di Franco Cilli
Vorrei scrivere qualcosa di interessante sul Nuovo Soggetto Politico e sull'alternativa politica in generale sul nostro paese, ma mi rendo conto che la cosa è estremamente ingarbugliata e che è molto difficile dire cose non scontate e gravate dalla solita retorica, o peggio ancora avvolte nelle spire di un linguaggio oscuro e incomprensibile. Ho letto con interesse l'articolo di Asor Rosa sul Manifesto di ieri e forse dico sciocchezze, ma da tutte quelle belle parole su San Tommaso, accostato indegnamente a Negri, ho ricavato la sensazione che Asor Rosa volesse solo difendere l'esistenza dei partiti come istituzioni pubbliche e la loro valenza come portatori di istanze generali della società, cosa che un soggetto politico amorfo e dai confini incerti non sarebbe in grado di fare.
Vorrei dire solo una cosa in maniera
ben chiara, per quanto mi riguarda sono arcistufo di popoli viola,
indignati e quant'altro, movimenti evanescenti che producono
conseguenze rilevanti solo nella mente di Negri, che li vorrebbe
fuori dalla politica istituzionale, ma non si sa come anche agenti di un
cambiamento radicale (come si cambia davvero se non si cambiano le
istituzioni?). Se questa è un'aporia mi piacerebbe che qualcuno
cercasse di risolverla, anche se personalmente non ho mai creduto
nella “filosofia” né come sistema di indagine della realtà né
come faro della politica, e al contrario ho sempre creduto nella
“sperimentazione politica”, nell'intervento sul campo, fatto di
azioni concrete valutate nelle loro conseguenze pratiche, principio a
cui Negri sembra volersi affidare negli ultimi tempi. La
sperimentazione però deve avere basi solide e solide premesse. Bene,
credo che le basi solide ci siano, sia in termini teorici che
motivazionali, basta solo dire che il sistema capitalistico nella sua
forma più recente, il liberismo, ha prodotto e continua a produrre
disastri incalcolabili per l'umanità, le prove di questo disastro
certo non mancano e negli anni abbiamo elaborato una scienza della
politica e della società sicuramente molto sofisticata. Da quello
che sappiamo possiamo certo ricavare la necessità di un cambiamento
radicale e di sostanza della società senza lambiccarci il cervello
più tanto, e credo che fin qui siamo tutti d'accordo. Occorre adesso
capire in che maniera e seguendo quale “protocollo” vogliamo
sperimentare. Posto che non possiamo fare affidamento su una classe sociale
(fordista o post-fordista che sia) come leva di un cambiamento
radicale, allora dobbiamo dare per assodato che occorra far leva su
una moltitudine umana eterogenea, la quale partendo dalla propria
condizione materiale scorga l'alternativa all'esistente come unico
orizzonte possibile. Bene, tutto ciò non implica alcuna novità,
sono cose che dicono tutti ormai persino commentatori non certo
“radicali”. Il problema vero è come coniugare i “differenti
tipi logici” per mutuare un termine russelliano, cioè come
coniugare l'impulso al cambiamento che viene dalla società civile
con le sue istanze di rinnovamento della politica, di estensione del
concetto di rappresentanza, di tutela dei diritti e del lavoro, con
la necessità di incidere sulle istituzioni e sulle scelte politiche
generali. In altre parole la politica dal basso va bene, ma come si
traduce questo in governo reale del territorio e della macchina
statale? In che modo possiamo sperimentare nuove forme di lotta
politica, senza perdere di vista il potere vero? Appare evidente che
più il movimento proclama la sua alterità nei confronti della
politica dei partiti e quindi delle istituzioni “reali”, minore è
l'impatto della società civile sulle istituzioni stesse. Coniugare i
due momenti diventa allora essenziale - e qui la sperimentazione ha un
senso - comprendendo che questi hanno logiche, contesti e scansioni
temporali affatto diverse, ma che nessuno dei due può essere preso in
considerazione senza l'altro. In definitiva se il nuovo soggetto
politico non sarà in grado di influenzare in maniera determinante il
processo elettorale e insieme a questo una strategia complessiva di
uscita dal liberismo economico, concertata ad un livello perlomeno
europeo, non otterremo nulla di concreto se non qualche fenomeno
folkloristico passeggero. La disponibilità di Vendola a questo
riguardo è una cosa positiva e c'è da auspicarsi che altre forze,
aldilà del Pd, si rendano disponibili ad un dialogo. Sto parlando
chiaramente di rinnovamento della classe politica a partire dai
comuni per arrivare all'apparato statale e allo stesso tempo di una
controffensiva netta e decisa contro il liberismo. La differenza qui
fra pubblico e comune e quindi fra il “benecomunismo” come ultima
frontiera dell'ideologia e il pubblico come categoria economica
pratica radicata nella realtà, mi sembra essa stessa ideologica e
poco interessante. In realtà pubblico e bene comune sono categorie
non nuove come giustamente rileva Asor Rosa, quello che conta
attualmente sono i bisogni reali che queste categorie racchiudono in
sé in termini di fruizioni di servizi, tutela del patrimonio
ambientale (pubblico e privato), di un Welfare efficiente e di
garanzie per il futuro.
