Tonino D'Orazio
Nella coalizione e nella
“sinistra” in genere. Lo spostamento a destra, ormai dichiarato,
non può che portare all’implosione del partito, alla perdita
degli iscritti e degli attivisti. E’ la storia delle scissioni. Del
Psi della metà degli anni ’60 con il primo centro-sinistra (nacque
lo Psiup, 5%) e dal 1992 in poi con la fuga direttamente a destra con
Berlusconi. Stessa strada imboccata dal Pasok greco. In accordo con
la destra greca è passato da 47% al 12% in due rapide elezioni.
Molti dicono per “responsabilità” verso il paese, molti dicono
per “irresponsabilità” verso i propri elettori. La stessa
situazione italiana di oggi per il Pd, che in realtà è definito
solo da Berlusconi come “sinistra” italiana. Termine topografico
parlamentare dopo aver fatto il vuoto intorno a sé, non di idealità,
o di programma se non fumoso. Per questo il Pd non può volere subito
le elezioni, malgrado l’eventuale riforma della legge elettorale. A
meno di truccare di nuovo le carte con premi ad personam.
Tanto continuano ad avere la maggioranza dei 2/3 del Parlamento per
poter modificare la Costituzione, con la benedizione del garante.
La prevedibile
compromissione rappresenta sicuramente una indecenza per quegli
elettori che avevano creduto che il Pd fosse alternativo al governo
precedente, pur senza aver mai detto come in campagna elettorale, e
avrebbe permesso probabilmente di respirare. Ora il re è nudo e
purtroppo per esistere deve sempre più arroccarsi al canuto
bi-presidente e alle poltrone di potere. Senza avere mai la sicurezza
di quanto tempo ci potranno rimanere, visto il sicuro smarcamento,
quando ci sarà il voto segreto, di parte del partito che vuole
rimanere onesto verso i propri elettori. E qui non c’entrano i
giovani e le donne, sono le facce della stessa medaglia. Non sono
stati eletti dai cittadini ma designati dalle segreterie di partito.
Parlamentari liberi per Costituzione e ricattati se non allineati.
Ulteriore vulnus democratico, ma a chi importa?
E’ oggi un partito al
governo ma sotto ricatto di Berlusconi, come quello di Monti, da
fargli fare le porcate e da far cadere a piacimento al momento
opportuno. Un partito dalla padella alla brace. Quello che forse
voleva evitare Bersani, (continuerà ad opporsi a Berlusconi?) ma non
i giovani che avanzano, Letta compreso. Un partito frammentato in
protettorati di politici rampanti, e l’unico che ancora non ha
pagato nulla è il vecchio D’Alema. Insomma mossa geniale di
Berlusconi che si assicura il presente e il futuro sulle spoglie del
Pd. E’ il V governo Berlusconi, con due mastini a proteggere i suoi
interessi, Alfano al ministero dell’Interno e la tecno-poliziotta
Cancellieri alla Giustizia. Magistratura, muovetevi se potete! In
più a tenervi sotto controllo ci sono Napolitano e Mancino, il
mediatore tra stato e mafia.
C'è stata troppa fretta
nel rieleggere Napolitano. Sì c'è stata molta fretta. Tutto si è
messo in moto, affinché nulla fosse mutato. Anche la rielezione di
Napolitano va in questa medesima direzione. Due terzi degli italiani
hanno detto no alla continuità del massacro sociale. Un terzo era
del Pd. Conclusione? Abbiamo lo stesso governo con politiche
obbligate di destra e lo stesso presidente di prima. Solo nel governo
cambieranno un po’ di nomi, quelli del Pd, e torneranno in forza
quelli disastrosi del Pdl. Il resto sono chiacchiere politichesi. Il
tradimento è esplicito.
Forse la parola potrà
sembrare pesante, ma come descrivere la dissociazione del Pd dalla
sua campagna elettorale, sfociando nelle negate larghe intese, e il
tradimento dal sentire comune di gran parte dei suoi elettori,
soprattutto giovani che occupano le sedi del partito in tutta Italia?
Sembra il detto popolare “passata la festa, gabbato il santo”.
Forse solo Epifani,
Barca, Nencini e Vendola, possono convocare gli stati generali per un
partito della sinistra democratica italiana, nel solco del socialismo
o della soialdemocrazia europea. Un partito chiaro. Bisogna proprio,
finalmente, che questo blob di partito attuale possa dividersi e una
parte possa ritornare nei propri alvei politici, storici e
trasparenti per quello che sono. Renderebbero il nostro un normale
paese europeo e potrebbero avere, forse, meno compromissioni.
Non è bastato a Vendola
firmare un impegno di «lealtà agli impegni internazionali e ai
trattati sottoscritti dal nostro paese» (vale a dire l'agenda Monti,
Maastricht, Lisbona, Fiscal Compact, austerity, etc.), la ferocia
della «destra proprietaria» (come l'ha recentemente definita
Rossana Rossanda) che in Italia si combina con le cosche del
centro-destra-sinistra e la Confindustria, sempre dolente e
piangente, non lascia margini nemmeno a Sel e nemmeno alla scelta di
opposizione.
Dopo l’impegno, a chi e
a che cosa?
Ma se il Pd non si
divide, la fine di Sel è preannunciata. Nessuno, in coalizione
forzata dalla legge elettorale, può mettere il bastone tra le ruote
del Pd e fare opposizione al governo. Non c’è due senza tre. Lo
abbiamo visto con i comunisti e la sinistra radicale, fuori dal
parlamento. Lo abbiamo visto con Italia dei Valori, fuori dal
parlamento.
A destra non è la stessa
cosa. Possono fare quello che vogliono, sia il Pdl che la Lega. Sono
a geometria variabile. Così come gli ex democristiani. Un passettino
a destra o uno a sinistra, sempre un passettino è, e sempre al
centro sono. Con il potente aiuto della chiesa romana. Chissà quanta
pressione abbia fatto la Cei, magari telefonando personalmente ad
ogni parlamentare del Pd, per evitare che un laico come Rodotà
potesse diventare presidente! Sempre se il Pd poteva permettersi di
pensarlo.
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