di
David Fitzgerald (dal suo prossimo libro Jesus: Mithyng in Action)
(da freethoughtblogs.com)
traduzione
di Domenico D'Amico
Il
“Gesù della storia” è davvero più reale del “Gesù della
fede”?
Il
Cristianesimo è sulla breccia da molto, molto tempo. Ma ormai
abbiamo superato da un pezzo il punto in cui sarebbe razionale
mostrarsi agnostici riguardo il cosiddetto “Gesù della fede”. È
ridicolo far finta che la mancanza di riscontri storici degli eventi
spettacolari narrati dai Vangeli, tralasciando le contraddizioni
presenti all'interno dello stesso Nuovo Testamento, non costituisca
un problema esiziale per Gesù il divino Figlio di Dio.
Perché
Filone di Alessandria tratta della situazione delle sette ebraiche
del I Secolo in molti dei suoi scritti, e non dice una parola delle
moltitudini che avrebbero seguito il fattore di miracoli, l'audace e
radicale nuovo maestro Gesù attraverso Galilea e Giudea – o anche
su tutti i santi ebrei da lungo tempo defunti che sarebbero emersi
dalle loro tombe riaperte di fresco, vagando per le strade di
Gerusalemme sotto gli occhi di molti?
Se
Gesù venne realmente ritenuto colpevole di blasfemia da parte del
Sinedrio, perché non venne semplicemente lapidato a morte, come
prescriveva la legge ebraica (Mishnah Sanhedrin 6:4
h & i)? Perché l'originale narrazione del processo a
Gesù è così pieno di dettagli antistorici e veri e propri errori
che non avrebbero potuto mai presentarsi come ci viene raccontato?
Com'è che ognuno dei successivi vangeli continua a caricare la
storia originale di ulteriori dettagli tra loro mutualmente
incompatibili?
Perché
Seneca il Giovane registra ogni genere di insolito fenomeno naturale
nel settimo libro delle sue Quaestiones Naturales, inclusi
terremoti ed eclissi, ma non menziona la Stella di Betlemme, e un
paio di terremoti in Giudea abbastanza potenti da spaccare rocce, o
le ore di tenebra soprannaturale che coprì “tutta la terra” - un
evento di cui avrebbe dovuto avere testimonianza diretta?
Perché
i Vangeli non riescono ad accordarsi su tanti fatti fondamentali
riguardo la vita e la predicazione di Gesù, ad esempio su quale
fosse il suo rapporto con Giovanni il Battista – e perché il culto
del Battista fu un rivale del Cristianesimo almeno fino all'inizio
del II Secolo?
Chi
furono i discepoli di Gesù, e perché nessun Vangelo concorda sui
loro nomi? Perché nel Nuovo Testamento i discepoli spariscono così
rapidamente dopo i Vangeli, solo per rispuntare secoli dopo, quando
le chiese cominciano a diffondere leggende rivali su come essi
fossero stati occupati per tutto quel tempo a fondare comunità
cristiane? Se qualcuno di loro fu martire della fede, come insistono
spesso i cristiani, perché nella Bibbia non c'è alcun dettaglio
riguardante la loro morte?
Quando
il polemista scettico Celso chiede al padre della chiesa Origene
quali miracoli abbia fatto Gesù, perché Origene ribatte fiaccamente
che la vita di Gesù fu effettivamente colma di eventi stupefacenti e
miracolosi, “ma da quali altre fonti possiamo trarre una risposta
se non dal racconto dei Vangeli?” (Contra Celsum, 2.33)
Perché
i Vangeli non riescono a concordare su così tanti eventi
fondamentali della vita e predicazione di Gesù? Ad esempio, se fosse
nato sotto il regno di Erode il Grande o invece più di un decennio
dopo, durante il governatorato di Quirino? O sulle motivazioni del
suo arresto? O su quale giorno morì? O sul fatto che apparisse di
nuovo vivo solo per un giorno, o per più di una settimana, o per
quaranta giorni? O sul dove e quando apparisse, e di fronte a chi?
Perché
ci sono così tanti anacronismi ed errori grossolani e
fraintendimenti riguardo l'ebraismo della Giudea del I Secolo? Perché
i Vangeli sono scritti in greco e non in aramaico? Perché i
cristiani insistono nel definirli resoconti di testimoni oculari
mentre nessuno [dei Vangeli] sostiene di esserlo, e neanche fu letto
in tal modo, mentre invece contengono tutti dettagli che indicano che
vennero scritti generazioni dopo?
Perché
Paolo – e ogni altro scrittore cristiano della prima generazione
del Cristianesimo – è così reticente sui dettagli della vita di
Gesù? Perché [questi scrittori] mostrano tanta ignoranza riguardo i
miracoli di Gesù e i suoi insegnamenti?
Malgrado
i proclami neotestamentari riguardo un Cristianesimo che si diffonde
come un incendio, attraendo nuovi seguaci a migliaia con ogni nuovo
miracolo o sermone ispirato, come mai il Cristianesimo rimane un
culto oscuro, che fatica ad affermarsi, formato da chiese in
contrasto tra loro, ai margini della società romana per più di tre
secoli?
Perché
non esiste un singolo riferimento storico a Gesù nell'intero I
Secolo, a parte un paio di frammenti, chiaramente interpolati, nelle
opere di Giuseppe Flavio?
Potremmo
porre simili domande spinose per tutto il giorno, senza esaurirle. È
imbarazzante essere costretti a porre in luce uno qualunque degli
ovvi elementi mitologici dei Vangeli, eppure gran parte dei 2,1
miliardi [di cristiani] sembra ignara di quanto essi siano ridicoli.
Non dobbiamo nemmeno arrivare a stabilire se quei miracoli fossero
possibili, o sottolineare come aneddoti, illusioni e frodi
siano comuni, mentre i miracoli verificati sono pochi, se non nessuno
– dobbiamo solo domandarci: se sono davvero accaduti, perché
nessun altro se n'è accorto? I cristiani sono liberissimi di
porre la loro fede nel messia che preferiscono, per quanto
occorrerebbe qualcosa di più della fede cieca e di un udito
selettivo per convincere il resto di noi che il loro Cristo sia
qualcosa di più di un Gesù di loro creazione. Ma che dire del Gesù
reale?
