le multinazionali dell'alimentazione quanto invece lo
era per la dott.sa Ronald e la UC-Davis, forse perché i potenziali
profitti derivati da un riso che resiste alla ruggine non potevano
rivaleggiare con quelli derivati dal frumento Roundup Ready. Il riso
di Pamela Ronald prometteva di salvare vite in Asia, ma le lungaggini
legali lo relegarono nella sua serra.
Alla
fine, la dott.sa Ronald ha contestato il suo stesso brevetto,
rendendo le informazioni genetiche da lei scoperte disponibili
gratuitamente per i paesi in via di sviluppo. L'atteggiamento di
Ronald nei confronti della legislazione riguardante la genetica in
agricoltura non è insolito tra gli scienziati. Parecchi dei biologi
molecolari che ho intervistato negli ultimi anni mi hanno detto che
le leggi sui brevetti intralciano il loro lavoro di ricerca, nel
momento in cui l'innovazione molecolare diviene proprietà
intellettuale della compagnia o università proprietarie del
laboratorio che ha effettuato la scoperta. Il diritto alla proprietà
della propria scoperta sembrerebbe una bella cosa – tranne che per
il fatto che la conseguenza è il blocco della collaborazione
scientifica su larga scala, spesso fondamentale per il progresso
della ricerca. Di fatto, l'interesse degli scienziati per una
circolazione delle idee più libera potrebbe essere un'alleata nella
lotta dei movimenti contro la Monsanto e i colossi
dell'agroalimentare, nella lotta per una riforma dei brevetti
vegetali – se i movimenti smettessero per un momento di
concentrarsi sulla questione delle etichettature e guardassero al
quadro più ampio.
Le
normative sulla proprietà intellettuale devono essere ripensate. Un
film o un libro coperti da copyright restano comunque lo stesso film
e lo stesso libro, ma quando il cibo diventa un concetto legale o una
proprietà intellettuale, cessa di essere cibo. Naturalmente si può
consumare un popcorn brevettato allo stesso modo di un suo cugino che
non lo sia. Ma a differenza di un iPhone o di un tv a schermo piatto,
del cibo ne hanno bisogno tutti, e ne hanno bisogno ogni giorno. I
rappresentanti maggiori dell'industria alimentare globale vorrebbero
convincerci che il mercato mondiale delle derrate alimentari sia un
libero mercato come quello di qualsiasi gadget tecnologico – anche
se nessuno può decidere di fare a meno a lungo di fare colazione,
pranzo o cena. Dato che la partecipazione al mercato delle derrate è
obbligatoria, al ritmo di circa 2700 calorie al giorno, i brevetti
sul cibo permettono ai loro proprietari una quota garantita di
profitti proveniente da una garantita quantità di acquisti, il che è
fondamentalmente iniquo. Per quale motivo l'industria agroalimentare
dovrebbe godere di privilegi negati a ogni altro genere di business?
Le norme che regolamentano i brevetti nel campo dell'elettronica o
dello spettacolo non dovrebbero essere i medesimi anche per quel che
riguarda gli elementi più essenziali dell'esistenza umana.
Più
di ottanta anni di protezione dei brevetti vegetali hanno costruito
uno dei bastioni più imponenti dell'industria agroalimentare – ed
ecco perché dovrebbero essere questi brevetti l'obbiettivo dei
movimenti. Il modo più diretto ed efficace di minare il monopolio
degli industriali delle sementi modificate è una riforma di quelle
leggi (in particolare quella sui brevetti di utilità del 1985), e
rendere i diritti di proprietà che riguardano il cibo meno
esclusivi, meno profittevoli e meno duraturi.
Se
i movimenti di base che si interessano della questione alimentare
hanno come obbiettivo l'alternativa ai colossi dell'alimentazione, se
l'obbiettivo è il miglioramento a livello globale delle condizioni
dei piccoli coltivatori, lo sviluppo di un rapporto migliore tra
ambiente rurale e ambiente urbano, e il sostegno allo sviluppo di
un'agricoltura più sostenibile – allora l'etichettatura dei cibi
contenenti OGM, come avrebbe ottenuto la Proposition 37 in
California, non avrebbe dato il minimo contributo alla causa. Per
cambiare il sistema alimentare, il movimento deve sviluppare un
pensiero strategico. Per le Monsanto di questo mondo, il cibo è
diventato una fonte di profitti sfrenati e un concetto legale da
difendere a ogni costo nei tribunali. Questo significa che per il
movimento è venuta l'ora di prendere di mira le leggi sui brevetti.
Invece di giostrare coi mulini a vento delle etichettature, le
organizzazioni non profit che si occupano del settore alimentare
dovrebbero ingaggiare uno stuolo di avvocati esperti di proprietà
intellettuale e scatenarli su Washington per pretendere una riforma
del Plant Patent Act. Nel momento in cui la manipolazione genetica
sarà meno redditizia, le cose andranno meglio sia per i consumatori,
sia per i coltivatori, sia per i ricercatori – praticamente per
tutti tranne che per i dirigenti delle corporation.
La
copertura informativa sul settore alimentare di Slate
è resa in parte possibile dal contributo della W.K.
Kellogg Foundation.
Note
del traduttore
[1]
“Negli
Stati Uniti, sono disponibili due tipi di protezione di brevetti:
utilità e design. La
differenza di base tra questi due tipi è che un'“utilità di
brevetto” protegge il modo in cui un articolo viene usato e
lavorato (35 U.S.C. §101), e un “brevetto per design” protegge
il modo in cui un articolo appare (35 U.S.C,. §171). Entrambe le
forme di protezione possono essere ottenute per un singolo articolo
che possiede entrambe le caratteristiche funzionali e ornamentali.”
[Unioncamere
Lombardia]
[2]
La Pioneer
è un'industria che opera nel settore agroalimentare come la
Monsanto, ed è di proprietà del colosso chimico DuPont.
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