da Sostiene De Magistris
L'Europa delle banche che detta la linea al parlamento nazionale, per
mezzo del governo tecnico, annullando politica, parlamento, democrazia,
Costituzione, sovranità popolare.
L'ossessione per il
debito, insieme al diktat degli istituti finanziari europei e
internazionali, fanno scivolare, in fondo alla classifica delle
priorità, la giustizia sociale, i diritti dei cittadini (del lavoro in
primis), il welfare state, la partecipazione delle comunità, l'autonomia
degli enti locali. E' la stagione della tecnica che ci governa, è la
stagione della sospensione della politica.
Una politica
colpevole perché incapace, fino ad oggi, di autoriformarsi dando
risposte ad una crisi finanziaria senza precedenti.
Una
crisi finanziaria che, a causa di questo vuoto di risposta e reazione
politica, ha provocato l'imporsi della risposta e della reazione
tecnocratica, generando così una crisi anche democratica e civile.
L'ultima pagina di questo tempo buio che stiamo attraversando è stata
scritta poche ore fa in Senato, dove è stata approvata l'introduzione
del pareggio di bilancio in Costituzione, modificando l'art. 81.
Spiegano
illustri studiosi della materia che si tratta della più importante
trasformazione/involuzione della nostra Carta dopo la devolution
dell'allora ministro Calderoli.
Uno stravolgimento
costituzionale avvenuto nel silenzio generale e senza dibattito
pubblico, per il quale non ci sarà nessun referendum fra i cittadini.
Evidentemente per per questo parlamento di nominati, che hanno scelto di
rinunciare al loro ruolo politico affidandosi alla "salvezza tecnica",
la Costituzione è proprietà di pochi che può essere svenduta alle banche
centrali europee e alle misure liberiste.
Un obbligo imposto non solo allo Stato ma a tutti gli enti amministrativi e che rientra nel cosiddetto Fiscal compact europeo.
La
vittoria integrale del mercato senza regole, lo stesso che ha generato
la crisi dimostrando la sua fragilità e pericolosità, e che annichilisce
le istituzioni pubbliche, dallo Stato ai Comuni, tutti impossibilitati
ad intervenire nella gestione dell'economia nell'interesse dei
cittadini.
Come amministratore e come cittadino non posso
che aggiungere, dunque, la mia voce di preoccupazione a quella
collettiva che si alza in queste ore.
Dopo il vincolo
assurdo del patto di stabilità e la vicenda surreale dell'Imu (che i
Comuni, ridotti a gabellieri del paese, devono imporre ai loro
cittadini, salvo poi consegnare il 50 per cento delle entrate riscosse
allo Stato), ecco che un altro limite è imposto all'autonomia degli enti
locali che, più di tutti, sentono il peso della responsabilità verso le
comunità che governano, poiché sono eletti direttamente e sono in prima
fila nel fronteggiare le tensioni sociali che infiammano i territori.
Perché
su gli enti locali, soprattutto, grava l'onere di proteggere la
democrazia stessa difendendo i diritti e i servizi sociali, i quali non
possono essere sacrificati alle sole logiche neoliberiste e ai soli
dettami del mercato. Occorre dunque un cambiamento di rotta da parte del
governo Monti ed occorre che la risposta politica riprenda il
sopravvento su quella tecnica, la quale è tutto fuorché neutrale, avendo
imposto una svolta conservatrice e liberista che non risolve la crisi
ma ne amplifica la portata negativa per il futuro, anche sotto il
profilo democratico.
Occorre che i cittadini, le comunità,
gli enti locali si mobilitino a difesa dei loro diritti e della
Costituzione. A Napoli stiamo cercando di portare avanti questa
battaglia civile, non perdendo occasione per ricordare al Governo che la
sovranità appartiene al popolo, che sforeremo il patto di stabilita per
difendere i diritti e i servizi essenziali dei cittadini, che gli enti
locali non sono gli ammortizzatori nazionali della crisi, che la Carta
non si può stravolgere per volere del mercato europeo.
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