sabato 17 marzo 2012

Sindacato, sesto potere

Questa gente del sindacato la detesto, e mi dispiace per alcuni miei amici sindacalisti, che tutto sommato sono brave persone. Non si tratta dei singoli ovviamente, il sindacato è il sesto potere, una banda di coyotes che si nutre alla greppia dei padroni ed espressione di una politica consociativa che permea l'intera società italiana. Tanto per fare un esempio, credo sia difficile smentire il fatto che se vuoi fare carriera in un'azienda come quella ospedaliera, avere in tasca  la tessera di un sindacato ti permette quantomeno per sederti al tavolo delle spartizioni dei vari incarichi di potere. 
Rimango ancora incredulo al pensiero di tutte le conquiste svendute da questi signori nel corso degli anni. Non si può perdonare loro di aver accettato l'idea che il debito pubblico andasse sanato col sacrificio delle nostre pensioni, del nostro reddito e dei nostri diritti acquisiti di lavoratori e non riesco a capacitarmi di come tutti noi abbiamo potuto ingoiare anche questi ultimi provvedimenti del governo in materia di lavoro e pensioni  senza battere ciglio. Prima dei vari Amato, Dini, Prodi, avevamo pensioni decenti, ma qualcuno ci ha convinto che non andava bene, che vivevamo al di sopra delle nostre possibilità e abbiamo accettato l'idea che il sistema contributivo fosse cosa equa, in base alla logica fraudolenta del tanto mi dai tanto ti rendo, ma non basta, oggi siamo finalmente riusciti a digerire persino l'idea che sia giusto andare in pensione un attimo prima di mettere il piede nella fossa. Tutto questo i  nostri sindacalisti più furbi lo giustificano con la logica dei mutati rapporti di forza, i più figli di puttana invece con le mutate condizioni economiche e sociali, la globalizzazione e bla, bla, bla. Balle, è solo politica consociativa ed estremo tentativo di autoconsevazione.
Detesto la Camusso, non solo perché ha chiesto la delega per far contenta la sua amica Fornero e firmare un'intesa catastrofica per i lavoratori, (l'avete vista come se la ride di gusto fra la Emma e la Elsa, sembrano vecchie comari), ma anche perché incarna al pieno una cultura industrialista che pone come priotaria la produzione di merci in un'ottica di sviluppo infinito, a prescindere da cosa e perché si produce. L' uscita sul TAV la dice tutta: “l'Italia ha un disperato bisogno di investimenti”, che importa se vengono utilizzati in opere inutili e dannose. Anche Landini in fin dei conti non va oltre una concezioni produttivista del lavoro, legata a una visione novecentesca della realtà. Produrre macchine in un mercato ormai saturo e in un mondo che muore soffocato dai gas di scarico è un controsenso, soprattutto se si continua a ragionare all'interno di parametri di tipo fordista. Ma non si può pretendere che un sindacalista esca fuori da un visione autoreferenziale e di Landini almeno si può apprezzare l'onestà intellettuale e la difesa di quel poco che rimane dei diritti dei lavoratori. Altra cosa sono i gialli Bonanni e Angeletti, lividi di rabbia, non quando il governo e i padroni fanno delle porcate e minacciano le condizioni di vita dei lavoratori, ma quando non vengono invitati alla mangiatoia e non possono esibirsi nelle foto ricordo a fianco delle Marcegaglie e soci. “Nessuno pensi di poter prendere delle decisioni senza consultare le parti sociali”, ripete ossessivamente Bonanni.
Rinnovare la politica significherà certamente liberarsi fra gli altri, anche di questa gente, sebbene non si possa certo fare a meno dei diritti e delle tradizioni che questi personaggi pretendono ancora di rappresentare.

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