venerdì 23 marzo 2012

Il tassello mancante

Posto questi editoriali di Travaglio perché riflettono a pieno il mio pensiero su temi riguardanti il Pd, ma lo esprimono molto meglio di quanto potrei fare io

di Marco Travaglio da funize.com

Più passa il tempo, più cresce la sgradevole sensazione che i conti non tornino. Che ci sfugga qualcosa di non detto – e forse di non dicibile – sui giorni che vanno dalla famosa lettera della Bce con gli ordini al governo italiano alle dimissioni di B. alla nascita del governo Monti. A novembre B. era, politicamente parlando, un uomo morto, travolto dal suo terrificante fallimento. Nel voto alla Camera sul rendiconto finanziario, si era fermato a quota 308 (cioè a -8 dalla maggioranza minima, nonostante la trentina di deputati comprati nell’ultimo anno). E non c’era più nessuno da comprare, anzi alcuni dei comprati e persino dei fedelissimi (una per tutti: la Carlucci) gli voltavano le spalle. Bastava attendere qualche giorno e, al primo voto di fiducia, sarebbe crollato in Parlamento. Da mesi si parlava di Mario Monti come dell’unica personalità in grado di rassicurare la Bce, i mercati e i partner europei, alla guida del nuovo governo. E si lavorava all’ipotesi di un ampio schieramento – quello che aveva contrastato l’ultimo B. dall’opposizione parlamentare – che si presentasse subito agli elettori indicando in lui il futuro premier per un governo di transizione e decantazione, o di salute pubblica, della durata di un paio d’anni: il tempo di fare le cose urgenti e indispensabili per ridisegnare un terreno di gioco decente da riconsegnare al più presto alla normale dialettica destra-sinistra (o come le vogliamo chiamare). Se quello schieramento (Pd, Idv, Terzo polo con l’eventuale aggiunta di Sel) avesse vinto le elezioni anticipate a gennaio-febbraio, i partiti si sarebbero fatti da parte per un po’ affidando ai tecnici la responsabilità e l’impopolarità di misure finanziarie drastiche, ma con sacrifici equamente distribuiti; e la fabbricazione di una legge elettorale democratica, di una severa legge sul conflitto d’interessi, di una riforma del sistema televisivo, di una seria norma anticorruzione. Stando ai sondaggi, quello schieramento avrebbe stravinto, il partito azienda di B. sarebbe sceso ben al di sotto del 20%, ridotto finalmente all’irrilevanza, così il centrodestra avrebbe potuto riorganizzarsi intorno a leader meno indecenti. E quel rinnovamento obbligato avrebbe costretto anche il centrosinistra a mandare in pensione molte vecchie muffe che stanno in piedi solo perché dall’altra c’è B. Poi, nel 2014, saremmo tornati a votare con un centrodestra e un centrosinistra un filino più potabili. Un governo Monti così concepito avrebbe potuto far digerire alcune richieste dell’Europa (sempreché la lettera della Bce provenisse da mani europee e non, come molti sospettano, da manine e manacce italiote), compensandole con una patrimoniale, un’asta sulle frequenze tv, una normativa draconiana anti-evasione, una tosatina alle banche e alle altre lobby (quelle vere, non i soliti tassisti e farmacisti) che la fanno sempre franca. Mercati e speculatori, com’è avvenuto in Spagna, avrebbero tratto un sospiro di sollievo dalla caduta del governo più indecente della storia d’Europa e dalla fine politica del suo caporione, e soprattutto dalla prospettiva di un’Italia governata da Monti, per giunta assistito da una maggioranza parlamentare solida, omogenea e soprattutto affrancata dal ventennale ricatto berlusconiano.
Sembrava tutto perfetto. Ma le cose, come sappiamo, non sono andate così. Monti è andato al governo per una manovra di Palazzo (quello più alto) e, schiavo del ricatto berlusconiano, ha potuto fare solo quel che B. gli consentiva: la macelleria sociale dell’uno-due pensioni-articolo 18 è roba che nemmeno B. aveva osato fare, per non perdere voti e soprattutto per non perdere la Lega. Ogni legge patrimoniale, televisiva, elettorale, anticorruzione, antievasione farebbe cadere il governo, dunque non si fa. B. se ne sta ben acquattato in attesa che gli cancellino anche la concussione, il suo partito chiagne e fotte e guadagna voti, mentre il Pd che solo cinque mesi fa aveva le elezioni in tasca boccheggia agonizzante. Sì, ci siamo persi qualcosa: che cos’è che non sappiamo?

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