venerdì 15 marzo 2013

L'avvento del Grillo

di Franco Cilli  
E’ davvero cambiato tutto? Siamo nel bel mezzo di una cambiamento epocale, di una sorta di rivoluzione copernicana, di cambio di paradigma nel modo illustrato da Khun? Sarebbe bello poter dire di si. Ogni epoca ha vissuto il fremito incalzante di un avvento, l’avvento del regno di Dio in terra, atteso sin dagli albori delle comunità cristiane dove sembrava che Jesus is back fosse questioni di anni, evento poi procrastinato per secoli, fino al più laico avvento del comunismo, della fine della storia e della dialettica, con il proletariato figura centrale, unica, nella mente contorta di György Lukács , in grado di sfuggire al pessimismo tragico della borghesia, e farsi garante di una centralità del processo evolutivo della società. Volete che la mia, la nostra generazione, come quelle precedenti si faccia mancare il grande avvento? Le moltitudini che finalmente spazzano via il conflitto artificioso fra il bisogno di sicurezza realizzato per mezzo del contratto sociale, e la necessità di una democrazia vera e di una giustizia realizzata che dia potere ad una massa di eguali, ripudiando l’alibi delle differenze di ceto, di razza, di quoziente intellettivo, quale pretesto per togliere la responsabilità della politica a un tutto indistinto. Ebbene io non credo che Grillo o chi per lui rappresenti l’avvento di qualcosa e nemmeno un cambiamento radicale, a meno che le cose non vadano per il meglio. Non lo credo perché appellarsi al moralismo degli sprechi della casta e del tradimento della politica, non affronta e non risolve certo il vero nodo della questione: il potere, quello delle oligarchie economiche e di un paradigma economico presentato in maniera inappellabile e incontestabile come fosse la legge di gravità o la necessità di un antibiotico per curare la polmonite. Di fatto Grillo dice poco o niente in merito al potere, se non nelle forma di un ampliamento del potere decisionale del “cittadino”. Dove sono gli organismi sovranazionali, le grandi potenze regionali, che a dispetto dell’Impero negriano continuano a comportarsi come stati nazioni colonizzatrici, e la grande finanza? Grillo è omogeneo a tutto ciò o semplicemente crede che questi poteri, come predica il visionario Casaleggio, diverranno degli involucri privi di sostanza una volta che la rete li avrà avviluppati e risucchiati nei suoi spazi dove ogni istanza rimbalza fra un nodo e l’altro senza possibilità di individuare una centralità del potere? Questo mi rende dubbioso su Grillo, non certo i resort in Costa Rica. Il nodo del potere va risolto in un ambito generale e non certo derubricato a un problema di ruba-galline della periferia dell’impero. Per Barnard il nodo è l’economia e lui ha risolto il tutto con l’adozione di un’economia sana (la ME-MMT ) che prosciugherebbe l’acqua dove sguazzano gli squali che si nutrono di sovranità nazionale e monetaria, impoverendo le persone. Per noi sovversivi la cosa si declina in maniera diversa. I nodi sono a seconda delle categorie di riferimento, l’Impero, l’imperialismo, il conflitto capitale/lavoro (vecchia storia).Ovvio che anche Grillo, come pensano molti rivoluzionari che lo hanno votato per calcoli politici può rientrare in qualsiasi schema, è sufficiente assumere la disarticolazione del sistema e l’azione dirompente di un movimento come necessità strategica e il gioco è fatto. Ma davvero la frattura che può aprire un Grillo può risolvere il nodo del potere? Ci risiamo, siamo solo in Italia e il discorso dell’effetto domino vale fino ad un certo punto. Di certo è che di fronte all’immobilismo, al fallimento della sinistra e all'efficacia di un interclassismo grilliano che contenta tutti, meglio Grillo che la sola speranza o l’attesa snervante di ciò che si conosce sin troppo bene o che non si conosce affatto. Almeno per il momento. 

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