Gli
apologeti amano ripetere e ripetere la vecchia bugia che “nessuno
storico serio respinge la storicità di Cristo,” ma non riescono a
capire (o evitano di proposito di farvi accenno) che il “Gesù
storico” che la maggior parte degli storici in effetti accetta è,
al massimo, nulla di più di un ennesimo predicatore itinerante del I
Secolo, fondatore di un culto marginale che alla fine si trasformò
nel Cristianesimo – in altre parole, un Gesù che confuta
completamente il loro Gesù.
Dal
punto di vista dell'attivista ateo medio, tutto questo sarebbe più
che sufficiente a sistemare la questione. Ma le verità è che la
questione non è poi così semplice. Che dire del “Gesù storico”
alla base di tutte queste stratificazioni leggendarie? Siamo davvero
in grado di sapere cosa il vero Gesù di Nazareth ha fatto e detto?
Più
di un decennio fa, dopo aver letto la brillante e spiritosa Ken's
Guide to the Bible di Ken Smith, divenni curioso di conoscere
le risposte a domande come queste. Per farla (molto, molto) breve:
cominciai a studiare le prove storiche riguardanti Gesù, e seguendo
il filo, e tirandolo, ho finito per disfare l'intero maglione. Il
risultato è il mio libro Nailed:
Ten Christian Myths That Show Jesus Never Existed at All.
E lo intendo alla lettera; sono convinto che non ci possa essere
stato nemmeno un individuo anonimo dietro il Gesù di Nazareth che
conosciamo. Dico sul serio.
La
parola che comincia con S
C'è
per caso un Gesù degli atei? Sembrerebbe di sì, a giudicare dalla
veemenza con cui alcuni dei miei compagni eretici lo difendono. Mi
sono ormai abituato da tempo alle loro solite accuse: non ha
importanza; tutto questo è roba vecchia, roba da tempo confutata da
tutti gli studiosi di rilievo. I critici caritatevoli si limitano a
definirla un'opinione minoritaria; quelli meno gentili la chiamano
senza remore assurdo revisionismo storico, pseudo-cultura marginale,
storia spazzatura, demenzialità, l'equivalente ateo del
creazionismo, eccetera. Robert Price, come suo solito, ha replicato a
tutti costoro nel modo migliore quando ha domandato: la teoria del
Mito di Gesù è stata confutata? E quando è successo? La verità è
che le argomentazioni del campo mitista non sono mai state respinte –
sono state ignorate, dichiarate fuori luogo, o semplicemente
irrilevanti; in breve, si è fatto finta di niente [1].
Infatti,
ed è piuttosto ironico, il paragone tra la teoria del Mito di Gesù
e il creazionismo va intesa in modo totalmente inverso. Considerate
questo: la teoria dell'Evoluzione ho cominciato ad acquistare terreno
quando l'istruzione superiore era completamente assoggettata alla
cultura cristiana. Contrariamente a quel che in genere si crede,
questo processo non iniziò con Darwin. La sua arma decisiva fu
l'evento di estinzione di massa, ma le crepe nella storia ufficiale
del creazionismo si stavano accumulando da molto prima di lui. Le
scoperte in campo biologico, zoologico, geologico e in altri settori
scientifici esercitavano una pressione crescente sui venerandi, da
lungo tempo dati per scontati, “fatti” biblici del Diluvio, del
Giardino dell'Eden, del Firmamento et similia, finché la mole
di prove raggiunse una tale massa critica che alla fine – per
quanto potesse dispiacere al clero e al suo gregge – nessun
accademico intellettualmente onesto avrebbe potuto ignorarle. Di lì
iniziò il grande cambiamento di paradigma.
Non
che stia paragonando il Mito di Gesù a un concetto rivoluzionario
come la Selezione Naturale, ma, di nuovo, consideriamo per un momento
i paralleli. Per lo più gli storici non sono storici della Bibbia;
per cui quando la domanda sulla storicità di Gesù viene posta, è
del tutto naturale che si rivolgano all'opinione maggioritaria degli
studiosi della Bibbia. Ma da chi è costituita la maggioranza degli
studiosi della Bibbia? Le discipline storiche bibliche sono sempre
state un'impresa apologetica al servizio della religione cristiana;
anche adesso esse costituiscono l'unico campo di ricerca quasi
completamente dominato da credenti. Perciò, tanto per cominciare,
quanti di loro credete siano disposti a considerare l'idea che il
signore e salvatore, da cui dipendono per la loro personale salvezza,
possa non essere mai esistito?
Per
cui ovviamente si tratta di un'opinione minoritaria – e
probabilmente lo rimarrà finché esisteranno gli studi biblici. Come
ammoniva nel XIX Secolo il teologo Wilhelm Wrede, i fatti talvolta
sono i critici più radicali. Ogni singolo progresso nella storia
degli studi biblici è iniziato sotto forma di eresia. Infatti si è
arrivati al punto che oggi gli studiosi laici sono i soli a fare veri
progressi nel campo – la maggioranza è troppo occupata a mettere i
carri in cerchio per proteggere le loro dottrine e i loro dogmi dal
pericolo di nuove conoscenze.
Ma
perfino tra gli studiosi della Bibbia laici è difficile trovarne
qualcuno che non provenga da un retroterra religioso. Rabbi Jon D.
Levensen, uno dei più importanti studiosi ebrei di oggi, nota come
“sia raro che uno studioso in questo campo non abbia un passato che
includa un'intensa pratica cristiana o ebraica.” (The Hebrew
Bible: The Old Testament, and Historical Criticism: Jews and
Christians in Biblical Studies, Westminster John Knox Press,
1993, p. 30) Di più, lo studioso di religioni Timothy Fitzgerald
(nessuna parentela) sottolinea in The Ideology of Religious
Studies (Oxford University Press, 2000, p. 6-7) che i
presupposti ideologici sono una difficoltà in questo campo, non solo
tra i fedeli praticanti, ma anche per coloro con un passato
religioso: “perfino nel lavoro degli studiosi che hanno un
approccio esplicitamente non teologico, malcelate presupposizioni
teologiche distorcono persistentemente il tenore dell'analisi.”
