mercoledì 22 febbraio 2012

Licenziamo le Marcegaglie

Ai tempi di mio padre il lavoro era un impegno da onorare, un imperativo categorico che incarnava lo spirito del tempo. Ci si identificava col lavoro, visto come una benedizione del cielo e allo stesso tempo come un appendice identitaria. Ti qualificavi per quello che facevi, ma anche se umile il lavoro era lavoro e andava onorato. Con il consumismo la scala dei valori è cambiata: l'importante ora è consumare, consumare fa aumentare lo scoring del tuo punteggio sociale eppoi aiuta l'economia come ti insegnano i fautori della “mano invisibile”. Ti valorizzi per quanto consumi e più becchi il mangime pubblicitario e ti conformi ai modelli televisivi più ti senti felicemente acefalo e omologato. Apparire e consumare, madre che vendono le figlie e si strapperebbero le viscere per vedere le loro figli in TV. Masse di lobotomizzati affetti da narcisismo che fanno la fila dalle varie De Filippi. Questo è il mondo virtuale, ma pur tremendamente reale, dove vive una gran parte delle persone. La Marcegaglia se la prende con gli assenteisti e i ladri difesi dall'Art 18. A parte l'ipocrisia di questa velina griffata e impaccata di soldi, che ha lucrato sul danaro pubblico insieme ai suoi accoliti, grazie alle connivenze della politica per anni, causando debito alla nazione e speculando pure sul debito, ma l'assenteismo e la disaffezione al lavoro sono in gran parte colpa di quelli come lei che hanno alimentato questo sistema di polli da allevamento, creando condizioni di lavoro di merda e ingenerando nell'animo di molte persone (la maggioranza in realtà, detto da uno che viene definito da contratto “dirigente d'azienda” è composta da brave persone che lavorano sodo), l'idea che il lavoro sia solo un contrattempo momentaneo che le separa dal tempo del consumo. L'assenteismo comunque aldilà delle considerazioni di tipo morale, è spesso e volentieri l'unico modo per tirare il fiato, per sottrarsi a lavori stressanti, per nulla gratificanti o appaganti. Chi lavora e non travaglia, lavora con piacere e non andrebbe mai in pensione. Ci si dimentica che il lavoro come mera riproduzione materiale è schiavitù, e una società evoluta dovrebbe superarlo invece che incrudelirlo inutilmente. Lo ammetto a volte l'assenteismo è espressione di un deficit di moralità e anche se non credo che il lavoro abbia un valore etico in sé, credo però che chi interiorizza il lavoro come un dovere sia migliore di chi si ingegna quotidianamente ad evitarlo.
Ad ogni modo facciamola finita, questo parlare di art 18 e di assenteismo è un falso problema, considerate le dimensioni del fenomeno, la posta in gioco reale è solo la sopravvivenza di un sistema economico che produce morte e aberrazioni della natura che una volta si chiamavano padroni e adesso si chiamano imprenditori.
Nessuno in realtà ha mai risposto a una semplice domanda: a che servono i padroni? È per loro che ci vorrebbe l'abolizione  dell'art. 18.

Nessun commento:

Posta un commento

Il racconto truccato del conflitto previdenziale

di Matteo Bortolon da Il Manifesto   Le pensioni sono sotto attacco. Non a singhiozzo, non in fasi circoscritte: sempre. Tale conclu...