venerdì 12 giugno 2015

La modernizzazione può attendere

di Andrea Fumagalli da Alfabeta2

È molto istruttivo l’editoriale di Giavazzi sul Corriere della Sera pubblicato il 5 giugno scorso. Non tanto per quello che dice ma soprattutto per il tono che utilizza.
La tesi di Giavazzi è molto semplice ed è riassumibile nelle seguente affermazioni: “È ormai evidente che i greci non pensano che la loro società debba essere modernizzata e resa più efficiente” e, poco oltre: “E se i greci non vogliono modernizzarsi, inutile insistere: d’altronde hanno votato a gran maggioranza un governo che continua ad essere popolare. Hanno scelto, spero consciamente, di rimanere un Paese con un reddito pro capite modesto, metà dell’Irlanda, inferiore a Slovenia e Corea del Sud, che fra qualche anno verrà superato dal Cile”.
Di conseguenza che se ne escano dall’Euro, dall’Europa e si arrangino. È colpa loro se non si vogliono “modernizzare” e diventare “efficienti”. Già, perché la modernizzazione e l’efficienza è, ovviamente, quella che può essere raggiunta solo seguendo le politiche neo-liberiste, quelle stesse che Giavazzi propaganda da anni senza mai chiedersi, però, quali risultati abbiano sortito.
A Giavazzi sarebbero più che sufficienti le risposte date da Tsipras nella lunga intervista sempre sul Corriere della Sera del 9 giugno e quindi non entriamo nel merito. Entriamo nel merito invece di alcuni fatti (tra i tanti) che Giavazzi dovrebbe sapere e che si guarda bene dal denunciare.
1. Giavazzi lamenta che troppi sono stati i crediti concessi alla Grecia, ma si esime dal dire che tali crediti non sono andati al governo ellenico (comunque sdraiato, prima di Tsipras, ai diktat della Troika) bensì al salvataggio delle banche tedesche e francesi più esposte. Come emerge dall’analisi dei documenti della Commissione europea, del Fmi e del Governo greco, nel periodo 2010-2014, la Grecia ha ricevuto 23 tranches di finanziamenti per un totale di 206,2 miliardi (non i 400 miliardi millantati da Giavazzi). Di questi, solo 27 miliardi (pari al 13%) sono stati utilizzati per sostenere il bilancio greco. Il 32% è stato adoperato per pagare il debito in scadenza e ben 83,7 (pari al 33%) miliardi sono serviti a pagare gli interessi ai creditori (di cui 9,1 miliardi sono andati al Fmi). Infine, 48,2 miliardi – dietro input della Bce e degli accordi Basilea 3 – sono finiti nella ricapitalizzazione delle banche greche (vedi qui: http://effimera.org/grecia-la-danza-sullabisso-di-francesca-coin-e-andrea-fumagalli).
2. Si noti che tali scopi erano ben noti al Fmi, che nei propri documenti interni, era ben cosciente che l’imposizione dell’austerity non avrebbe potuto consentire la riduzione del rapporto debito/Pil in seguito all’impatto recessivo di tali misure sullo stesso Pil (calato di oltre il 25%). Il 7 ottobre 2013 il Wall Street Journal pubblicava un articolo titolato Past Rifts Over Greece Cloud Talks on Rescue, nel quale Thomas Catan e IanTalley rendevano pubblici documenti confidenziali secondo i quali il Fmi nel 2010 avrebbe accettato di erogare prestiti a favore della Grecia nonostante la consapevolezza dell’insostenibilità del debito greco.
3. Quattro anni di politiche d’austerity hanno messo in ginocchio la Grecia. Un recente dossier della Caritas Italia denuncia le gravi condizioni economiche, abitative, sanitarie in cui versano le famiglie greche – e in particolare i bambini, molti dei quali restano senza cure sanitarie essenziali: la mortalità infantile è aumentata del 43 per cento dall’inizio della crisi. Inoltre è del 336 per cento l’aumento del numero dei bambini abbandonati in cinque anni. È in corso anche la più grande fuga di cervelli della storia recente da un’economia occidentale avanzata: oltre 200 mila giovani dallo scoppio della crisi sono emigrati all’estero. A ciò si aggiunge che la spesa previdenziale si è ridotta del 44%. Quasi il 40 per cento dei pensionati greci già ricevono un assegno mensile inferiore alla soglia di povertà dell’UE (pari € 665). Erano meno del 20% prima della crisi del 2009. Il numero dei poveri ha raggiunto la quota del 30% e la sanità pubblica greca è al collasso.
Certo si tratta di fatti e informazioni che non interessano a Giavazzi. Ma che interessano tutti noi, perché se seguissimo le sue indicazioni di politica economica, il nostro destino (sicuramente non il suo) non sarebbe molto dissimile da quello della Grecia.

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