Ma
a parte il problema del pregiudizio ideologico, è da tempo che il
vecchio paradigma degli studi su Gesù sta mostrando per conto
proprio preoccupanti incrinature. Tra parentesi, nel suo devastante
The
End of Biblical Studies (Prometheus, 2007) Hectore Avalos
dimostra in modo convincente che simili incrinature dilagano
nell'intero settore. Per prima cosa, è improprio anche il semplice
riferimento a un “Gesù storico”, come se un oggetto del
genere, chiaramente definito, esistesse.
Chi
dice la gente che io sia?
Albert
Schweitzer, nel suo From Reimarus to Wrede: A History of Research
on the Life of Jesus (1906), già si era reso conto che ogni
studioso che proclamava di aver scoperto il “vero” Gesù sembrava
invece aver trovato uno specchio; gli studiosi trattavano Gesù come
un rappresentante di qualsiasi valore loro ritenessero
importante. Più di un secolo dopo la situazione non è migliorata –
piuttosto il contrario. Dire che non ci sia consenso su chi fosse
Gesù è un eufemismo. Un rapido esame (Price offre degli esempi
eccellenti nel suo Decostructing
Jesus, Prometheus, 2000, pp. 12-17) mostra che i Gesù che
abbiamo a disposizione sono parecchi:
Filosofo
cinico – I molti prestiti dalla filosofia greca presenti negli
insegnamenti di Gesù acquisterebbero un senso se egli fosse stato
effettivamente un filosofo cinico o stoico itinerante, o un suo
equivalente galileo. Burton L. Mack, John Dominic Crossan, Gerald
Downing e altri hanno sostenuto con forza questa tesi, citando una
gran quantità di sentenze ciniche e le loro corrispondenze
evangeliche.
Fariseo
liberale – Qualcosa di simile al suo predecessore, il celebre
Rabbi Hillel. In Jesus the Pharisee: A New Look at the Jewishness
of Jesus, lo storico Harvey
Falk argomenta che praticamente tutti i giudizi di Gesù riguardanti
l'Halakha,
la legge ebraica, trovano paralleli nel pensiero farisaico del tempo,
così come nel tardo pensiero rabbinico.
Hasid
carismatico –
In modo simile Geza Vermes, esperto rinomato dei Rotoli del Mar Morto
e dell'ebraismo di era neotestamentaria e autore di Jesus
the Jew: a Historian’s View,
vede Gesù come uno di quei solitari sant'uomini galilei popolari al
tempo, figure non ortodosse come Hanina Ben-Dosa o Honi il
Tracciatore di Cerchi. Proprio come Gesù, avevano poco rispetto per
le sottigliezze della legge ebraica, la qual cosa ovviamente faceva
inalberare la classe dirigente religiosa.
Rabbi
conservatore
– D'altro canto, Gesù sosteneva incondizionatamente la Torah,
insistendo che “non passerà un solo iota o un solo trattino della
Legge” (Matteo 5:17-19). Egli indossa uno scialle da preghiera con
le frange tzitzit
(Matteo 9:20-22), osserva lo Shabbat e pratica il culto sia nelle
sinagoghe sia nel Tempio.
Iconoclasta
antinomiano
– Ma dall'altro
altro canto, Gesù cambia atteggiamento e smonta la Torah pezzo per
pezzo (Marco 7:18-20, Matteo 5:21-22, 27-28, 31-32, 33-37, 38-42,
43-44, ecc.) e critica il Tempio (Matteo 12:6, 23:16, 13:1-2, Luca
21:5-6).
Mago/Esorcista/Guaritore
– Morton Smith, scopritore (o più probabilmente contraffattore –
ma questa è un'altra storia) del Vangelo
Segreto di Marco
avanza l'ipotesi che Gesù il Cristo fosse in effetti Gesù
il Mago
del libro omonimo. Come gli operatori di miracoli pagani, Gesù
scacciava i demoni e guariva i ciechi, i sordi e i muti con l'uso di
fango e saliva, utilizzando le medesime formule, tecniche e
incantesimi così come vengono tramandati da molti manuali grechi di
magia del tempo (Marco 5:41; 7:33-34).
Violento
rivoluzionario Zelota
– Ma forse Gesù era davvero un messia politico, che incitava alla
rivolta contro i Romani; come Theudas alias “L'Egiziano,”
l'innominata figura messianica descritta da Giuseppe Flavio o i due
“ladroni” crocifissi con lui (dato che i fuorilegge sovversivi
erano comunemente definiti “ladroni”). Per quale altra ragione i
Romani avrebbero dovuto crocifiggerlo, se in caso di blasfemia il
Sinedrio ebraico avrebbe dovuto lapidarlo a morte? Esiste una prova a
cui riferirsi: il Vangelo di Luca cita un discepolo chiamato Simone
“lo Zelota”, e sembra suggerire che Gesù avesse altri Zeloti al
suo seguito: durante l'Ultima Cena, Gesù dice ai suoi seguaci di
prendere le loro bisacce e procurarsi una spada (22:36); essi gli
dicono di avere già a disposizione due spade (22:38); quando
l'arresto di Gesù sta per essere effettuato, chiedono se debbano
attaccare [con la spada] (22:49). In Marco 14:47 uno dei discepoli in
effetti passa all'azione, tagliando l'orecchio a uno degli uomini del
Sommo Sacerdote (la storia si arricchisce di dettagli negli altri
Vangeli: Matteo 26:51-52, Luca 22:50-51, Giovanni 18:10). Molti
brillanti studiosi, incluso Robert Eisler, S. G. F. Brandon, Hugh J.
Schonfiled, Hyan Maccoby e Robert Eisenmann, hanno pensato che sia
questa la strada per trovare il vero Gesù, ed esistono molte
variazioni accademiche che puntano sulla teoria del Gesù come Che.
Resistente
pacifista non violento
– Epperò Gesù non per niente viene chiamato il Principe della
Pace; non c'è traccia di tale agitazione politica quando insegna ai
suoi seguaci “se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli
anche l'altra “ (Matteo 5:39), oppure, se costretti da un soldato
Romano a portargli l'equipaggiamento per un miglio, “tu fanne con
lui due” (Matteo 5:41).
