Capisco che la soluzione non è
semplice, ma credo che occorra cercare in tutti i modi la via
dell’unità. Il caso è urgente e come recita il Manifesto dei beni
comuni “ non c’è tempo”. Eppure come direbbe il buon Brecht,
tanto per stare ai luoghi comuni culturali maggiormente noti, “è
la semplicità che è difficile a farsi”. Sarebbe bello se si
trovasse un comun denominatore fra tutte le forze che si oppongono ad
una politica di aggressione dei diritti del lavoro e delle sue
tutele, oltreché del bene comune, ma c’è sempre qualcosa nella
politica dei buoni che va in un senso centrifugo anziché centripeto. La
scomposizione sociale, con la produzione di differenti embrioni di
pensiero e di visioni multiformi di società, costituisce una
ricchezza in periodi di espansione del ciclo produttivo e permette
una sintesi certo di migliore qualità del prodotto sociale e
politico, ma nella fase in cui siamo, dove si deve conciliare la
difesa del reddito con la crescita economica e con la salvaguardia
delle risorse naturali, in un contesto di grave precarietà degli
equilibri sociali ed ambientali, l’unità nell'emergenza e nella
ricerca di soluzioni generali, è l’unica medicina possibile.
Cosa ci riserva il futuro politico? A
ben guardare almeno due blocchi di consistenza imprevedibile nel
fronte delle opposizioni al liberismo più sfegatato: il primo
composto presumibilmente da Di Pietro, Ferrero, parti del sindacato
non giallo e i movimenti come ALBA e chissà cos’altro e l’altro
quello delle liste civiche, capitanante dai sindaci con De Magistris
in testa. Ragionando secondo i criteri statistici da Bar dello
Sport, queste formazioni potrebbero potenzialmente incamerare un 10-15 % del consenso elettorale. Se consideriamo più o meno la stessa percentuale anche a Grillo, potremmo raggiungere un 30% di consensi per un’area virtualmente antiliberista
o meno marcatamente liberista (ammesso e non concesso che Grillo si
possa inscrivere al club dei fautori di una politica economica non
allineata). Tutto ciò escludendo la sciagurata ipotesi delle liste
civiche come stampella del Pd e di SEL (quest'ultimo a quanto pare
definitivamente uscito dalla compagine dei buoni). Sull’altro
fronte si collocano le destre montiane, tatcheriane o semplicemente
paracule. In pole position abbiamo l’alleanza Pd/Vendola con
la fiche di Casini da usare come rilancio dopo le elezioni,
che potrebbe attestarsi sul 20-25%. Segue il blocco degli astensionisti al 20-25% anch'esso e della destra
cialtrona berlusconiana o post berlusconiana con un 15-20%. E qui abbiamo una
grossa incognita, perché se buona parte dei ceti sociali di
riferimento di questa parte politica non si ritiene sufficientemente
tutelata e garantita da Casini, potrebbe ricompattarsi attorno ad un
asse ricostituito Pdl-Lega e altre briciole, a meno di un offerta più
allettante alla Montezemolo, concedendo percentuali decisamente maggiori al partito di Berlusconi. Difficile, considerando la crisi che stanno attraversando berlusconiani e bossiani, ma dall'imbecillità di una bella fetta di italiani c'è da aspettarsi di tutto.
Credo che nella loro profonda cialtronaggine e disonestà
intellettuale, certi ceti sociali parassitari e para-delinquenziali
italiani, malgrado il disastro berlusconiano, avrebbero ancora lo
stomaco per una scelta siffatta, considerata come quella più
garantista dal punto di vista degli interessi di determinate
categorie, anche a costo di dover pagare lo scotto del dilettantismo
politico e dell'ingovernabilità dello stato. Comunque lo scontro fra due destre: quella di Bersani e quella dei berlusconiani con le frattaglie della lega, potrebbe addirittura risultare provvidenziale per i benecomunisti e per la sinistra, lasciando un ampio margine ad una terza coalizione alla loro sinistra.
Sarebbe facile a questo punto dire che
se si trovasse un accordo fra Grillo e la sinistra antiliberista con
Di Pietro, si avrebbero grosse chance di vittoria, considerando che molti dei
militanti di SEL e del Pd, con una compagine convincente e dai grandi
numeri in campo, potrebbero cambiare bandiera e che molti indecisi e astensionisti potrebbero convincersi a scommettere sul cambiamento. Ma come si dice dalle
mie parti: “troppa grazia Sant’Antonio”.
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