di Andrea Fumagalli da Alfabeta2
È molto istruttivo l’editoriale di Giavazzi sul Corriere della Sera pubblicato il 5 giugno scorso. Non tanto per quello che dice ma soprattutto per il tono che utilizza.
La tesi di Giavazzi è molto semplice ed è riassumibile nelle seguente affermazioni: “È
ormai evidente che i greci non pensano che la loro società debba essere
modernizzata e resa più efficiente” e, poco oltre: “E se i greci non
vogliono modernizzarsi, inutile insistere: d’altronde hanno votato a
gran maggioranza un governo che continua ad essere popolare. Hanno
scelto, spero consciamente, di rimanere un Paese con un reddito pro
capite modesto, metà dell’Irlanda, inferiore a Slovenia e Corea del Sud,
che fra qualche anno verrà superato dal Cile”.
Di conseguenza che se ne escano dall’Euro, dall’Europa e si arrangino. È
colpa loro se non si vogliono “modernizzare” e diventare “efficienti”.
Già, perché la modernizzazione e l’efficienza è, ovviamente, quella che
può essere raggiunta solo seguendo le politiche neo-liberiste, quelle
stesse che Giavazzi propaganda da anni senza mai chiedersi, però, quali
risultati abbiano sortito.
A Giavazzi sarebbero più che sufficienti le risposte date da Tsipras nella lunga intervista sempre sul Corriere della Sera del 9 giugno
e quindi non entriamo nel merito. Entriamo nel merito invece di alcuni
fatti (tra i tanti) che Giavazzi dovrebbe sapere e che si guarda bene
dal denunciare.
1. Giavazzi lamenta che troppi sono stati i crediti concessi alla
Grecia, ma si esime dal dire che tali crediti non sono andati al governo
ellenico (comunque sdraiato, prima di Tsipras, ai diktat della Troika)
bensì al salvataggio delle banche tedesche e francesi più esposte. Come
emerge dall’analisi dei documenti della Commissione europea, del Fmi e
del Governo greco, nel periodo 2010-2014, la Grecia ha ricevuto 23 tranches
di finanziamenti per un totale di 206,2 miliardi (non i 400 miliardi
millantati da Giavazzi). Di questi, solo 27 miliardi (pari al 13%) sono
stati utilizzati per sostenere il bilancio greco. Il 32% è stato
adoperato per pagare il debito in scadenza e ben 83,7 (pari al 33%)
miliardi sono serviti a pagare gli interessi ai creditori (di cui 9,1
miliardi sono andati al Fmi). Infine, 48,2 miliardi – dietro input della
Bce e degli accordi Basilea 3 – sono finiti nella ricapitalizzazione
delle banche greche (vedi qui: http://effimera.org/grecia-la-danza-sullabisso-di-francesca-coin-e-andrea-fumagalli).
2. Si noti che tali scopi erano ben noti al Fmi, che nei propri
documenti interni, era ben cosciente che l’imposizione dell’austerity
non avrebbe potuto consentire la riduzione del rapporto debito/Pil in
seguito all’impatto recessivo di tali misure sullo stesso Pil (calato di
oltre il 25%). Il 7 ottobre 2013 il Wall Street Journal pubblicava un articolo titolato Past Rifts Over Greece Cloud Talks on Rescue,
nel quale Thomas Catan e IanTalley rendevano pubblici documenti
confidenziali secondo i quali il Fmi nel 2010 avrebbe accettato di
erogare prestiti a favore della Grecia nonostante la consapevolezza
dell’insostenibilità del debito greco.
3. Quattro anni di politiche d’austerity hanno messo in ginocchio la Grecia. Un
recente dossier della Caritas Italia denuncia le gravi condizioni
economiche, abitative, sanitarie in cui versano le famiglie greche –
e in particolare i bambini, molti dei quali restano senza cure
sanitarie essenziali: la mortalità infantile è aumentata del 43 per
cento dall’inizio della crisi. Inoltre è del 336 per cento l’aumento del
numero dei bambini abbandonati in cinque anni. È in corso anche la più
grande fuga di cervelli della storia recente da un’economia occidentale
avanzata: oltre 200 mila giovani dallo scoppio della crisi sono emigrati
all’estero. A ciò si aggiunge che la spesa previdenziale si è ridotta
del 44%. Quasi il 40 per cento dei pensionati greci già ricevono un
assegno mensile inferiore alla soglia di povertà dell’UE (pari € 665).
Erano meno del 20% prima della crisi del 2009. Il numero dei poveri ha
raggiunto la quota del 30% e la sanità pubblica greca è al collasso.
Certo si tratta di fatti e informazioni che non interessano a
Giavazzi. Ma che interessano tutti noi, perché se seguissimo le sue
indicazioni di politica economica, il nostro destino (sicuramente non il
suo) non sarebbe molto dissimile da quello della Grecia.
venerdì 12 giugno 2015
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