Profeta
apocalittico
– Questo è il Gesù che Albert Schwitzer e molti storici dopo di
lui hanno pensato fosse il prodotto genuino: un intemerato, ardente
predicatore del Giorno del Giudizio che annuncia la fine imminente e
la prossima rapida venuta del Regno di Dio. Come Paolo (e molti altri
apocalittici ebrei del I Secolo) questo Gesù non si aspetta che il
mondo sopravviva al lasso della propria vita. Bart Ehrman costruisce
una solida argomentazione a favore di questa figura in Jesus:
Apocalyptic Prophet of the New Millennium.
Proto-comunista
del I Secolo
– Gesù è forse stato il primo marxista? Milan Machoveč e altri
studiosi di sinistra hanno ritenuto di sì. Dovete ammettere che Gesù
non ha nulla di positivo da dire sui porci capitalisti del suo tempo
(Luca 6:24, 12:15), dichiarando ripetutamente che essi non possono
servire allo stesso tempo dio e il denaro (Matteo 6:24, Luca 16:13),
che dovrebbero vendere tutti i loro averi e distribuire il ricavato
ai poveri (Matteo 19:21, Marco 10:21, Luca 18:22) e, più
notoriamente, che è più facile per un cammello passare la cruna di
un ago che per un ricco guadagnare il paradiso (Matteo19:24, Marco
10:25, Luca 18:25) – e non dimenticate la sua cacciata a colpi di
sferza dei cambiavalute dal Tempio. Gli Atti [degli Apostoli] non
solo descrivono i primi cristiani che condividono tutto in comune, ma
declama perfino il credo marxista: “Da ciascuno secondo le sue
capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni” (Atti 4:34-35).
Primo
femminista
– O è stato il primo maschio femminista? Studiose come Elizabeth
Schüssler Fiorenza e Kathleen Corley richiamano l'attenzione sul suo
insolito atteggiamento nei confronti delle donne, in parte
apparentemente molto progressista, per il I Secolo. Sottolineano non
solo che alcune delle figure più vicine a Gesù erano donne, ma che
egli perdonò la donna accusata di adulterio, e mise in discussione
le norme sociali riguardanti il ruolo della donna nella società
(Giovanni 4:27, Luca 7:37, Matteo 21:31-32).
Edonista
disinibito
– O invece era un porco sciovinista? Farisei e scribi lo
criticavano per essere “un mangione e un beone” che se la fa con
gentaglia come esattori e puttane (Luca 5:30; 5:33-34; 7:34,
37-39,44-46).
Uomo
di famiglia
– Eppure Gesù è il paladino dei bei vecchi valori familiari,
mostrandosi perfino più rigido di Mosè e inasprendo la legge
dell'Antico Testamento: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa
un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il
marito e ne sposa un altro, commette adulterio” (Marco 10:11-12).
Egli inoltre ricorda ai suoi seguaci di onorare il padre e la madre,
ammonendo severamente: “Chi maledice il padre e la madre sia messo
a morte” (Matteo 15:4).
Rovina-famiglie
– Ma se Gesù parla male della famiglia, va bene lo stesso: “Se
uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i
fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio
discepolo “ (Luca 14:26). Quando gli viene detto che la madre e i
fratelli sono venuti a trovarlo, Gesù li ignora e chiede: “Chi è
mia madre e chi sono i miei fratelli?” (Matteo 12:47-48) “Non
crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono
venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare
il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera”
(Matteo 10:34-35).
Salvatore
del mondo
– Nonostante tutto ciò, Gesù ama tutti; ha perfino predicato ai
Samaritani (Giovanni 4:39-41; Luca 17:11-18) e ai Gentili (Matteo
4:13-17, 24-25).
Salvatore
di Israele (soltanto)
– Be', diciamo che ama tutti, tranne Samaritani e Gentili. Quando
una donna Cananèa lo supplica di guarirle la figlia, lui la ignora;
quando i discepoli gli chiedono di accontentarla, dapprima lui
rifiuta, dicendo: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute
della casa di Israele” (Matteo 15:24). Quando Gesù invia nel mondo
i suoi discepoli, gli ordina di non predicare la Buona Novella tra
Gentili e Samaritani (Matteo 10:5-6).
Riformatore
sociale radicale
– Altri studiosi come John Dominic Crossan e Richard Horsley vedono
Gesù come un campione dei contadini ebrei che soffrono sotto il
giogo dell'Impero Romano e dei suoi rapaci esattori; un Gesù in
qualche modo in linea con Gandhi e la sua lotta contro l'Impero
Britannico.
Per
favore, il vero Gesù alzi la mano
Quanto
sono plausibili queste ricostruzioni? Come osserva Price in
Deconstructing
Jesus
(p. 15), molte di esse sono piuttosto plausibili, offrono una buona
interpretazione di molti brani evangelici, non violano metodi di
ricerca consolidati, non sono assurdamente anacronistici, e sono il
risultato di ricerche serie e approfondite. Nei loro limiti, hanno
tutte dei punti di forza. Nessuna è particolarmente tirata per i
capelli. Tutte tendono a focalizzarsi su specifiche costellazioni di
elementi evangelici interpretati in modi specifici, e respingono
altri elementi come non autentici – una cosa che gli storici
critici fanno, indipendentemente dal soggetto di studio. Tutte si
appellano a solide analogie storiche per la loro nuova prospettiva su
Gesù. Ma, come fa notare Bart Ehrman, c'è un difetto fondamentale
che mina molte di esse, se non tutte:
“Il collegamento tra il messaggio di Gesù e la sua morte è cruciale, e gli studi storici sulla vita di Gesù possono essere valutati in base al modo in cui stabiliscono questo collegamento. Questa infatti è la debolezza comune di molti ritratti del Gesù storico: spesso sembrano completamente plausibili nella loro ricostruzione di ciò che Gesù ha detto e fatto, ma non riescono a dare un senso alla sua morte. Se, ad esempio, dobbiamo pensare a Gesù come un rabbi ebreo che insegnava semplicemente che tutti dovrebbero amare Dio e amarsi gli uni con gli altri, perché i Romani l'hanno crocifisso?”(Jesus: Apocalyptic Prophet of the New Millennium, p. 208)
Ehrman
aggiunge che per quel che riguarda la maggior parte delle teorie, le
connessioni avanzate tra la vita di Gesù e la sua morte sono alle
volte incerte, alle volte poco persuasive. Ma, a voler essere onesti,
il problema potrebbe andare oltre la semplice carenza ricostruttiva.
