...e
la bufala del "decennio perduto": il più grande “debitore”
del mondo è adesso il più grande creditore del mondo
di Ellen Hodgson
Brown (da Dissident
Voice)
traduzione di Domenico D'Amico
L'enorme debito
pubblico del Giappone nasconde un enorme beneficio per il popolo
giapponese, il che insegna molto sulla crisi debitoria degli USA.
In un articolo
pubblicato su Forbes
nell'aprile del 2012, intitolato “Se
il Giappone È insolvente, Come Mai Sta Soccorrendo Economicamente
l'Europa?”, Eamon Fingleton faceva notare come il Giappone sia
il paese, al di fuori dell'Eurozona, che abbia dato di gran lunga il
maggior contributo all'ultima operazione di salvataggio finanziario
dell'Euro. Si tratta, scrive, dello “stesso governo che è andato
in giro facendo finta di essere in bancarotta (o perlomeno, che ha
evitato di opporsi sul serio quando ottusi commentatori americani e
britannici hanno dipinto le finanze pubbliche giapponesi come un
totale disastro).” Osservando che fu sempre il Giappone,
praticamente da solo, a salvare il FMI al culmine del panico globale
del 2009, Fingleton domanda:
“Com'è possibile che una nazione il cui governo si suppone sia il più indebitato tra i paesi avanzati si permetta tanta generosità? (…) L'ipotesi è che la vera finanza pubblica del Giappone sia molto più solida di quanto la stampa occidentale ci abbia fatto credere. Quello che non si può negare è che il Ministero delle Finanze giapponese sia uno dei meno trasparenti del mondo...”
Fingleton riconosce
che i passivi del governo giapponese sono ingenti, ma dice che
dovremmo guardare anche all'aspetto patrimoniale del bilancio:
“[I]l Ministero delle Finanze di Tokyo ottiene sempre più prestiti dai cittadini giapponesi, ma non per pazze spese statali in patria, bensì all'estero. Oltre a rimpolpare il piatto per far sopravvivere il FMI, Tokyo è ormai da tempo il prestatore di ultima istanza sia del governo statunitense sia di quello britannico. E intanto prende in prestito denaro con un tasso di appena l'1% in dieci anni, il secondo tasso più basso del mondo dopo quello svizzero.”
Per il governo
giapponese è un buon affare: può farsi prestare denaro all'1% in
dieci anni, e prestarlo agli USA a un tasso dell'1,6 (il tasso
attuale dei titoli
USA a dieci anni), con un discreto margine di guadagno.
Il rapporto
debito/PIL del Giappone è quasi
del 230%, il peggiore tra i più grandi paesi del mondo. Eppure
il Giappone resta il maggior creditore del mondo, con un netto di
bilancio con l'estero di 3.190 miliardi di dollari. Nel 2010 il suo
PIL
pro capite era superiore a quello di Francia, Germania, Regno
Unito e Italia. Inoltre, anche se l'economia della Cina è arrivata,
a causa della sua popolazione in progressivo aumento (1,3 miliardi
contro 128 milioni), a superare quella del Giappone, i 5.414 dollari
di PIL pro capite dei cinesi è solo il 12% dei 45.920 dei
giapponesi.
Come si spiegano
queste anomalie? Un
buon 95% del debito pubblico giapponese è detenuto all'interno
del paese, dagli stessi cittadini.
Oltre il 20% del
debito è in possesso della Japan Post Bank [1], dalla Banca centrale
e da altre istituzioni statali. La Japan Post è la più grande
detentrice di risparmio interno del mondo, e gli interessi li versa
ai suoi clienti giapponesi. Anche se in teoria è stata privatizzata
nel 2007, è pesantemente influenzata dalla politica, e il 100%
delle sue azioni è in mano pubblica. La Banca centrale giapponese è
posseduta dallo stato per il 55%, ed è sotto il suo controllo per il
100%.
Del debito
rimanente, oltre il 60% è detenuto da banche giapponesi, compagnie
assicurative e fondi pensione. Un ulteriore porzione è in mano a
singoli risparmiatori. Solo
il 5% è detenuto all'estero, per lo più da banche centrali.
Come osserva il New
York Times
in un articolo del settembre 2011:
“Il governo giapponese è pieno di debiti, ma il resto del Giappone ha denaro in abbondanza.”
