di Giorgio Cremaschi da Micromega
Idioti! Pare che così commentasse il presidente del consiglio
francese Deladier rivolto alle folle festanti che lo accolsero per
l'accordo di Monaco del 1938, ove la grande Germania di Hitler umiliava
la piccola Cecoslovacchia con il concorso di tutta l'Europa.
Naturalmente tutto è diverso da allora e i paragoni son sempre
forzature, se non per tre singolari coincidenze.
La prima è che la piccola Grecia con un PIL inferiore al 2% della UE
si trova ad una tavolo con rapporti di forza a proprio danno simili a
quelli della Cecoslovacchia del 1938. La seconda è che un eventuale
accordo di Bruxelles provocherebbe in Europa una euforia incosciente
simile a quella di 77 anni fa. La terza è che l'accordo, almeno per la
Grecia, non risolverebbe nulla, rinviando solo per un po' di tempo la
resa dei conti con il tentativo di quel paese di abbandonare le
politiche di austerità.
Purtroppo in assenza di mutamenti profondi nelle politiche economiche
della Germania e di tutta la UE, un eventuale compromesso di facciata
che allentasse il cappio del credito sulla Grecia, servirebbe solo a
logorare la credibilità ed il consenso del governo di Syriza, servirebbe
a "renzizzare" Tsipras. Poi tra qualche tempo la UE e la Troika
tornerebbero all'attacco, per far definitivamente fallire il solo
esperimento politico di sinistra nel continente europeo colpito dalla
crisi e così riproporre con ancora più arroganza la politica di
austerità.
Queste considerazioni non rappresentano in alcun modo una critica al
governo greco. Nessun europeo di sinistra ha diritto oggi di suggerire o
proporre ai greci, di fronte al silenzio, alla complicità, alla
rassegnazione che in tutto il continente ha accompagnato l'intervento
della Troika verso quel paese. I grandi sindacati, i partiti socialisti
son stati o complici dei creditori o passivi. La sinistra radicale non è
riuscita a fare nulla di significativo. Le nuove forze indignate son
troppo giovani e troppo legate alla crisi dei loro paesi per costruire
una iniziativa internazionale. La destra euroscettica conservatrice e
fascista ovviamente ha solo da guadagnare dal crollo delle speranze
suscitate da Syriza.
In sintesi la Grecia è sola e noi possiamo solo colpevolmente stare a
guardare. Ciò nonostante c'è da augurarsi che il confronto impari di
Bruxelles si concluda senza accordo e che l'Europa precipiti nella crisi
di sistema che merita e che è necessaria perché le cose cambino.
Sgomberiamo il campo dai valori civili e morali. Questa Europa li ha
sommersi nelle scogliere di Ventimiglia e nelle frontiere del Donbass
ucraino ove sostiene truppe che si fregiano di simboli nazisti. Se nel
passato si era potuto coprire gli interessi finanziari con i superiori
valori democratici del continente, oggi questa ipocrisia mostra tutta la
sua malafede. Questa Europa difende solo le sue ricchezze e i suoi
ricchi, e cerca di associare i suoi sempre più numerosi poveri a questa
lotta contro il testo del mondo. Non c'è nulla di progressivo e avanzato
in un continente che distrugge il suo più importante risultato, lo
stato sociale, e poi cerca di indirizzare la rabbia dei suoi esclusi
verso quelli che stanno fuori. Se si ragionasse sul piano morale questa
Europa sepolcro imbiancato meriterebbe solo di essere travolta.
Ma anche sul piano più cinicamente economico bisogna augurarsi la
rottura. Il merito della cosiddetta trattativa tra il governo greco e la
Troika è di aver fatto emergere due verità di fondo.
La prima è che l'Unione Europea è guidata dalla Germania, è un
sistema planetario con al centro il sole tedesco. Questo sistema si
confronta poi con quello che ruota attorno agli USA, con il FMI, persino
con i BRICS. Ma sempre secondo gli interessi e le regole dettate dal
paese guida. Non c'è l'Europa, c'è la Germania.
