di Tonino D'Orazio
Lo prevedevo, diciamo
pure lo speravo, ma Napolitano non è andato via. Ho sbagliato, non è
finita. Le altre spallate alla Costituzione arriveranno puntualmente.
Il capo si arroccherà sulla poltrona fino alla morte, malgrado
tutti. Forse ci costerà anche qualche funerale di “stato”, una
mano sul cuore e l’altra altrove. Il peggiore presidente della
storia della repubblica, replica. Contento lui che può continuare a
pavoneggiarsi e sentenziare al limite del banale, per non utilizzare
altri termini. Sempre che possa presentarsi ancora tranquillamente in
pubblico senza essere fischiato dovunque vada. Contento Obama.
Contenti i paesi oppressori e i tecnocrati europei. Contenti quelli
del Pdl, di Monti e degli ex-fascisti che rientrano in gioco per la
continuità e lo scempio del nostro paese. Grande esperienza, ci sono
da 20 anni. Contenti i Pd meno elle, si sono ricompattati e possono
finalmente inciuciare di nuovo, in grande riconciliazione, alla
faccia dei loro iscritti. Contenti i Sel, si sono smarcati al momento
giusto, quando serviva, giusto in tempo per iniziare una parabola
discendente alla Di Pietro se i suoi eletti tenteranno ancora di
intralciare il Pd. E’ successo ai comunisti, poi ai dipietristi e
poi, se la legge elettorale rimarrà identica, o affine con il premio
di coalizione, toccherà a loro. Come si può prevedere non c’è
due senza tre.
Malgrado i teatrini che
saranno capaci di fare con il prossimo governo di “larghe intese”
sponsorizzato dal “nuovo” che avanza, Napolitano, c’è da
sperare che non la facciano questa riforma elettorale. Visto che
questa parola “riforma”, per almeno quindici anni, ha
rappresentato solo una feroce diminuzione dei diritti di cittadinanza
e di sgretolamento della Costituzione, soprattutto in tempi così bui
per la repubblica, speriamo non la facciano. Viaggeremo verso un
presidenzialismo fascistizzante. Al peggio sembra non esserci fine.
Tutti contenti, eccetto
quelli che possono rappresentare una nuova speranza per il nostro
paese e sicuramente per milioni di cittadini. Il “colpo di stato”
che non c’è, in realtà, per quanto riguarda legalità e
funzionamento istituzionale, c’è però nella riproposizione della
continuità del disastro nazionale che i cittadini hanno fortemente
rifiutato. Dando voti (due terzi del totale) comunque a due
coalizioni che propugnavano il cambiamento, uno a parole come
dimostra adesso il Pd, l’altro nuovo e radicale sulla
moralizzazione come il M5S. Sta qui il “colpo di stato” contro la
volontà popolare espressa elettoralmente. Ed è questa la colpa del
garante Napolitano, di aver disprezzato gli elettori e riproposto il
palazzo bunker gestito da altri paesi. Il Pd è andato sul deleterio
e il “vecchio”, in un lento suicidio politico soprattutto di
questi giorni, ma connaturato alla sua fluttuante e confusa linea.
Anzi si può dire oggi che tatticamente hanno tentato di logorare il
M5S cercando di lasciarlo con il cerino in mano. Il Pd potrà
ricompattarsi sugli affari e sulle spartizioni di cosiddetto potere;
hanno i loro santi scandalistici in continuazione, ed è quello che
hanno scelto. Sono costretti a ricompattarsi. Ma quali dimissioni
della segreteria. In Italia non si dimette mai nessuno, soprattutto
se perdente. Nemmeno Renzi potrà urlare “al voto subito” dopo
aver scassato (a nome di chi?) e rottamato il suo partito se non
forse anche suicidatosi sulla sua leggerezza politica.
Forse l’intervento del
ministro Barca, in un momento drammaticamente sbagliato, ha tentato
di riportare il Pd sulla normalità europea di una sinistra, anche
“socialdemocratica” piuttosto che socialista (ancora in dotazione
al fantomatico Psi), alternativa alle destre, almeno elettoralmente,
tentando di sgravarlo di dosso dall’ipoteca cattolica onnipresente
e ricollocandolo nell’ambito della volontà popolare espressa
elettoralmente. Purtroppo il laico vero e serio, come lo vuole la
nostra Costituzione, non poteva che essere Stefano Rodotà.
Ancora un vulnus di
reazione nella rielezione del canuto Napolitano. L'art. 84 della
Costituzione recita: "L'ufficio di Presidente della Repubblica è
incompatibile con qualsiasi altra carica." Viene rieletto un
presidente ancora in carica? Napolitano non si è mai dimesso, se la
scadenza vera è quella del 15 maggio, la sua elezione é nulla. Va
rifatta il 16 maggio. Il Presidente ancora in carica non può essere
rieletto, doveva rassegnare le sue dimissioni per essere eleggibile.
Ma tanto, per quel che vale la Costituzione in mano ai manipolatori!
Pensare che ci giurerà di nuovo sopra. Sicuramente un po’ dei suoi
“saggi” troveranno le più squisite disquisizioni giuridiche per
rintuzzare questa ipotesi di annullamento.
Potevano eleggere il
costituzionalista Rodotà? Ma la domanda del perché il Pd non ha
voluto Rodotà, a rischio di sfasciarsi, rimane aperta. O la risposta
“alla greca” (voluta dalla Troika) era già scritta. O il governo
era già fatto mentre si scherzava bruciando definitivamente un po’
di nomi. Ovviamente quelli del Pd.
Forse su qualcosa ci
divertiremo, soprattutto se le presidenze Rai e Copasir (servizi
segreti) toccheranno al M5S. Ma è più che probabile che la Rai
verrà rapidamente privatizzata, cioè regalata a Berlusconi, e che
non sapremo mai nulla sulle stragi di stato, perché i documenti
verranno secretati fino al tre mila visti i tempi di permanenza dei
politici nelle istituzioni.
Alcune considerazioni suggerite dal passato recente.
RispondiEliminaNapolitano ha salvato Berlusconi due volte: la prima nel 2010 dopo la strappo di Fini, chiedendo e ottenendo che la sfiducia venisse posticipata a dopo l'approvazione della legge finanziaria (la scusa: emergenza paese).
La seconda quando invece di sciogliere le camere nel 2011 si inventò il governo Monti (la scusa, nuovamente: emergenza paese).
In entrambi i casi dette tempo al PDL di salvarsi e riorganizzarsi, in entrambi i casi la collaborazione del PD fu totale (per chi si ostina a non vedere che questi due partiti sono organici l'uno all'altro).
Rodotà mi risulta essere l'unico, fra le figure "istituzionali", ad avere criticato il pareggio di bilancio in Costituzione e l'approvazione del Fiscal compact. La sua elezione avrebbe costituito un pesante intralcio all'obiettivo conclamato PD/PDL di riformare (rovesciare) la Costituzione in senso neo-liberista e anti-democratico.
Con un Napoletano europeista senza se e senza ma e un M5S che non sembra porsi seriamente il problema europeo (che è un problema democratico, oltreché economico), temo che questo obiettivo sarà raggiunto senza difficoltà.