Non mi pare che qualcuno, fra i vari
soggetti che si propongono per un'alternativa politica in Italia, ci
sia qualcuno che rimetta in discussione il cosiddetto “decreto
salva Italia”, una truffa colossale ai danni dei lavoratori, che
nella buona sostanza, per quanto riguarda la materia pensionistica aumenta l'età pensionabile a 66 anni e i
contributi pensionistici ad un minimo di 42 anni e rotti. Tutti danno
per scontato il principio di fondo di “equità intergenerazionale”
di tale decreto, alla cui base sta il concetto del mandiamo in
pensione più tardi le vecchie generazioni per favorire l'ingresso al
lavoro dei giovani. Come dicevo una truffa, per tanti motivi: primo
perché è impensabile per qualsiasi categoria lavorativa sottoposta
a lavori usuranti, ripetitivi o anche di grossa responsabilità, che
il lavoratore resti al suo posto fino a 66 anni. Si aprirebbero scenari
di lunghi periodi di malattia per dipendenti esangui e inutilizzabili causa logoramento psico-fisico, con l'aggiunta di situazioni paradossali, dove da una parte cercano di tenerti dentro per salvaguardare i conti e dall'altra cercano di espellerti dal
lavoro a 50 anni, per prendersi giovani più malleabili, meno garantiti e meno costosi. Secondo perché con questo sistema uno statale, ad esempio, non graverà
sul sistema pensionistico prima dei 70 anni, ma finirà col gravare
comunque sui costi generali dello stato senza consentire al tempo
stesso un ricambio generazionale. Terzo perché nelle attuali
condizioni di mercato non solo i giovani non riescono a entrare nel
mercato del lavoro, ma continueranno ancora per chissà
quanto tempo a rimanere precari. Quindi da una parte schiavi del
lavoro, dall'altra vittime della precarietà. Ciò che però è
estremamente odioso e intollerabile è il voler scaricare la responsabilità del debito
dello stato su un contrasto fra generazioni inventato ad arte.
Qual'è in sostanza la colpa dell'anziano? Una sola, avere dei
diritti conquistati con sudore e sangue. Se consideriamo che tutto
ciò avviene in un paese dove ben altre sono le iniquità su cui
dovrebbe gravare la responsabilità di un bilancio statale
disastrato, la cosa è particolarmente odiosa. Se ci aggiungiamo poi che
i fustigatori nostrani godono di pensioni d'oro e liquidazioni di platino, allora
cominciano seriamente a prudere le mani. Eppure nessuno, fra
politici e sindacalisti, salvo poche eccezioni, considera il dato delle
pensioni un motivo di lotta e di rivendicazione, ma bensì un fatto
incontrovertibile, una battaglia ormai persa, se non addirittura il
raddrizzamento di un torto. Persino la tanto decantata giornalista di Report, Milena Gabanelli ha affermato che aumentare l'età pensionabile è stato un atto sacrosanto, credendo che tutti facciano un mestiere come il suo. Forse sono distratto, ma non ho ancora
sentito nemmeno i vari Landini o Giraudo parlare del ripristino del retributivo e dell'abbassamento dell'età pensionabile. Il momento
non è propizio? Quello che è fatto è fatto bisogna andare oltre?
Oltre cosa? Il baratro? Stiamo di nuovo soccombendo ad una logica
vecchia come il mondo: dare per scontato che la ridondanza di un
messaggio e la sua pervasività equivalgano alla verità, soprattutto
se a diffondere il messaggio è il tuo avversario. La Fiom vuole fare un suo partito? Parli chiaro o vada la diavolo.
Disgraziatamente da quando sono riusciti a conculcarci l'idea della necessità del
risanamento dei conti stiamo ormai giocando sul loro terreno. Basta fandonie, basta farsi incantare da liberisti con la faccia pulita e la tessera del Pd in tasca. Ormai è evidente che la teorie
neoclassiche e liberiste, che coniugano pareggio dei conti con
privatizzazioni, liberalizzazioni e tagli della spesa pubblica,
rappresentano una sciagura biblica, ma seppure volessimo mantenerci
in una dimensione puramente contabile, anche in quel caso soldi ce ne sarebbero in abbondanza
per pagare pensioni e welfare. Se non fosse che la questione è del
tutto ideologica. Lo stato liberale non è concepito come sistema di
garanzie e di tutela del bene comune, bensì (nella sua accezione più
“ nobile”) come teatro della realizzazione delle istanze del
singolo, che nella sua applicazione pratica si traduce nel
mantenimento delle diseguaglianze come sistema armonico di
funzionamento della società. A corollario di questa ideologia di
merda si sono inventati l'idea della "ricchezza che cola” negli
strati più bassi. In pratica ci hanno messo a credere che produrre
ricchezza, e quindi ricconi, è necessario, poiché chi produce
ricchezza ne fa poi colare un po' nei pertugi degli affamati e
oltretutto dinamizza la società. Come dire facciamo ingrassare i
ricchi così almeno mangeremo le briciole e ci terremo in allenamento.
Ribaltare questo paradigma non solo è
sacrosanto, ma è anche necessario se non vogliamo continuare ad
affidare le nostri sorti a gente come la Camusso, che si
differenziano dalle Fornero solo perché hanno un parrucchiere
diverso.
Nessun commento:
Posta un commento