sabato 27 giugno 2015
Eurogruppo rompe con Atene. Ue allergica alla democrazia
I governi e la stampa del resto d’Europa non riescono a tollerare l’idea che chi subisce l’austerity possa almeno dire la sua. L’Eurogruppo riprende senza i greci
di Checchino Antonini da popoff
L’Eurogruppo ha rifiutato la richiesta del governo greco di estendere l’attuale programma di salvataggio della Grecia oltre il 30 giugno. All’incontro partecipano anche il presidente della Bce, Mario Draghi, e la direttrice dell’Fmi, Christine Lagarde ma non i rappresentanti del governo di Syriza, la delegazione guidata da Yanis Varoufakis, ministro delle finanze. Sul tavolo c’è l’esame di un fallimento ordinato della Grecia, quando il 30 giugno scadrà l’attuale programma di salvataggio e Atene dovrà ripagare 1,6 miliardi di euro al Fmi, e le conseguenze sull’area euro. È quanto rivelano fonti europee. Il governo greco aveva chiesto ai ministri delle Finanze dell’area euro di estendere il programma per comprendere il referendum del 5 luglio quando, in ossequio al mandato ricevuto da Tsipras e alla costituzione greca, si sarebbe tenuta la consultazione popolare sui termini dell’accordo.
il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem è stato piuttosto netto: il 30 giugno scade l’attuale programma di salvataggio della Grecia e «tutti gli accordi di finanziamento correlati al programma», compresi i profitti della Bce sui bond greci.
Il referendum voluto da Alexis Tsipras sulle proposte dei creditori internazionali «è altamente pericoloso», predica la stampa “perbene”, la stessa che ha coltivato il terreno della narrazione sull’austerity imponendo temi e contenuti a un’opinione pubblica impaurita dalla crisi e incapace di capirne i responsabili. Ad esempio lo Spiegel: «Se i greci votassero per l’Euro e per le riforme, bene. Ma il rischio di un rigetto è alto. La Grecia è una nazione confusa». È quanto si legge in un commento che il settimanale dedica agli ultimi sviluppi della crisi ellenica. «Attraverso gli infiniti dibattiti degli ultimi anni, le misure di austerità, che tanti hanno già dovuto sopportare, molti non sanno più cosa sia giusto e cosa sia sbagliato – sottolinea – In una situazione come questa non bisogna attendersi decisioni razionali». «Tsipras, si legge ancora, è prigioniero delle promesse non mantenibili che lui ha servito ai greci prima delle ultime elezioni. Alimentando l’illusione che la Grecia potrebbe anche uscire dalla crisi senza profondi cambiamenti o senza l’aiuto degli europei e del Fondo monetario internazionale Tsipras inganna il suo popolo». «La Grecia merita politici migliori, che guidino e dicano la verità invece di trarre in inganno la gente», scrive ancora ‘Der Spiegel’. «Con un no al referendum la situazione rischia di sfuggire completamente di mano». Nel caso in cui con il voto il paese «dovesse allontanarsi» evidentemente dall’Europa, questo rappresenterebbe «uno schiaffo in faccia a tutti coloro che da anni cercano instancabilmente di aiutare la Grecia». «Nessun politico europeo sarà quindi più in grado di spiegare ai suoi elettori perché bisognerebbe continuare ad aiutare la Grecia». Non è solo in Italia che la stampa “normale” è allergica alla verità e alla democrazia.
Se il Parlamento di Atene dovesse approvare il referendum proposto dal premier Tsipras sull’ultimo piano dei creditori sarebbe la seconda volta nella storia del Paese che l’elettorato viene chiamato alle urne per una consultazione popolare. La prima volta fu a dicembre del 1974 quando, alla caduta della giunta dei colonnelli, gli elettori dovettero decidere sull’abolizione della monarchia, a favore della quale si espresse quasi il 70% della popolazione greca. Nel testo sottoposto dal governo al Parlamento gli elettori sono chiamati a rispondere con un sì o con un no alla seguente domanda: «Al popolo greco si chiede se accettare la bozza di documento sottoposta dalla Commissione europea, Bce ed Fmi, all’Eurogruppo del 25 giugno scorso…i cittadini che la respingono dovranno votare ‘non approvata/no’, i cittadini che l’accettano dovranno votare ‘approvata/sì’. Una proposta di referendum la fece il 31 ottobre del 2011 anche l’allora premier socialista George Papandreou, alla vigilia del vertice del G20 di Cannes, per chiedere l’approvazione del popolo sul secondo piano di salvataggio per la Grecia, che prevedeva un taglio del 50% del debito greco detenuto dal settore privati. Il referendum, che avrebbe dovuto tenersi il 4 dicembre, venne poi cancellato su pressione fortissima degli altri leader europei, in particolare la cancelliera tedesca Angela Merkel ed il presidente francese Nicolas Sarkozy.
Il destino della Grecia è ancora legato alle decisioni dei suoi creditori, da una parte, e di Atene, dall’altra. Ma in queste ore lo spettro del default si sta facendo un’ipotesi più concreta. Così come l’extrema ratio, l’uscita dall’Euro. Il presidente della Bce Mario Draghi, segue due ‘dogmi’: primo, l’Euro «è irreversibile»; secondo, il terreno oltre la Grexit è «ignoto e inesplorato». (segue)
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