Dopotutto, nemmeno le fonti originali di queste ricostruzioni, i
Vangeli, riescono a descrivere un legame credibile tra la vita di
Gesù e la sua morte – e sono in disaccordo
su cosa in effetti lo condusse alla morte.
Tra
parentesi, l'elenco più sopra non costituisce l'ultima parola sui
Gesù revisionisti; ci sono ulteriori, ragionevolmente plausibili
“Gesù Storici” da considerare prima di giungere alle teorie
totalmente sbroccate che fermentano in fondo al barile. Ma è la
molteplicità di possibilità convincenti che è
il vero problema: le
diverse ricostruzioni degli studiosi si escludono a vicenda. Ognuna
di esse suona convincente, finché non si ascolta la successiva.
Price lo chiarisce molto bene:
“Di ciò che una ricostruzione di Gesù scarta, la seguente ne fa la chiave di volta. Il fatto è che Gesù assume troppi ruoli nei Vangeli – esorcista, guaritore, re, profeta, sapiente, rabbi, semidio, e via dicendo. Il Gesù Cristo del Nuovo Testamento è una figura composita... Il Gesù storico (se ce n'è stato uno) potrebbe benissimo essere stato un re messianico, o un Fariseo progressista, o uno sciamano Galileo, o un mago, o un sapiente ellenistico. Ma non può agevolmente essere stato tutto questo allo stesso tempo.(Deconstructing Jesus, pp. 15-16)
John
Dominic Crossan, cofondatore del gruppo di studio Jesus Seminar, si è
trovato di fronte il medesimo problema e si è onestamente lamentato
che la pletora di ricostruzioni del Gesù storico si è trasformata
in un vero circo. Nel suo The
Historical Jesus: The Life of a Mediterranean Jewish Peasant, New
York, HarperSanFrancisco, 1992) non ha peli sulla lingua:
“Ma questa sbalorditiva diversità è accademicamente imbarazzante. È impossibile evitare il sospetto che le ricerche sul Gesù storico siano un porto sicuro in cui fare teologia e chiamarla storia, fare dell'autobiografia e chiamarla biografia.”(p. xxviii)
Il
risultato di tutto questo è semplicemente che tutte le ricostruzioni
non-teologiche del “Gesù Storico” rimangono al livello di
speculazione. Nessuno può vantarsi di aver conquistato la piazza. E
c'è un'ottima ragione per questo – la problematicità delle nostre
fonti su Gesù.
Cosa
siamo in grado di sapere? Le fonti su Gesù
Ad
onta di secoli di studi storici su una figura antica di millenni, non
siamo stati capaci di pervenire a un singolo fatto verificabile che
riguardi Gesù. Nemmeno uno. E come potrebbe essere diversamente? Le
nostre sole fonti sono tutt'altro che affidabili. In che cosa
consistono queste fonti? Come credo di aver messo in chiaro in
Nailed, sebbene molti diano per scontato che ci siano miriadi
di testimoni contemporanei che hanno menzionato Gesù (e quest'idea
viene sia incoraggiata sia strombazzata dagli apologeti), la verità
è che il loro numero esatto è... zero. Bart Ehrman esamina la
complessità del problema:
“Cosa hanno da dire di lui gli autori pagani dei tempi di Gesù? Nulla. Per quanto sembri strano Gesù non viene menzionato affatto da alcuno dei suoi contemporanei pagani. Non c'è certificato di nascita, nessun verbale del processo, nessun certificato di morte; nessuna manifestazione di interesse, nessuna accesa polemica, nessun accenno di passaggio – nulla. Infatti, se allarghiamo il raggio del nostro interesse agli anni successivi alla sua morte – perfino se includiamo l'intero I Secolo dell'Era Volgare – non c'è nemmeno un singolo riferimento a Gesù in alcun documento che non sia cristiano o ebraico. Devo sottolineare che di quel periodo possediamo un gran numero di documenti – opere di poeti, filosofi, storici, scienziati e funzionari statali, ad esempio, per non parlare della notevole serie di iscrizioni su pietra e le lettere private e i documenti legali su papiro. In nessuna di queste numerose fonti documentali viene citato il nome di Gesù.”(Jesus: Apocalyptic Prophet of the New Millennium, p. 56-57)
Seguendo
praticamente ogni criterio di verificabilità storica disponibile,
non esiste testimonianza che riguardi Gesù, e anche quando e ne
potrebbe essere una, la testimonianza dei Vangeli non è la migliore,
ma la peggior forma di testimonianza possibile – una manciata di
resoconti di seconda mano, parziali, acritici, non autorevoli e non
attribuibili.
(Tra
parentesi, Richard Carrier ha reso tutto ciò abbondantemente chiaro
sia nella sezione Miracles and Historical Method (pp. 227sgg.)
di Sense
and Goodness Without God, sia nel capitolo 7 di Not
the Impossible Faith)
Come
risulta, perfino nel Nuovo Testamento le nostre fonti si riducono
essenzialmente ai Vangeli. La ricerca di informazioni biografiche
nelle lettere di Paolo fa emergere una figura di carattere
mitologico, e nemmeno le epistole falsamente attribuite agli apostoli
contengono dettagli sulla vita del loro Signore; perfino l'autore che
impersona Pietro non può altro che citare selettivamente le profezie
dell'Antico Testamento per la sua “testimonianza oculare”!
Naturalmente
esistono molti altri vangeli oltre ai nostri soliti quattro, ma non
servono che a intorbidare ancora di più le acque. A prescindere dal
numero di vangeli che si può scegliere di accettare, per secoli gli
studiosi della Bibbia sono stati d'accordo sul fatto che tutti
derivino da un originale: il modesto, anonimo, grezzo ed essenziale
libro intitolato Il Vangelo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio,
più tardi re-intitolato Il Vangelo Secondo Marco.
Senza
ripetere le argomentazioni portate in Nailed e altri libri,
basti dire che niente di tutto questo è invenzione di qualche ateo
senza dio; uno schiacciante consenso tra tutti gli studiosi riconosce
da molto tempo la primazia di Marco, e che la soluzione del
famigerato “Problema Sinottico” consiste nel fatto che Matteo e
Luca dipendessero direttamente da Marco. Ogni vangelo scritto dopo
Marco ha fatto le proprie “correzioni”, aggiunte e cambiamenti,
ma anche le opere più tarde come il Vangelo di Giovanni (e di
Pietro, Maria, Giuda et al) sono sotto qualche aspetto tratte
dall'originale di Marco, non importa quanto lontano se ne discostino
nella loro autonomia.