Il debito pubblico
giapponese è il denaro dei cittadini. Si possiedono l'un
l'altro e ne raccolgono insieme i frutti.
I Miti del
Rapporto Debito/PIL in Giappone
Il rapporto debito
pubblico/PIL del Giappone sembra davvero pessimo. Ma, come osserva
l'economista
Hazel Henderson, si tratta solo di una questione di procedura
contabile – una procedura che lei e altri esperti ritengono
fuorviante. Il Giappone è leader
mondiale in parecchi settori della produzione di alta tecnologia,
inclusa quella aerospaziale. Il debito che compare sull'altra colonna
del suo bilancio rappresenta il premio riscosso dai cittadini
giapponesi per tutta questa produttività.
Secondo
Gary Shilling, in un suo articolo su Bloomberg
del
giugno 2012, più della metà della spesa pubblica giapponese va in
servizi al debito e previdenza sociale. Il servizio al debito viene
erogato sotto forma di interessi ai “risparmiatori” giapponesi.
La previdenza e gli interessi sul debito pubblico non vengono inclusi
nel PIL, ma in realtà si tratta della rete di sicurezza sociale e
dei dividendi collettivi di un'economia altamente produttiva. Sono
questi, più dell'industria bellica e dei “prodotti finanziari”
che costituiscono una grossa parte del PIL degli USA, i veri frutti
dell'attività economica di una nazione. Per quel che riguarda il
Giappone, rappresentano il godimento da parte dei cittadini dei
grandi risultati della loro base industriale ad alta tecnologia.
Shilling scrive:
“Il deficit statale si suppone serva a stimolare l'economia, eppure la composizione della spesa pubblica giapponese, sotto questo aspetto, non sembra molto utile. Si stima che il servizio al debito e la previdenza – in genere non uno stimolo per l'economia – consumeranno il 53,5% della spesa per il 2012...”
Questo è quello che
sostiene la teoria convenzionale, ma in realtà la previdenza e gli
interessi versati ai risparmiatori interni stimolano, eccome,
l'economia. Lo fanno mettendo denaro in tasca ai cittadini,
incrementando così la “domanda”. I consumatori che hanno soldi
da spendere riempiono i centri commerciali, incrementando così gli
ordini di ulteriori merci, e spingendo in su produzione e
occupazione.
I Miti
sull'Alleggerimento Quantitativo
Una parte del denaro
destinato alla spesa pubblica viene ottenuto direttamente “stampando
moneta” per mezzo della banca centrale, procedura nota anche come
“alleggerimento quantitativo” [Quantitative easing]. Per più di
un decennio la Banca del Giappone ha seguito questa procedura; e
tuttavia l'iperinflazione che secondo i falchi del debito si sarebbe
dovuta innescare non si è verificata. Al contrario, come osserva
Wolf Richter in un articolo del 9 maggio 2012:
“I giapponesi [sono] infatti tra i pochi al mondo a godersi una vera stabilità dei prezzi, con periodi alternati di piccola inflazione o piccola deflazione – l'opposto di un'inflazione al 27% su dieci anni che la Fed si è inventata chiamandola, demenzialmente, 'stabilità dei prezzi'”.
E cita come prova il
seguente grafico diffuso dal Ministero degli Interni giapponese:
Com'è
possibile? Dipende tutto da dove va a finire il denaro prodotto con
l'alleggerimento quantitativo. In Giappone, il denaro preso in
prestito dallo stato torna nelle tasche dei cittadini sotto forma di
previdenza sociale o interessi sui loro risparmi. I soldi sui conti
bancari dei consumatori stimolano la domanda, stimolando la
produzione di beni e servizi, facendo aumentare l'offerta. E quando
domanda e offerta aumentano insieme, i prezzi restano stabili.
I
Miti sul “Decennio Perduto”
La
finanza giapponese si è a lungo ammantata di segretezza, forse
perché quando il paese era maggiormente disposto a stampare denaro
per sostenere le proprie industrie, si è fatto coinvolgere nella II
Guerra Mondiale.