Non va però trascurato un altro
fattore determinante: la crescita economica. Sia come sia, ma
dobbiamo capire bene come il concetto di beni comuni o di pubblico si
coniughi con il concetto di crescita, poiché se la decrescita è un
concetto vago e un po' ingenuo, la crescita illimitata è
insostenibile sia da un punto di vista logico che ambientale. Ma non
è tutto, poiché oggigiorno il concetto di crescita o se volete
anche di deficit spending, si contrappone drasticamente ad un
concetto di austerità costruito ad hoc dalle politiche
europee, che penalizza decisamente i ceti poveri a vantaggio di una
classe di rentiers. Non è proprio così si dirà, visto che
persino il FMI si è accorto che l'austerità è un danno per
l'economia (soprattutto quella americana), ma fatto sta che
paradossalmente l'austerità, da sempre vista come misura
calmieratrice di un “consumismo democratico” con l'accesso ai
consumi di una larga massa di persone, è oggi la più preziosa
alleata di un certo capitalismo alimentato dalle varie scuole
neoclassiche e liberiste. Barnard offre una soluzione alternativa
alle teorie neoclassiche in economia, che più che sperimentale è
per lui assiomatica e imprescindibile: la Modern Money Theory, per la
quale si rimanda al sito democraziammt per maggiori approfondimenti. Detta in
parole molto povere si tratta di una sorta di keynesismo rivisitato
che pone come costante imprescindibile un bilancio statale a debito
e contestualmente una moneta sovrana, a garanzia di un accesso diffuso
al reddito e ai consumi.
C'è qualcosa però in questa teoria che non va, parte il paradosso comico di figuri berlusconiani che lanciano
strali contro le politiche tedesche a favore dell'austerità
utilizzando le stesse tesi di Barnard in una cornice semantica di
stampo no-global, ed è l'idea che non si possa uscire da questa
crisi se non con una politica di spesa tout court, senza
alcuna specificazione o revisione del tipo di produzione e dei suoi
processi. Non sono un pauperistica e ritengo che un certo livello di
consumi ce lo siamo guadagnato e che sia ormai da ritenere
“essenziale”, il problema semmai e la generalizzazione di un
determinato standard di vita al mondo intero, ma credo che allo stesso
tempo si debba dare un nome anche ai consumi “inessenziali” e accanto ad una
politica di spesa affiancare una politica di risparmio delle risorse
naturali. Facile a dirsi si dirà, più difficile è dare una risposta a
quelle persone che perdono il lavoro a causa della delocalizzazione
della produzione e di un riassestamento globale dell'economia. Per ora sappiamo per certo che non riusciamo a tenere aperte fabbriche destinate a fallire, e sappiamo in maniera altrettanto certa che dobbiamo dare da spendere alla gente che rimane senza lavoro, ed evitare come dice Barnard che si
ritrovino in un “appartamento marcio e umido” con due figli a
carico senza denaro per il minimo indispensabile.
Ma questo è solo l'inizio della storia, il seguito dipenderà dalla capacità del Nuovo Soggetto Politico di sopravvivere almeno una stagione.
Ma questo è solo l'inizio della storia, il seguito dipenderà dalla capacità del Nuovo Soggetto Politico di sopravvivere almeno una stagione.
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