venerdì 24 febbraio 2012

Rompi Bersani, rompi

Bersani ha un'ottima occasione: togliersi dai piedi sacrestani e nani politici che si credono la reincarnazione di Talleyrand, con una botta sola. Siamo ad un bivio e Bersani può finalmente ridisegnare la struttura del partito quantomeno restituendogli una fisionomia “socialdemocratica”, depurandolo di tutte quelle ibridazioni contro natura che lo hanno reso una specie di partito borderline, sempre in preda a crisi di identità e all'autolesionismo. La questione dell'art 18 e della legislazione sul lavoro è una questione che può diventare dirimente. Si ridurrà al 10%, ma ne guadagnerà in salute, e in teoria unendosi con Vendola potrebbe addirittura conservare l'attuale percentuale di consenso. I "liberali" e clerici del partito si unirebbero a Casini con percentuali modeste e saremmo tutti contenti. Per quanto io sia propenso a credere che questo partito così com'è sia al di fuori di qualsiasi progetto di società e politica alternativa, c'è ancora la possibilità che Bersani rinsavisca e scommetta sul futuro. Un partito che si dica di sinistra,  erede di una tradizione egualitarista, non può in un momento storico come questo appiattirsi sul liberismo, seppure mitigato da una finta compiacenza verso la base operaia e il sindacato, ma deve al contrario calarsi dentro una visione che si proponga il suo superamento, non per ideologia, ma per una ragione storica elementare: tutti i pensieri unici, come qualsiasi costruzione artificiale dell'uomo sono destinati a crollare, è solo una questione di tempo. La differenza sta solo nell'entità del danno che possono provocare le loro macerie, ed inoltre un paradigma che si fonda sulla crescita infinita in un contesto di risorse finito, per le conseguenze che comporta, è non solo criminale, ma anche illogico e destinato al superamento, pena l'estinzione della specie umana. 
Un tempo la socialdemocrazia rappresentava il punto più alto delle mediazione fra capitale e lavoro, oggi non si tratta più nemmeno di questo, in un contesto globale post-fordista, dove il lavoro cognitivo o se si preferisce il general intellect ha sostituito le vecchie forme di organizzazione dell'organizzazione del lavoro, il problema non sta più nella “soluzione finale”, nella rivoluzione come palingenesi totale e fine della dialettica, ma sta in una diversa forma di rappresentanza della politica, in una redistribuzione delle risorse e in una riconversione in senso ecologico dell'apparato produttivo. Bersani può inserirsi in questo discorso pur con i suoi tempi e le sue “compatibilità politiche”, oppure continuare a credere che il pensiero unico in economia sia tale perché irrinunciabile e insostituibile. Se a Bersani può essere di ispirazione, persino Tremonti che in fin dei conti non è uno stupido, scommette sulla fine del liberismo, seppure non in tempi brevi, e in una nuova Bretton Woods che ridisegni in maniera radicale i rapporti fra politica, economia e finanza internazionale. Ci sono cose che bollono in pentola come la Modern Money Theory (MMT) alla quale molte persone cominciano a credere come soluzione alla crisi, un superamento del liberismo attraverso una forma di keynesismo radicale. Bersani e se davvero la soluzione fosse stampare più soldi? Insomma vuoi davvero logorarti dietro ai Monti e alle Fornero, cioè al FMI e alle grandi banche, che come dice una simpatica economista sono dei secchi bucati dentro i quali continuiamo a immettere liquidità. Senza parlare dello stress per pararti dalle imboscate dei tuoi “amici”, Veltroni, Fioroni, Franceschini, Fassino e compagnia di partito. Fregali, mettili tu con le spalle al muro, fai il  partito “benecomunista” del presidente, avrai molti amici veri e ti sentirai meglio.Vuoi davvero essere ricordato come il segretario del primo partito post-comunista delle storia che si converte al bushismo?

P.S. Stai lontano anche da D'Alema e dalla masnada di corrotti che ti vengono dietro

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