Nel suo libro del 2008, In
the Jaws of the Dragon,
Fingleton suggerisce che il Giappone abbia simulato l'insolvenza del
“decennio perduto” degli anni 90 per evitare di incorrere
nell'ira dei protezionisti americani a causa delle sue fiorenti
esportazioni di automobili e altre merci. Smentendo le pessime cifre
ufficiali, durante quel decennio le esportazioni giapponesi
aumentarono del 75%, ci fu un incremento delle proprietà all'estero,
e l'uso di energia elettrica aumentò del 30%, segnale rivelatore di
un settore industriale in espansione. Arrivati al 2006, le
esportazioni del Giappone erano diventate il triplo rispetto al 1989.
Il governo
giapponese ha sostenuto la finzione di adeguarsi alle norme del
sistema bancario internazionale, prendendo “in prestito” il
denaro invece di “stamparlo” direttamente. Ma prendere in
prestito il denaro emesso da una banca centrale proprietà dello
stesso governo è l'equivalente pratico di un governo che il denaro
se lo stampi, in particolare quando il debito continua a rimanere nei
bilanci ma non viene mai ripagato.
Implicazioni per
il “Precipizio Fiscale” [2]
Tutto questo ha
delle implicazioni per gli americani preoccupati per un debito
pubblico fuori controllo. Adeguatamente guidato e gestito, a quanto
pare, il debito non deve far paura. Come il Giappone, e a differenza
della Grecia e degli altri paesi dell'Eurozona, gli USA sono gli
emittenti sovrani della propria valuta. Se lo volesse, il Congresso
potrebbe finanziare il proprio bilancio senza ricorrere a
investimenti esteri o banche private. Potrebbe farlo emettendo
direttamente moneta o facendosela prestare dalla propria banca
centrale, a tutti gli effetti a zero interessi, dato che la Fed versa
allo stato i suoi profitti dopo averne sottratto i costi.
Un
po' di alleggerimento quantitativo può essere positivo, se il denaro
arriva allo stato e ai cittadini piuttosto che nelle riserve
bancarie. Lo stesso debito pubblico può essere una cosa positiva.
Come testimoniò Marriner
Eccles, direttore della Commissione della Federal Reserve, in
un'audizione davanti alla Commissione Parlamentare Bancaria e
Valutaria [ House Committee on Banking and Currency] nel 1941, il
credito dello stato (o il debito) “è ciò in cui consiste il
nostro sistema monetario. Se nel nostro sistema monetario non ci
fosse il debito, non ci sarebbe nemmeno denaro”.
Adeguatamente
gestito, il debito pubblico diventa il denaro che i cittadini possono
spendere. Stimola la domanda, finendo per stimolare la produttività.
Per mantenere il sistema stabile e sostenibile, il denaro deve avere
origine dallo stato e i suoi cittadini, e finire nelle tasche del
medesimo stato e dei medesimi cittadini.
Ellen
Brown è avvocato a Los Angeles e autrice di 11 libri. In Web
of Debt: The Shocking Truth about Our Money System and How We Can
Break Free,
mostra come un monopolio bancario abbia usurpato il potere di
emettere valuta, sottraendolo alla sovranità del popolo, e come il
popolo possa riappropriarsene. Altri
articoli di Ellen Brown. Il suo sito
personale.
note del
traduttore
[1]
Le poste giapponesi, pur diventando un vero e proprio istituto di
credito, a differenza di altre banche commerciali ha come attività
principale il risparmio. [Wikipedia]
[2]
“Fiscal Cliff: letteralmente “rupe fiscale” ma reso in italiano
anche con “precipizio”, il “fiscal cliff” indica il doppio
impasse che dovranno affrontare gli Stati Uniti alla fine di
quest'anno, quando scadranno gli incentivi fiscali introdotti
nell'era Bush e si dovrà trovare un accordo sul tetto al debito Usa
per evitare tagli automatici alle spese e aumenti delle tasse. Il
fiscal
cliff
potrebbe esercitare pressioni significative sulla crescita Usa nei
primi mesi del prossimo anno. Nel peggiore dei casi si rischierebbe
anche una nuova recessione. Di qui la minaccia delle agenzie di
rating (ultima ieri Fitch) di abbassare il giudizio sulla solvibilità
degli Stati Uniti in caso di mancato accordo al Congresso. [Il
Sole 24 Ore – 30 agosto 2012]
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