di Matteo Nucci da Minima&Moralia
Atene.
Federico Fubini è il vicedirettore del Corriere della Sera. Non lo
conosco e non l’ho mai incontrato. La prima volta che ho letto e riletto
la sua firma è stato pochi mesi fa quando scriveva per Repubblica.
Il suo era un pezzo di apertura su Cernobbio e Varoufakis e le sue
parole marcavano la prima pagina del quotidiano. Si apriva così: “Yanis
Varoufakis usa meno cravatte ma più profumo della media dei ministri
finanziari dell’area euro”. Perché l’inviato di Repubblica in prima
pagina parla del profumo del Ministro delle Finanze ellenico (che
peraltro, profumo o meno, ebbe un certo successo a Cernobbio)? Non
potevo credere ai miei occhi. Ma poiché molti giornalisti sono ormai
propensi alle note di colore, passai oltre. Ho dimenticato quelle parole
fino a stamattina.
Sono arrivato a Atene nella notte. La città non dormiva, ma era presto
per tirare le somme. Code ai bancomat. Gente impazzita. Popolazione allo
stremo. Pensionati distrutti. La scelta “folle” di Tsipras di indire un
referendum mi inseguiva sui titoli dei quotidiani da giorni. E siccome
vengo in Grecia, amo la Grecia, studio la Grecia da più di vent’anni,
non potevo crederci. Ma stamattina sono rimasto di stucco.
Federico Fubini comincia così il suo articolo sul Corriere della Sera
di oggi: “Nessuno sale più all’Acropoli. Da ieri ormai non ci salgono i
turisti, i cui torpedoni sono scomparsi dai piedi della salita al
tempio di Atena con l’approssimarsi dell’atto finale di questo dramma”.
Intitolato “Grecia, il piano segreto di Varoufakis: una moneta parallela
all’euro”, l’articolo racconta una serie di retroscena su Tsipras,
Varoufakis, Syriza, Dragasakis (vice Premier moderato); e lascia
intendere che Syriza è spaccata, che Tsipras è allo sbando e Varoufakis
neanche a parlarne. Giocando sul filo di rimandi alla classicità di cui
credo che Fubini non sappia granché, l’articolo si conclude con
un’allusione al suicidio politico di Tsipras. Nulla di ciò che racconta
Fubini è confermato da fonti. Può darsi che sia molto ben informato su
Syriza e sulle sue dinamiche interne. Può darsi. Ho sentito persone
interne a Syriza, oggi, che smentiscono drasticamente le sue
ricostruzioni, ma può darsi che abbia ragione perché è possibile che le
smentite non abbiano alcun valore, come è noto in questi casi.
Ci sono soltanto due dati che è possibile controllare di questo
articolo. Il primo è l’Acropoli vuota che già ho citato. Il secondo
eccolo: “Non c’è più tempo: i pagamenti nel Paese stanno collassando, i
pensionati senza bancomat hanno diritto a ritirare non più di 120 euro
ogni tre giorni e navi turistiche da 500 posti partono ormai dal Pireo
per le Cicladi con 20 passeggeri a bordo.”
E così sono sceso al centro di Atene, mi sono infilato a Monastiraki e
ho percorso la stradina che costeggia l’Agorà intitolata a Adriano. Bar
zeppi di turisti, bancomat solitari e senza fila, sono entrato
all’Agorà e ho domandato se l’affluenza al sito fosse cambiata in questi
giorni. “In nessun modo” mi hanno risposto. Forse però Fubini è salito
su, nel caldo, sulla roccia dell’Acropoli. Sono uscito dall’Agorà su
Apostolou Pavlou e sono arrivato alla piazzola dei torpedoni sotto
l’Acropoli. Zeppa come sempre. Un pullman si è allontanato pieno e un
altro ha preso il suo posto. Dove era stato Fubini? Sono salito su per
la via disegnata da Dimitris Pikionis. Alle biglietterie la fila sotto
il sole cocente. I Propilei affollati. Il Partenone come sempre
accerchiato da turisti che scattano foto: giapponesi, francesi,
italiani, inglesi, americani, greci. Non ho mai amato l’Acropoli
affollata di gente. Il mio maestro, Gabriele Giannantoni, si svegliava
alle sei per essere sotto il Partenone alle otto in punto, all’apertura.
