di Tonino D’Orazio
Berlino ha preso il
potere e i suoi beni.
In giro sulla stampa
europea, con dei giornalisti veri, i commenti sono impressionanti.
Soprattutto al confronto dei nostri scribacchini venduti al più
offerente. Molti giornali, soprattutto conservatori, visto che un
minimo di sinistra non esiste più nella stampa europea, anche se
qualcuno fa ancora finta, sono esterrefatti dalla conclusione della
“trattativa” della Grecia con gli strozzini della troika. Tutti
capiscono che per il futuro non vi è nulla di buono. Facile vincere
una battaglia con il nemico a terra, ma spesso la guerra è più
lunga di quello che si prevede.
“L’arroganza
smisurata dei dirigenti europei che pensano di poter capovolgere la
politica interna di un paese è da togliere il respiro”
(Financial Times).
Le proposte della troika
sono proprio un colpo di stato. E “l’accordo è una
capitolazione umiliante imposta alla Grecia, soprattutto dalla
Germania” (Politico.Eu).
“Di fatto, l’accordo
incarna tutto il significato del progetto europeo:la conformità, e
per chi non ne conviene: l’agonia”. (The Guardian).
“L’accordo è un
diktat che prevede la spoliazione della sovranità e la messa in
tutela come si fa con i minori » (L’Espresso). E’ una
costatazione maligna, non una presa di posizione contraria.
“E’ un colpo
terribile per Tsipras che non ha smesso di ripetere che negoziando
avrebbe ottenuto la riduzione del debito”. (giornale spagnolo
Publico).
“Atene è caduta.
Berlino ha preso il potere. E’ una capitolazione in tempo di pace.
Se Tsipras è stato eletto per chiudere il periodo dell’austerità,
firmando, si è suicidato. Si profila una scissione drammatica. Siamo
testimoni del dramma più grave dall’inizio dell’integrazione del
continente da dopo la seconda guerra mondiale”. (settimanale
praghese Respekt)
“E adesso ?
Tutto va bene ? E’ stata neutralizzata una minaccia alla
disintegrazione della zona euro, per adesso. Eppure sembra tutto
perso. Il segnale di coesione inviato all’interno e all’esterno è
certamente importante, ma abbiamo rotto tanta di quella porcellana
che ci vorranno anni per ricomporla e ristabilire la fiducia in
Europa. Comunque non sarà mai più come prima”. (Süddeutsche
Zeitung).
Dopo il “ThisIsACoup »
(“Questo è un colpo di stato”) lanciato su Twitter e
ripreso dall’economista americano, premio Nobel, Paul Krugman, gli
europei chiamano al boicottaggio dell’economia tedesca utilizzando
l’hashtag#BoycottGermany. In Italia gli internauti sono
invitati ad acquistare prodotti locali per “punire Berlino sulle
condizioni imposte al popolo greco”. Altri privilegeranno i
prodotti locali fino a che “la Germania non rimborsi il debito
che era stato annullato dall’Europa dopo la seconda guerra
mondiale”. (Die Welt). Anzi l’americano Greg Galloway
consiglia: “Se il codice a barre dei prodotti iniziano con
400-440, non comprateli”, è quello tedesco.
Oltre all’aspetto
politico dell’abbattimento della democrazia di un paese
dell’Unione, c’è l’accaparramento della vendita di qualsiasi
privatizzazione tramite il trasferimento ad un fondo sotto tutela
diretta della troika. I russi, o i cinesi, se ci avevano sperato, si
possono “attaccare al tram”. Se i greci vendono a pezzi il loro
paese, cosa che sono obbligati a fare, i soldi non li vedono, vanno
alle banche tedesche e francesi. Come d’altronde tutti gli “aiuti
al popolo greco” di questi anni.
Krugman: “è una
pura vendetta e la distruzione di ogni sovranità nazionale” e
l’accordo “è una offerta che non possono rifiutare”. Su
questa terminologia famosa del Padrino, lo stesso Pablo Iglesias di
Podemos twittera “il suo pieno sostegno al popolo greco e al suo
governo contro i mafiosi”. Sta pensando a cosa farà?
Penoso l’intervento in
ritardo del FMI, quando i giochi sono fatti, per un taglio del debito
greco. Fuori gioco e fuori tempo malgrado l’impegno di Obama. A
meno che abbia fatto temporeggiare la Lagarde appositamente per non
prendersi responsabilità dirette con il popolo greco o litigare
veramente con la Merkel. Adesso à troppo facile. L’avessero detto
prima invece di defilarsi da Bruxelles le cose sarebbero andate un
po’ diversamente. La troika è proprietà degli Usa, come tutta
l’Europa, e anche a loro sarebbe stata fatta un’offerta che non
potevano rifiutare. Ma probabilmente non dovevano.
Più difficile per
Tsipras che giustifica la sua firma per “salvare” la Grecia dalla
bancarotta. E’ lo stesso tema dei governi precedenti, solo che
adesso ha spaccato Syriza, deluso il suo 60% referendario (chissà
cosa avevano capito o sperato), e presto dovrà cooptare nel suo
governo quei socialisti di destra che aveva sconfitto. Aspettando
probabili elezioni anticipate. Oggi non rappresenta più, a torto o a
ragione, il paladino contro l’austerità. In più ha ucciso una
speranza. Per chi dovrà pagare, pubblico impiego, pensionati,
disoccupati e lavoratori, non è diverso dagli altri. Tutti questi
stanno già protestando, e per i media italiani sono diventati tutti
“anarchici”, che non stanno “alle regole” democratiche.
Nessuno può portare un
giudizio di “tradimento” a un uomo che si è preso quella pesante
responsabilità, (anche se ha firmato un accordo nel quale, dice,
“non crede”), ancora meno quegli italiani, o quella
sparpagliata e debole sinistra europea, che speravano che la
“rivoluzione” l’avrebbero fatta i greci al posto loro. Intanto
hanno preannunciato chiaramente la fine della democrazia in Europa.
Si è perso troppo tempo in questi anni a farci tutti irretire nella
prigione pseudo social-democratica euro-tedesca. Infatti la tecnica
greca della protesta democratica è quella di “uccidine uno
affinché gli altri capiscano”. La democrazia non serve. Aspettiamo
il nostro turno. La fiducia nell’Unione
Europea è ai minimi storici: l’Euro non piace, ma tornare alla
lira appare rischioso a quasi i due terzi degli italiani.
(Demopolis). Tiremme ‘nnanze.
Eppure prima o poi
bisognerà uscirne. Più tardi sarà, peggio sarà. E’ quello che
dice tutta la stampa economica internazionale. Loro sanno di cosa
parlano, di numeri e soldi. Il reale progetto europeo, cioè
l’abbattimento del sociale per il libero mercato all’americana,
(TTIP), e la storica e definitiva scelta di campo contro il resto del
mondo.
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