La
sovrabbondanza di vangeli è la ragione principale per le
contraddizioni tra di essi, ma non è l'unica. Anche i manoscritti di
un medesimo vangelo non sempre concordano fra loro. E tutti i
manoscritti esistenti soffrono di interpolazioni e alterazioni
effettuate in ogni epoca da noi esaminata – per quel che riguarda i
primi 150 o 200 anni del Cristianesimo esiste un periodo oscuro per
il quale non abbiamo assolutamente alcun modo di verificare
l'affidabilità di qualunque manoscritto biblico – del II
Secolo nulla sopravvive se non una manciata di piccoli frammenti
papiracei; del I Secolo, nulla del tutto.
Un
altro problema serio è la stupefacente quantità di costrutti
antistorici ed errori anacronistici presenti nei Vangeli. Matteo fa
continue correzioni al testo di Marco per quel che riguarda
l'ebraismo e la vita e la geografia palestinesi. Luca dichiara
(1:1-4) di essere l'unico vangelo tra tanti a narrare la vera storia;
ma è una sfacciata menzogna, dato che copia il suo Vangelo da Marco
e forse anche da Matteo (con altri dettagli sottratti a veri storici
come Giuseppe Flavio, come hanno precisato l'esperto di Giuseppe
Steve
Mason e altri
storici. I critici pagani ed ebrei hanno sottolineato le
incongruenze dei Vangeli quasi dall'inizio; dopo quasi 2000 anni, le
loro argomentazioni e la loro critica serrata sono ancora penetranti
ed efficaci. La “biografia” di Gesù, a un esame ravvicinato,
semplicemente non regge.
Ma
si può almeno dire, per cominciare, che quella di Marco sia una
biografia? Marco ci dice ciò che sta facendo fin dal principio: sta
scrivendo un vangelo, non un libro di storia o una biografia (Marco
1:1). E numerosi storici, inclusi Arnold Ehrhardt, Thomas Brodie,
Richard Carrier, Randel Helms, Dennis MacDonald, Jennifer Maclean e
altri, hanno descritto minuziosamente come l'intero Vangelo di Marco
sia una cornucopia di significati simbolici, non storici. Si tratta
di allegoria, non di storia.
Potrebbe
Gesù essere stato un Messia Nascosto?
È
possibile che, nonostante la totale mancanza di documentazione
affidabile, ci possa essere stato un vero Gesù, ormai sepolto
sotto secoli di incrostazioni leggendarie? Di certo è possibile. È
plausibile? Forse. Se credo che sia andata così? No, davvero. Come
dico nel capitolo finale di Nailed, “Can Jesus be Saved?”:
“Si arriva a un punto in cui non ha più senso continuare a dare a Gesù il beneficio del dubbio. Anche dando spazio a stratificazioni leggendarie, casi di pia fraus, dispute dottrinali, errori di trascrizione e traduzione, la posizione di base, che ci debba essere per forza stato un individuo storico (o anche un insieme di parecchi predicatori itineranti) alla radice del “cristianesimo”, pone troppi problemi irrisolvibili.”
Proseguo
mostrando come sembrerebbero diversi il Nuovo Testamento e il
Cristianesimo primitivo se Gesù (anche solo concepito come essere
umano) fosse stato un'effettiva figura storica. Uno dei problemi che
pone l'ipotesi che Gesù fosse un personaggio praticamente
sconosciuto ha a che fare con le altre figure messianiche del periodo
di abbiamo notizia. In quel tempo non c'era di sicuro scarsità di
salvatori; siamo a conoscenza di un numero sorprendente di aspiranti
messia che operavano in Giudea intorno al I Secolo. Eccone alcuni:
Giovanni
il Battista – Giovanni è presente in tutti i quattro vangeli,
e guarda a Gesù come una figura spiritualmente superiore, ma abbiamo
più testimonianze extra-bibliche su di lui che non su Gesù.
Giuseppe Flavio fa un breve accenno a Giovanni il Battista, e la sua
setta spunta in un apocrifo del Nuovo Testamento, I Ritrovamenti
dello Pseudo Clemente Romano (in cui i seguaci di Giovanni dibattono
coi loro rivali, i Cristiani, sostenendo che Giovanni, e non Gesù,
fosse il messia). Il primo capitolo di Luca sembra essere tratto da
un originale riferito al Battista, cui le figure di Gesù e Maria
vennero aggiunte in seguito.
Appollonia
da Tiana – Flavio Filostrato [2] scrisse una biografia di
questo filosofo neopitagorico e presunto operatore di miracoli, per
quanto oggi siano in molti a dubitare che le fonti biografiche di
Filostrato (o il loro soggetto) siano mai esistite davvero.
“L'Egiziano”
- Negli Atti degli Apostoli Luca snocciola i nomi di tre messia
falliti, ricalcati da Giuseppe Flavio. Tra parentesi, gli errori che
Luca compie descrivendo queste figure sono una delle ragioni per le
quali sappiamo che è lui a copiare da Giuseppe e non viceversa. Il
messia in questione, noto soltanto come “L'Egiziano”
(probabilmente come riferimento a Mosè, piuttosto che alla sua
effettiva nazionalità) condusse i suoi seguaci sul Monte degli
Ulivi, così che potessero vederlo mentre ordinava alle mura di
Gerusalemme di crollare. Per qualche motivo, questo piano fallì, i
Romani massacrarono il suo gregge e lui si diede alla fuga.
Giuda
il Galileo e Tèuda il Mago – Luca fa menzionare al rinomato
rabbi Gamaliel l'ascesa fallimentare di entrambi questi sedicenti
messia, in un discorso che si svolge poco dopo la morte di Gesù
(Atti degli Apostoli 5:34-37); sfortunatamente per Luca, la
ribellione di Tèuda non avvenne fino a un decennio dopo,
sotto il governo di Fado, procuratore dal 44 al 46. Aggiungendo
errore a errore, Luca sbaglia di grosso invertendo l'ordine
cronologico corretto, dicendo che Giuda venne dopo Tèuda, mentre
invece fu Giuda a venire prima, decenni prima di Tèuda!