La seconda verità l'ha brutalmente ammessa il ministro delle finanze
tedesco Schauble, che ha dichiarato che Euro ed austerità sono la stessa
cosa. È vero, la moneta unica non è solo una moneta, ma un modello di
sviluppo economico. Basta guardare i trattati che l'hanno istituita, a
partire da quello che varò il serpente monetario europeo nel 1979, al
quale il PCI di Enrico Berlinguer si oppose rompendo la politica di
unità nazionale con la DC. Per poi passare a Maastricht, al fiscal
compact e a quel mostruoso pareggio di bilancio costituzionale, che fa
sì che il ministro Padoan possa rimproverare alla Corte Costituzionale
di non essere compatibile. L'Euro e le politiche di austerità sono
coniate dalla stessa zecca e hanno lo stesso corso legale, anzi hanno lo
stesso scopo. Quello di affermare sul continente europeo un sistema di
capitalismo selvaggio che travolga diritti del lavoro, contratti,
servizi, pensioni e scuola pubblica. Un modello americano a trazione
tedesca questa è l'economia dell'Euro.
È riformabile? La vicenda greca di questi mesi dimostra di no. La
questione non è il debito. Un mese di quantitative easing con cui la
Banca Centrale Europea finanzia il sistema bancario perché finanzi il
debito, vale 70 miliardi. La Grecia ne chiede 7, tre giorni di lavoro di
Draghi. Quando nel giugno 2011 il presidente Napolitano proclamò la
necessità dei più ampi sacrifici per ridurre il debito, questo era pari a
1900 miliardi. Ora siamo a 2200 miliardi, trecento in più, una cifra
pari a tutto l'ammontare del debito greco. Ma l'Italia è virtuosa perché
ha tagliato le pensioni e garantito la libertà di licenziamento e
persino di spionaggio dei lavoratori. L'Italia è virtuosa perché fa le
"riforme" chieste dalle banche e aggiunge altre privatizzazioni alle
tante già disastrosamente realizzate. L'Italia è virtuosa perché il suo
governo riceve gli applausi di Marchionne. La Grecia invece con il nuovo
governo ha timidamente tentato di fare un'altra politica, e per questo
va posta all'indice.
Questa Europa non è riformabile, così come non lo era quella dominata
dalla Santa Alleanza degli imperatori del 1848. Certo se scoppiasse una
rivoluzione in Germania tutto cambierebbe. Ma in attesa che quello
accada, la sola possibilità di costruire un' alternativa all'austerità
sta nella rottura della macchina europea e del suo cardine monetario:
l'euro. Come ha scritto Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato Sii:
"Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la
rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso.
Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel
disastro..." Lo stesso vale per i diritti sociali, non c'è conciliazione
tra essi e l'austerità, non c'è una via di mezzo.
Per questo una rottura a Bruxelles ci porterebbe in una terra
sconosciuta, come ha detto Draghi, dove le vecchie politiche di
austerità non potrebbero più essere imposte e guidate con il pilota
automatico. Certo non sarebbe il ritorno all'Eden, ma a quel punto le
politiche pubbliche e di eguaglianza sociale avrebbero una possibilità,
possibilità che viene totalmente negata dal sistema europeo attuale. La
crisi della moneta unica farebbe avvicinare l'Italia alla Grecia, alla
Spagna, a paesi con economie e problemi simili e forse fermerebbe anche
la marcia angosciante e catastrofica verso il confronto militare con la
Russia.
Insomma la rottura dell'Europa dell'euro non sarebbe la soluzione, ma
la premessa indispensabile per trovare una soluzione giusta alla crisi.
La Grecia naturalmente all'inizio verrebbe sottoposta a tutte le
minacce e rappresaglie possibili e sarebbe necessaria verso quel paese
la solidarietà che finora non c'è stata. Ma alla fine, magari con
opportuni accordi con i BRICS , quel paese mostrerebbe a tutto il
continente che la via sconosciuta costruisce più futuro di quella nota
che non porta a nulla.
Ma qui mi fermo perché è molto più probabile che alla fine un accordo
finto si trovi e che tutto continui andare avanti verso il baratro. A
quel punto l'opinione pubblica europea e le Borse festeggeranno lo
scampato pericolo. Idioti.
lunedì 22 giugno 2015
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