lunedì 20 luglio 2015

Atene è caduta

 
di Tonino D’Orazio

Berlino ha preso il potere e i suoi beni.
In giro sulla stampa europea, con dei giornalisti veri, i commenti sono impressionanti. Soprattutto al confronto dei nostri scribacchini venduti al più offerente. Molti giornali, soprattutto conservatori, visto che un minimo di sinistra non esiste più nella stampa europea, anche se qualcuno fa ancora finta, sono esterrefatti dalla conclusione della “trattativa” della Grecia con gli strozzini della troika. Tutti capiscono che per il futuro non vi è nulla di buono. Facile vincere una battaglia con il nemico a terra, ma spesso la guerra è più lunga di quello che si prevede.
L’arroganza smisurata dei dirigenti europei che pensano di poter capovolgere la politica interna di un paese è da togliere il respiro” (Financial Times).
Le proposte della troika sono proprio un colpo di stato. E “l’accordo è una capitolazione umiliante imposta alla Grecia, soprattutto dalla Germania” (Politico.Eu).
Di fatto, l’accordo incarna tutto il significato del progetto europeo:la conformità, e per chi non ne conviene: l’agonia”. (The Guardian).
L’accordo è un diktat che prevede la spoliazione della sovranità e la messa in tutela come si fa con i minori » (L’Espresso). E’ una costatazione maligna, non una presa di posizione contraria.
E’ un colpo terribile per Tsipras che non ha smesso di ripetere che negoziando avrebbe ottenuto la riduzione del debito”. (giornale spagnolo Publico).
Atene è caduta. Berlino ha preso il potere. E’ una capitolazione in tempo di pace. Se Tsipras è stato eletto per chiudere il periodo dell’austerità, firmando, si è suicidato. Si profila una scissione drammatica. Siamo testimoni del dramma più grave dall’inizio dell’integrazione del continente da dopo la seconda guerra mondiale”. (settimanale praghese Respekt)
E adesso ? Tutto va bene ? E’ stata neutralizzata una minaccia alla disintegrazione della zona euro, per adesso. Eppure sembra tutto perso. Il segnale di coesione inviato all’interno e all’esterno è certamente importante, ma abbiamo rotto tanta di quella porcellana che ci vorranno anni per ricomporla e ristabilire la fiducia in Europa. Comunque non sarà mai più come prima”. (Süddeutsche Zeitung).
Dopo il “ThisIsACoup » (“Questo è un colpo di stato”) lanciato su Twitter e ripreso dall’economista americano, premio Nobel, Paul Krugman, gli europei chiamano al boicottaggio dell’economia tedesca utilizzando l’hashtag#BoycottGermany. In Italia gli internauti sono invitati ad acquistare prodotti locali per “punire Berlino sulle condizioni imposte al popolo greco”. Altri privilegeranno i prodotti locali fino a che “la Germania non rimborsi il debito che era stato annullato dall’Europa dopo la seconda guerra mondiale”. (Die Welt). Anzi l’americano Greg Galloway consiglia: “Se il codice a barre dei prodotti iniziano con 400-440, non comprateli”, è quello tedesco.
Oltre all’aspetto politico dell’abbattimento della democrazia di un paese dell’Unione, c’è l’accaparramento della vendita di qualsiasi privatizzazione tramite il trasferimento ad un fondo sotto tutela diretta della troika. I russi, o i cinesi, se ci avevano sperato, si possono “attaccare al tram”. Se i greci vendono a pezzi il loro paese, cosa che sono obbligati a fare, i soldi non li vedono, vanno alle banche tedesche e francesi. Come d’altronde tutti gli “aiuti al popolo greco” di questi anni.
Krugman: “è una pura vendetta e la distruzione di ogni sovranità nazionale” e l’accordo “è una offerta che non possono rifiutare”. Su questa terminologia famosa del Padrino, lo stesso Pablo Iglesias di Podemos twittera “il suo pieno sostegno al popolo greco e al suo governo contro i mafiosi”. Sta pensando a cosa farà?
Penoso l’intervento in ritardo del FMI, quando i giochi sono fatti, per un taglio del debito greco. Fuori gioco e fuori tempo malgrado l’impegno di Obama. A meno che abbia fatto temporeggiare la Lagarde appositamente per non prendersi responsabilità dirette con il popolo greco o litigare veramente con la Merkel. Adesso à troppo facile. L’avessero detto prima invece di defilarsi da Bruxelles le cose sarebbero andate un po’ diversamente. La troika è proprietà degli Usa, come tutta l’Europa, e anche a loro sarebbe stata fatta un’offerta che non potevano rifiutare. Ma probabilmente non dovevano.
Più difficile per Tsipras che giustifica la sua firma per “salvare” la Grecia dalla bancarotta. E’ lo stesso tema dei governi precedenti, solo che adesso ha spaccato Syriza, deluso il suo 60% referendario (chissà cosa avevano capito o sperato), e presto dovrà cooptare nel suo governo quei socialisti di destra che aveva sconfitto. Aspettando probabili elezioni anticipate. Oggi non rappresenta più, a torto o a ragione, il paladino contro l’austerità. In più ha ucciso una speranza. Per chi dovrà pagare, pubblico impiego, pensionati, disoccupati e lavoratori, non è diverso dagli altri. Tutti questi stanno già protestando, e per i media italiani sono diventati tutti “anarchici”, che non stanno “alle regole” democratiche.
Nessuno può portare un giudizio di “tradimento” a un uomo che si è preso quella pesante responsabilità, (anche se ha firmato un accordo nel quale, dice, “non crede”), ancora meno quegli italiani, o quella sparpagliata e debole sinistra europea, che speravano che la “rivoluzione” l’avrebbero fatta i greci al posto loro. Intanto hanno preannunciato chiaramente la fine della democrazia in Europa. Si è perso troppo tempo in questi anni a farci tutti irretire nella prigione pseudo social-democratica euro-tedesca. Infatti la tecnica greca della protesta democratica è quella di “uccidine uno affinché gli altri capiscano”. La democrazia non serve. Aspettiamo il nostro turno. La fiducia nell’Unione Europea è ai minimi storici: l’Euro non piace, ma tornare alla lira appare rischioso a quasi i due terzi degli italiani. (Demopolis). Tiremme ‘nnanze.
Eppure prima o poi bisognerà uscirne. Più tardi sarà, peggio sarà. E’ quello che dice tutta la stampa economica internazionale. Loro sanno di cosa parlano, di numeri e soldi. Il reale progetto europeo, cioè l’abbattimento del sociale per il libero mercato all’americana, (TTIP), e la storica e definitiva scelta di campo contro il resto del mondo.

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