Athronges
il Pastore e Simone di Perea – La ribellione di Giuda il
Galileo fu solo una delle tante verificatesi dopo la morte di Erode
il Grande. Athronges il Pastore e Simone di Perea furono altri due
usurpatori sconfitti menzionati da Giuseppe Flavio (Simone, uno
schiavo di Erode, viene anche menzionato da Tacito).
“Un
Impostore” - Un messia senza nome, simile a Mosè, che aveva
promesso la libertà ai suoi seguaci se lo avessero seguito nel
deserto; riuscì soltanto a farsi massacrare insieme a loro dalle
truppe mandate dal governatore Festo.
“Il
Taheb” - Un innominato Samaritano che si auto-descriveva come
messia Taheb (“il Restauratore”) condusse i suoi seguaci
in armi al loro sacro Monte Garizim, dove gli avrebbe mostrato gli
“arredi sacri” seppelliti lì da Mosè – o almeno avrebbe
dovuto farlo, se Pilato e le sue truppe non fossero giunti per primi,
uccidendone parecchi in battaglia, disperdendo i restanti e
giustiziando i capi della rivolta, incluso “Il Taheb”.
Gionata
il Tessitore – Un altro messia in stile Mosè che convinse una
folla a seguirlo nel deserto con la promessa di “segni e visioni”,
solo per essere quasi tutti uccisi dai Romani [3].
Carabas
– Filone di Alessandria [4] parla di questo folle che fu costretto
a vestire i panni di un re da burla dalla plebaglia, cosa che ricorda
sinistramente le beffe dei soldati Romani nei confronti di Cristo
descritte nei Vangeli.
Joshua
ben Ananias/Gesù figlio di Anania
– Nella Guerra Giudaica [5] Giuseppe Flavio menziona un altro
folle, questa volta di Gerusalemme, portatore anch'egli di
impressionanti similitudini con il Gesù che ci è familiare; così
tanto che, come nel caso di Carabas, la sua storia può benissimo
essere servita da ispirazione per gli scrittori dei Vangeli. Questo
“bifolco qualunque” un giorno si trasformò in un profeta di
sventura, e cominciò a percorrere le strade, urlando giorno e notte,
finché non venne picchiato dai passanti esasperati. Le autorità
ebraiche lo portarono davanti al procuratore Romano, dove venne
“frustato fino a mostrare le ossa” prima di essere liberato.
Giuseppe sottolinea come egli non dicesse nulla in sua difesa.
Simone
bar Giora –
Un'altra figura messianica con tratti simili a quelli di Gesù. Il
rivoluzionario Simone venne accolto a Gerusalemme dallo sventolare di
rami e foglie, e visto come liberatore e protettore nei confronti di
un altro aspirante messia, lo Zelota Giovanni
di Giscala, la
cui fazione aveva occupato il recinto sacro [del Tempio]. Dopo il suo
ingresso trionfale, Simone cominciò il repulisti del Tempio,
“sbattendo gli Zeloti fuori dalla città”. Ma alla fine Simone si
arrese ai Romani, e dopo aver subito violenze da parte dei suoi
guardiani, fu giustiziato come aspirante re dei Giudei.
Altri
Vangeli, altri Gesù, altri Cristi
Se
la fama di Gesù si avvicinasse anche lontanamente ai livelli
descritti nei Vangeli (moltitudini al suo seguito, il suo nome che si
spande per tutta la Giudea, fino in Siria, in Egitto, alle città
della Decapoli eccetera) i suoi successi avrebbero facilmente
eguagliato quelli delle maggiori altre figure messianiche. Perché
dunque perdenti come “il Taheb” e Gionata il Tessitore e tutti
gli altri sono riusciti a lasciare tracce storicamente documentabili
– e Gesù invece no?
Viceversa,
se Gesù fu un personaggio così “dimenticabile” da non essere
nemmeno
interessante quanto quegli altri, come ha fatto a spingere un culto
marginale, formato da comunità ecclesiastiche in lotta tra loro, a
diffondersi fino ai più remoti angoli dell'Impero Romano?
E
c'è da fare un'altra considerazione – che dire di tutti gli altri
Cristi del I e II Secolo che troviamo nei Vangeli, le Lettere di
Paolo e in altri scritti del primo Cristianesimo? Come riferisco in
Nailed
(pp. 151-152):
“Paolo stesso si lamenta delle difformità che osserva tra i primi credenti, che incredibilmente trattano Cristo come un'ennesima figura totemica di parte, cosicché alcuni dicono di appartenere a Paolo, o Apollo, o a Cefa – o a Cristo. “Cristo è forse stato diviso?” si chiede Paolo (I Lettera ai Corinzi 1:10-13) Paolo si scaglia anche ripetutamente contro i suoi molti apostoli rivali, i quali “predicano un altro Gesù”.
Nelle
sue lettere spesso Paolo va in bestia contro i suoi rivali,
definendoli malvagi ingannatori, devoti a un falso Cristo e a un
falso Vangelo, talmente distanti dal suo vero Cristo e vero Vangelo
che arriva ad accusarli di essere inviati di Satana, e lancia anche
maledizioni e minacce contro di loro! (II Lettera ai Corinzi 11:4,
13-15,19-20, 22-23; Lettera ai Galati 1:6-9; 2:4).
Tra
i primi cristiani, altri condividevano le stesse preoccupazioni. La
Didaché,
primissimo manuale di pratica e predicazione cristiana, dedica due
capitoli ai predicatori vaganti e mette in guardia contro i molti
falsi predicatori che sono soltanto “trafficanti di Cristo”, o,
come li definisce splendidamente Bart Ehrman, “Cristaroli” [6]
(Didaché
12:5).
Le
prove sono evidenti, nel I Secolo veniva predicata tutta una
moltitudine di Gesù e di Cristi (perfino all'inizio del II Secolo,
quando venne scritta la Didaché).
Nessuno di essi, singolarmente, ha lasciato traccia nella storia, ma
in molti, e diversificati, hanno influenzato la teologia, almeno
nella parte più settaria. L'ipotesi del “Messia Nascosto”
semplicemente non da' il minimo senso a documenti e testimonianze.
