martedì 15 maggio 2012

In morte di un rumeno


Che cosa può aver commesso di così grave ed efferato il rumeno morto in carcere a Lecce dopo 50 giorni di sciopero della fame, per aver subito una condanna a diciotto anni di carcere. Reati contro il patrimonio leggo. In pratica ha avuto gli stessi anni di Callisto Tanzi, condannato per un crack di 14,5 miliardi di euro. Avrà svaligiato la Banca d'Italia ho pensato. No per piccoli furti ripetuti a quanto pare, reati che sono stati cumulati, cosicché la reiterazione indipendentemente dall'entità delle somme sottratte diventa il vero reato. Premetto che so molto poco di materia giuridica, ma da quanto sono riuscito a capire le nuove norme in merito alla recidiva varate nel 2010 (confesso che non so se nel frattempo ci siano state modifiche), danno al giudice un certa discrezionalità nell'aumentare in maniera rilevante le pene detentive per quei per quei reati “non colposi”in cui: vi sia un accertamento in concreto, da parte del giudice, di una relazione qualificata tra i precedenti del reo ed il nuovo reato da questi commesso, che deve risultare sintomatico – in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei fatti pregressi – sul piano della colpevolezza e della pericolosità sociale (da ultimo, ordinanza n. 171 del 2009). In pratica i reati che destano maggiore allarme sociale come ad esempio i furti nelle abitazioni, gli scippi, le rapine ecc, se reiterati e a seguito di condanne definitive portano ad un cumulo di pena sproporzionato rispetto all'entità in termini materiali dei reati commessi. I nostri legislatori si sa amano gli USA quando ciò gli fa comodo, e infatti hanno da quanto sembra tentatodi ricalcare una normativa americana che prevede addirittura l'ergastolo per i recidivi al terzo reato. Che dire poi dei vari tentativi di introdurre norme che prevedono un'aggravante derivata dalla natura sociale di chi commette il reato, proponendo categorie concettuali tipiche di un diritto penale d’autore. E’ tale un diritto penale che, a scapito della necessaria centralità del fatto di reato, prospetta una colpevolezza per il carattere del reo o per la sua condotta di vita, finendo per punire l’autore del reato non per quello che ha fatto, ma per quello che è o che si è “lasciato diventare”; per contro, un diritto penale del fatto, rispettoso del principio di colpevolezza, non può espandere il riferimento alla personalità dell’agente oltre i limiti di immediata e diretta rilevanza per la valutazione del fatto concreto.
Questa fondamentale problematica, riguardante la fisionomia stessa del diritto penale, è stata recentemente affrontata in modo esplicito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 249/2010, avente tuttavia ad oggetto, non già la recidiva, ma l’art. 61, n. 11-bis, c.p., introdotto dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito dalla l. 24 luglio 2008, n. 125: tale disposizione prevedeva l’aggravante generale della clandestinità, consistente nell’“avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale”.
La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 61, n. 11-bis, c.p., in quanto contrastante proprio con i principi che caratterizzano un diritto penale del fatto.
Le carceri italiane lo sappiamo sono colme oltre misura, i detenuti vivono in condizioni disumane. L'80% dei detenuti è costituito da tossici ed immigrati per il combinato disposto di leggi liberticide in materia di droghe(vedi legge Fini) e una normativa che penalizza i disgraziati e salvaguardia dei colletti bianchi, per i quali le depenalizzazioni come quella del falso in bilancio abbondano.
In una cosa sono d'accordo con i radicali: ci vuole un'amnistia subito, per poter poi ricominciare con una vera riforma delle giustizia.


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