Mi sto convincendo di un fatto preoccupante: il fenomeno
immigrazione in un contesto di disincanto generale e di assenza di
sovrastrutture mentali generate da grandi narrazioni o da religioni, sta
provocando una mutazione antropologica e anche cognitiva in noi
occidentali. È vero che
la religione cattolica ha ancora una notevole influenza, ma l'idea
del prossimo e di amore incondizionato per questo crea oggigiorno un legame
troppo lasso fra l'individuo e la sua identità religiosa. Vedi i
leghisti ad esempio.
La fede e l'ideologia più della razionalità rappresentano un
generatore di realtà che ti consente di riconoscere l'individuo della
tua specie come simile, permettendoti di stabilire con questi una
connessione emotiva e di seguire un dettato etico
indipendente dalla esperienza soggettiva e dalla inclinazione
personale. Se io mi prodigo per l'immigrato lo faccio perché l'altro
uguale a me mi vincola come imperativo etico e in ragione di una consonanza
emotiva. Ovviamente tutto ciò può essere sovrastato da altri
fattori, quali le condizioni economiche e sociali e una biografia
personale condizionata da esperienze negative, ma oggi la spersonalizzazione del migrante dovuta alla paura atavica
dell'invasione si sta fondendo col cinismo di chi razionalizza le sue
paure con equazioni elementari che vedono nella solidarietà una
variabile non necessaria: della serie perché devo occuparmi dei
migranti, cosa hanno mai fatto loro per me?
Vedo persone buone digrignare i denti contro gli immigrati e
prendersela contro “il solito buonismo della sinitra”, incapaci
di leggere nei propri comportamenti una crisi di valori e una panico
da ignoto e vedo persone che considerano il sentimento una debolezza
e la solidarietà un lusso che non possiamo permetterci, perchè siamo troppi e non c'è più posto.
Purtroppo, questa sorta di sociopatia collettiva è scarsamente
controbilanciata da una considerazione puramente razionale che vede
nella solidarietà e nell'altruismo una scelta conveniente per la comunità tutta, che
travalica il senso etico e la compassione.
Non vedo soluzioni nell'immediato se non sforzarsi di far
riemergere nelle persone un senso di partecipazione alla vita
collettiva con conseguente assunzione di responsabilità.
Certo è che con l'immigrazione rischiamo grosso, poiché i vari
Salvini e compagnia sono solo un alibi per la paura e l'odio verso
l'invasore e non prospettano alcuna soluzione realistica. Ed è
altrettanto certo che con l'austerità che abbrutisce le persone sarà
sempre più difficile che queste si protendano verso l'altro.
Per una volta sono pessimista sul serio.
mercoledì 10 giugno 2015
L'immigrato è una persona, ma anche no
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