Sono cresciuto imparando a apprezzare il silenzio. Ma stavolta ero
felice. Cosa aveva visto Fubini?
Me ne sono tornato a Monastiraki, ho preso la metro per il Pireo, l’
“elettrico” come chiamano qui il primo mezzo che percorse la capitale,
un treno elettrico per metà esterno e per metà sotterraneo. Ho
attraversato la strada aggirando il ponte aperto per le Olimpiadi e
dall’anno scorso chiuso per lavori mai iniziati. Il porto pullulava di
turisti. Due americane non sapevano nulla del “corralito” ma erano
felici per non aver dovuto pagare i mezzi pubblici. Un gruppo di ragazzi
se la rideva all’ombra fumando sigarette. Tutto come sempre. Ho
domandato se ci fosse qualche cambiamento. Niente di rilevante, forse un
lieve calo – mi hanno detto. È inizio luglio. Solo turisti. In mezzo
alla settimana quasinessun greco. Forse qualcuno ha deciso di
rinunciare? Difficile dirlo. Lo sanno gli albergatori.
Forse Federico Fubini è salito all’alba all’Acropoli e poi al Pireo
ha trovato una nave che partiva con venti passeggeri a bordo? Ne dubito.
Se anche fosse, non è questa la norma nei giorni più importanti in cui
un referendum decisivo è alle porte. Le sue informazioni non raccontano
la realtà. Come ci si può fidare di lui sui retroscena politici, se gli
unici fatti che ha raccontato non sono reali?
Il mio mestiere non è quello del giornalista. Ma quando scrivo reportage
dai paesi in cui viaggio, la regola è quella che mi hanno insegnato:
raccontare ciò che vedo, domandare, controllare i dati. Si tratta della
regola più importante per chiunque abbia la possibilità di essere letto
anche solo da pochi lettori avidi di informazioni. Figurarsi su
questioni di così grande importanza e su quotidiani letti da migliaia di
persone. Così, sull’Acropoli ho tirato fuori il mio tesserino di
pubblicista e ho scattato foto alla folla così come davanti ai bancomat
solitari e vuoti e davanti al porto brulicante di viaggiatori.
Poi me ne sono andato a pranzo con una reporter che da anni racconta
la Grecia per un grande quotidiano straniero. Abbiamo parlato, mi ha
raccontato. Viene in Grecia e parla greco da una trentina di anni.
Conosce il popolo e i suoi politici. La grandezza e la miseria greche.
La tragedia. Il radicalismo. L’intelligenza. La predisposizione al
dibattito. Eravamo in una taverna. Si sono uniti due greci a discutere
di politica. Abbiamo chiacchierato fino alle quattro. Non so se lei
scriverà di quel che abbiamo vissuto oggi a pranzo. So che a me
piacerebbe se i lettori italiani potessero leggere i suoi magnifici
articoli.
In Grecia, in questi giorni, si decidono molte cose. Per il Paese e
per l’Europa stessa. La campagna mediatica ha raggiunto qui proporzioni
inaudite. Si sa bene quanto le tv private che dominano il panorama
informativo greco siano tutte senza esclusione da una parte.
L’informazione europea potrebbe mostrare un’altra via, una via se non
imparziale (ché l’imparzialità è un’utopia), ma perlomeno documentata e
il più possibile fedele alla realtà. È sconcertante dover ammettere il
contrario.
venerdì 3 luglio 2015
Perché la stampa italiana racconta la Grecia in modo apocalittico?
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