di Alberto Bagnai, da MicroMega (Il Fatto Quotidiano, 6 marzo 2013)
Beppe
Grillo ha sostenuto che l’Italia è sull’orlo della bancarotta. Questa
verrebbe raggiunta fra sei mesi o un anno, quando la spesa per
interessi, arrivando a 100 miliardi di euro, ci costringerebbe a non
pagare più le pensioni. A quel punto, in assenza di una rinegoziazione
del debito, l’Italia “vorrebbe uscire dall’euro”. La musica è la solita:
“I costi della casta corrotta hanno fatto lievitare il debito pubblico
cattivo, costringendoci a lasciare l’euro” (che quindi, par di capire,
sarebbe cosa buona). Vediamo il senso e il non senso della Grillonomics.
L’idea
che la crisi sia stata causata dal debito pubblico è fasulla e in linea
con l’approccio del precedente governo, che usava questa idea per
giustificare l'austerità. La Commissione europea però ci dice che il
debito pubblico in Italia è sempre stato sostenibile, sia a breve che a
lungo termine, e quindi che le pensioni non sono a rischio (Rapporto
sulla sostenibilità fiscale, settembre 2012). Prima della crisi in tutti
i Paesi, incluso il nostro, il debito pubblico stava diminuendo in
rapporto al Pil, ma aumentava quello dei privati. L’austerità
montiano-grillina equivale allo zelo del chirurgo che amputa la gamba
sana, trascurando la cancrena dei mercati finanziari privati (in Italia
ben rappresentata da Mps). Nella follia montiana c’era metodo:
raggranellare 40 miliardi di euro da dare a spagnoli e greci perché li
restituissero ai loro creditori tedeschi. Il “salvataggio” di Monti ha
salvato la Germania, affossando via Imu gli italiani. Se Grillo parte
dalla stessa diagnosi, c’è da temere che arrivi alla stessa terapia.
Inoltre
non c’è nulla che indichi in 100 miliardi di interessi l’orlo del
baratro finanziario. Secondo gli ultimi scenari del Fmi, lo Stato
italiano arriverà in effetti a pagare questa cifra, ma nel 2017, cioè
fra 57 (non sei) mesi. A quella data 100 miliardi corrisponderanno a
meno del 6% del Pil, un carico sostenibile, pari a quanto lo Stato
pagava nel 2000. Insomma: pare Grillo abbia rapidamente appreso l’arte
di terrorizzare gli elettori con cifre “simboliche” ma prive di
significato economico.
La Grillonomics offre anche intuizioni
corrette. La più importante è che uno sganciamento dell’Italia dalla
moneta unica avrebbe l’effetto collaterale di alleviare l’onere del
debito. Il motivo lo ha ricordato Bank of America: “I Paesi periferici
fronteggiano tassi elevati perché l’assenza di politica monetaria
indipendente rafforza la percezione del rischio di default”. Un governo
italiano che tornasse “liquido” nella propria valuta nazionale farebbe
molto meno paura ai mercati. Qualcosa di simile accadde nel 1992, quando
lo sganciamento dal cambio fisso determinò una rapida discesa degli
interessi sul debito. Il nesso svalutazione-inflazione-alti tassi non ha
riscontro nelle esperienze europee passate e recenti.
Pare di
capire che la politica del Movimento verrà decisa democraticamente,
utilizzando la “piattaforma”, uno spazio web dove “ognuno veramente
conterà uno”, come ha ribadito Grillo. Possiamo solo sperare, per il
bene del paese, che gli “uno” che la pensano come Grillo sulle cause
della crisi siano in minoranza nel Movimento. L’Italia ha bisogno
soprattutto di buon senso: austerità, dilettantismo e demagogia hanno
già fatto troppi danni.
venerdì 8 marzo 2013
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