di Marco Travaglio (da ComeDonChisciotte)
Può darsi che Grillo, come sempre, abbia
esagerato quando ha detto che partiti e media al seguito, insultandolo
ogni giorno con una campagna di "odio", istigano a delinquere contro di
lui qualcuno che potrebbe passare "dal tiro al bersaglio metaforico a
quello reale, come negli anni di piombo". Certo ha sbagliato le parole:
anche lui usa l'insulto come arma di lotta politica; e tirare in ballo
l'odio - come fecero B. e i suoi giannizzeri, attribuendo a chi lo
criticava la qualifica di "mandante morale" dell'attentato della
statuetta - non è solo un déjà vu: è un'assurdità, visto che almeno i
sentimenti dovrebbero restare fuori dalla dialettica politica.
Ma le reazioni del mondo politico e giornalistico (sempre più simili,
tanto da sembrare ormai un tutt'uno) è penosa. Francesco Merlo, su
Repubblica, arriva a scrivere che, siccome Grillo è un comico, non va
preso sul serio. Forse non gli è ancora giunta notizia che Grillo è il
fondatore e il promotore del Movimento 5Stelle che alle ultime
amministrative, con candidati tutt'altro che comici (semmai giovani), ha
raccolto l'8,2% ed è ormai nei sondaggi il terzo partito d'Italia (con
circa il 15%).
Resta poi da capire perché dovremmo prendere sul serio i politici di
professione che hanno trascinato l'Italia alla bancarotta. Scrivere,
infine, che "persino se lo trovassimo steso per terra, penseremmo:
guarda cosa deve fare per tirare a campare un povero professionista del
ridicolo" fa semplicemente accapponare la pelle.
Perché non si può affatto escludere che qualcuno prima o poi sogni di (o addirittura lavori per) mettere "Grillo steso a terra".
Forse una ripassatina alla storia patria non guasterebbe: si scoprirebbe
che nei momenti di passaggio - come nel 1992, al tramonto della Prima
Repubblica, e come oggi, al tramonto della Seconda - si muovono dietro
le quinte forze oscure. E forse nemmeno tanto: mafie, servizi più o meno
deviati, logge più o meno spurie, insomma gli stessi soggetti che nel
'92 tentarono di infiltrare la Lega, che a quel tempo, per il Sistema,
possedeva la stessa carica dirompente che oggi possiede il movimento di
Grillo. Fu allora che il presidente Cossiga suggerì, per eliminare
Bossi, di "infilargli una bustina di droga in macchina".
Le mafie e le loro quinte colonne nelle istituzioni votano e fanno
votare. E, se non trovano interlocutori affidabili, sparano - magari
travestite da Falange Armata - per farli uscire allo scoperto e
trattare. Grillo, da questo punto di vista, è totalmente inaffidabile.
"Per fare politica in Italia devi essere ricattabile", disse un giorno
Giuliano Ferrara col consueto cinismo.
Ecco: Grillo ha tanti difetti, ma non è ricattabile, avvicinabile,
trattabile. L'idea che il suo movimento condizioni la politica dei
prossimi anni non può che allarmare i criminali d'alto bordo adusi alle
trattative e ai patti sottobanco con politici di lungo corso, molto
ricattabili, avvicinabili e trattabili (anzi, spesso già ricattati,
avvicinati e trattati). In Parlamento, specie a destra e al centro, ma
anche nel centrosinistra, le mafie hanno i loro interlocutori. In 5
Stelle, anche per motivi anagrafici, no.
Si può pure ironizzare sull'allarme di Grillo: ma sempre ricordando che,
quando parla, tuona, insulta (ma propone pure, anche se nessuno si
confronta mai sul merito delle sue proposte), lo fa senz'alcuno scudo
tra la sua faccia e la gente. I politici che, soprattutto a sinistra,
gli danno del populista, barbaro, fascista, nazista, assassino e altre
carinerie (le ultime sono un compenso in nero, subito smentito, e un
appello - falso pure quello - a picchiare i marocchini: a proposito di
"macchina del fango"), lo fanno ben scortati e nascosti dietro plotoni
di uomini armati.
Eppure anche i politici più a rischio lo sono infinitamente meno di
Grillo. Dargli una martellata in testa è la cosa più facile del mondo. E
anche infilargli una busta di droga in macchina: anche perché la
macchina è la sua, non un'autoblu con autista e gorilla.
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
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