È
un mistero (Una Fede Misterica, cioè)
Come
hanno osservato Price e altri prima di lui (e come sostengo più
sotto in Gesù: il Mito in azione),
Gesù sembrerebbe un effetto, e non la causa, del Cristianesimo.
Paolo, insieme alla prima generazione di Cristiani, frugò la
versione greca dei Settanta delle scritture ebraiche allo scopo di
creare una Fede del Mistero per gli Ebrei, accessoriata di rituali
pagani come la Cena del Signore, elementi gnostici nelle sue lettere,
e un dio salvatore personale che rivaleggiasse contro le antiche
tradizioni dei vicini Egiziani, Persiani, Ellenisti e Romani.
Scritto
generazioni dopo, l'intero Vangelo di Marco – il vangelo originale
sul quale sono basati gli altri – è una singola, grande parabola
che racchiude le segrete, sacre verità della fede misterica, il
Mistero del Regno di Dio. In Marco Gesù fornisce quest'indizio ai
lettori del Vangelo:
“A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato.”(Marco 4:11-12)
Questa
totale segretezza non avrebbe alcun senso per un salvatore che fosse
venuto per salvare il mondo intero, ma sarebbe perfettamente adeguata
se il Cristianesimo fosse cominciato come fede misterica. Come i
misteri pagani, le verità del Mistero del Regno di Dio di Marco
viene celata nelle parabole, rese esplicite solo agli iniziati. Marco
non sta referendo fatti; crea un contesto per poter trasmettere un
sacro mistero soltanto ai pochi prescelti e a nessun altro.
Gesù:
il Mito in azione
Anche
se fosse esistito un Gesù storico in grado di generare
simultaneamente tante realtà diverse senza lasciare tracce nelle
cronache contemporanee, il fatto è che, a tutti gli effetti pratici,
questa figura non esiste più! Nessuna delle fonti che abbiamo a
disposizione può essere affidabilmente collegata a chiunque fosse
vivo duemila anni fa. Come si rese conto Schweitzer, insieme a molti
altri, qualsiasi Gesù reale è ormai irrecuperabile, completamente
perso alla nostra conoscenza. Price aggiunge:
“Quello che impedisce agli storici di derubricare (Alessandro il Grande, Cesare Augusto, Ciro, Re Artù e altri) come semplici miti, del tipo Paul Bunyan, è l'esistenza di residui fattuali. Siamo a conoscenza almeno di un frammento di informazione concreta che li riguarda, spesso anzi un bel po', che non fa parte di alcun ciclo leggendario. Oppure le loro figure sono talmente intrecciate con la storia contemporanea che essa non avrebbe senso senza di loro. Accade così anche con Gesù? No. Gesù deve essere catalogato insieme ad altre leggendarie figure fondatrici, come Buddha, Krishna e Lao-Tzu. Può darsi che dietro questa figura ci sia stato un individuo concreto, ma non esiste ormai nessun modo per accertarlo.”(Deconstructing Jesus, pp. 260-261)
Sebbene
sia impossibile dimostrare che nessun Gesù “reale” sia mai
esistito dietro quella che Price chiama la “Cortina di Vetro
Piombato” [7], il fatto è che più lo si guarda da vicino, meno si
riesce a vederlo. Quando facciamo ricerche riguardo a quello che
riteniamo un contributo originale da parte di Gesù, immancabilmente
troviamo che la stessa idea già esiste in altre fonti. Era portatore
di tutti i valori legati ad altre figure di un dio salvatore;
insegnava tutto quello che filosofi Greci e rabbi Ebrei insegnavano;
produceva gli stessi miracoli, guarigioni e resurrezioni che facevano
i maghi ed esorcisti pagani; in altre parole Gesù non era una
persona reale, ma una sintesi di ogni concetto intenso e importante
che il Mondo Antico avesse concepito – nobili verità, gentile
saggezza, favole accattivanti, usi ancestrali, contraddizioni
interne, assurdità scientifiche, costumi repellenti e via via.
Ormai
abbiamo superato il punto di non ritorno: non è più ragionevole
supporre che ci debba
essere stato un singolo individuo storico che abbia dato inizio al
Cristianesimo. Infatti, come abbiamo visto, le prove puntano nella
direzione contraria. Quel che invece vediamo è una documentazione
storica completamente priva di riscontri rispetto ai Vangeli; un
ambiente teologico darwiniano pullulante di Gesù, Cristi, vangeli e
comunità in competizione tra loro nel contesto dei culti marginali
dell'Impero Romano (e relegati in quella nicchia per tre secoli);
indicazioni che la prima generazione di Cristiani ebbe inizio come
una versione ebraica dei culti misterici, e che tutte le confuse e
contraddittorie informazioni “biografiche” riguardo Gesù
traggono origine da un deliberato intento allegorico. Non è che una
singola figura di fondatore non sia necessaria per spiegare tutto
questo; è assolutamente ingiustificata.
Note
del traduttore
[1]
Nell'originale si dice che le opinioni dei mitisti sono state
harrumphed (da harrumph=schiarirsi la gola). Evoca la
situazione in cui ci si schiarisce la voce per manifestare imbarazzo
e invitare tacitamente a passare all'argomento successivo (della
conversazione).
[2]
Probabilmente per una svista, l'autore attribuisce la biografia di
Apollonio a Filostrato il Vecchio.
[3]
Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica (VII: 437-453).
[4]
Jean Daniélou, Filone
di Alessandria,
Arkeios 1991 (p. 34).
[5]
Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica (VI: 300-309).
[6]
Nell'originale il gioco di parole è tra warmonger
(guerrafondaio) e christmonger,
che ho reso con “cristarolo” per via della differente etimologia
tra inglese e italiano. In inglese warmonger
significa, grosso modo, “mercante, spacciatore di guerra”, mentre
il termine “guerrafondaio” ha un'origine quanto mai diversa:
“Locuzione
coniata dall'umorista Gandolin polemizzando con coloro che volevano
la guerra a oltranza [guerra
a fondo]
contro
l'Abissinia dopo la sconfitta ad Adua.” (Dizionario
Italiano Sabatini Colletti)
[7]
Nell'originale “Stained-Glass Curtain”, riferimento sarcastico
alla Cortina di Ferro (Iron
Curtain) che
separava i due blocchi durante la Guerra Fredda.
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