La Grecia ha costituito il pretesto della crisi dell'Euro, non ne è
stata, tuttavia, la causa. La sua causa va ricercata nel fatto che la
zona dell'euro è un'unione monetaria a tutti gli effetti, ma non è una
vera e propria unione economica e fiscale di stati-membri con differenti
caratteristiche strutturali. Se le governance europea non saprà
riformarsi ci saranno nuove crisi in futuro.
di Kostas Simitis e Yannis Stournaras*, da Micromega (fonte il Sole 24 ore)
Durante
la recente discussione svoltasi nei Parlamenti di numerosi stati-membri
dell'area dell'Euro circa l'approvazione del nuovo piano di aiuti di
130 miliardi di Euro alla Grecia, alcuni deputati si sono chiesti se la
Grecia fosse pronta a partecipare al progetto della moneta unica,
l'euro.
Dalla metà degli anni Novanta, la Grecia ha fatto degli
sforzi formidabili per riuscire a soddisfare i criteri della
convergenza. Ha utilizzato tutti i mezzi disponibili: politica fiscale,
politica monetaria, politica dei redditi, vaste privatizzazioni di
banche ed imprese pubbliche. Qualunque sia il modo con cui si misura la
performance fiscale (a livello del saldo di cassa o della contabilità
nazionale), il deficit pubblico è calato di dieci punti percentuali, dal
12,5% del Pil nel 1993, al 2,5% nel 1999, l'anno dei dati economici con
i quali si è decisa l'ammissione della Grecia nella zona dell'Euro, in
occasione del Consiglio Europeo di Santa Maria da Feira, tenutosi nel
mese di giugno del 2000. Simili sviluppi positivi, si sono osservati
anche per gli altri criteri di convergenza nominale richiesti
(inflazione, tassi di interesse a lungo termine, debito pubblico, tasso
di cambio).
È opportuno ricordare a questo punto, che la
decisione di ammissione è stata presa in seguito ad un accuratissimo
controllo delle performances dell'economia greca da parte della
Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Comitato
Economico e Finanziario, con i loro relativi pareri. Anzi, è degno di
nota il fatto che, malgrado la restrittiva politica fiscale e monetaria
di quel periodo, indispensabili per ridurre il disavanzo pubblico e
l'inflazione, il ritmo di crescita del Pil era iniziato a migliorare. Da
negativo nel 1993, era salito al 4%, alla fine degli anni Novanta, per
mantenersi a questi livelli fino al 2007. Si è osservato un aumento
degli investimenti privati e del flusso di capitali dall'estero verso la
Grecia, grazie al calo dell'inflazione e degli interessi, che avevano
raggiunto percentuali al di sotto del 10%, dopo venti anni in cui
superavano questa cifra.
Due sono i motivi addotti da quanti
sostengono che la Grecia non doveva far parte dell'Unione Economica e
Monetaria d'Europa. Il primo motivo, che è anche quello maggiormente
noto, è che la Grecia ha contraffatto i dati economici per riuscire ad
accedere all'Uem.
Il governo neo-eletto di Nuova Democrazia nelle
elezioni del 2004, quattro anni dopo l'approvazione dei dati relativi
all'adesione della Grecia, ha avuto un'ispirazione politica estremamente
infelice, cambiando il modo con cui venivano iscritte le spese per la
difesa, allo scopo di alleggerire il loro peso nel bilancio, durante il
suo mandato. Tuttavia, il cambiamento ha avuto l'effetto di aumentare i
deficit pubblici negli anni precedenti al 2004, con un conseguente
periodo di intensa contestazione e diffamazione della Grecia.
L'asserzione che la Grecia fosse entrata a far parte dell'area dell'Euro
con dati falsificati, si leggeva sulle prime pagine di numerose testate
giornalistiche in tutto il mondo. Purtroppo, questa asserzione è stata
adottata anche da molti uomini politici dell'area dell'euro ed è
ripetuta ancora oggi. Questa accusa, tuttavia, dimostra quanta
disinformazione ed eventualmente quanta ipocrisia ci sia in queste
dichiarazioni. Anche con il cambiamento della metodologia, e secondo i
dati revisionati, il disavanzo pubblico in quell'anno cruciale (1999),
aveva raggiunto il 3.1% del Pil, contro il precedente 2.5%. Più
precisamente, aveva raggiunto il 3.07%, secondo Eurostat.Questo deficit
resta inferiore al corrispondente deficit revisionato di altri stati
membri, la cui valutazione è stata effettuata con i dati statistici
relativi all'anno 1997, affinché costituissero la «prima ondata» degli
stati-membri, creatori dell'Euro nel 1999. Dal sito web di Eurostat,
risulta che molti altri stati-membri erano stati ammessi nell'area
dell'euro con un deficit pubblico superiore al 3.1% del Pil, senza che
ciò fosse oggetto di continui riferimenti, anche se questi paesi
presentano oggi problemi simili a quelli della Grecia.
La
responsabilità di quanto su esposto, certamente pesa sul governo
dell'epoca in Grecia, di Nuova Democrazia. Tuttavia, è una
responsabilità che pesa anche sull'amministrazione di Eurostat e sulla
Commissione Europea, che hanno adottato i dati fiscali inviati
dall'allora governo greco e non hanno convocato ufficialmente la Banca
di Grecia e neanche il governo precedente per esprimere il loro parere.
Anzi, è del tutto incoerente quanto avvenuto successivamente, il 2006:
Eurostat ha ritenuto che il metodo corretto di iscrizione delle spese
sulla difesa fosse quello di iscriverle in base alla consegna del
materiale, cioè quello applicato dalla Grecia prima del 2004. Tuttavia,
Eurostat, pur dovendo, non ha provveduto alla correzione retrospettiva
di questi dati: il 3,07% del Pil quale disavanzo pubblico per la Grecia
nel 1999 si è mantenuto, mentre invece si sarebbe dovuta applicare la
nuova decisione. Questa irrilevante discrepanza di 0.07% del Pil,
rispetto ai limiti posti dal Trattato, adottato senza molta riflessione
dalle amministrazioni dell'area dell'Euro, non consente di apprezzare
l'enorme sforzo di adeguamento economico.
Ricordiamo a questo
proposito che anche recentemente si è diffusa una campagna di
diffamazione contro la Grecia, per un'abituale operazione di swap
valutario avvenuta tra il Ministero greco delle Finanze e la banca
Goldman Sachs, alla fine del 2001, di quelle che in quel periodo erano
fatte a centinaia da tutti gli stati-membri, come semplici operazioni di
gestione del disavanzo pubblico. Ancora una volta, si è detto che la
Grecia aveva contraffatto i dati per accedere all'euro: il nuovo titolo a
caratteri cubitali sulla prima pagina dei giornali, adottato però anche
da numerosi politici. Ma hanno tutti dimenticato che questa operazione
finanziaria ha avuto luogo ben due anni dopo il 1999, anno i cui dati
sono stati valutati per decidere l'adesione della Grecia all'Euro, e un
anno intero dopo l'ammissione della Grecia nell'Euro, approvata dal
Consiglio Europeo di Santa Maria da Feira!
Il secondo motivo
addotto a giustificazione dell'errore commesso di aver accettato il
paese nell'Unione economica e monetaria europea, è costituito dagli
sprechi statali ed i suoi eccessivi deficit. Le performances economiche
della Grecia dopo il 2003, in particolare durante la seconda metà del
decennio del 2000, purtroppo non hanno seguito quelle degli otto anni
precedenti. Nel 2006, il governo dell'epoca ha iniziato a perdere il
controllo delle spese e delle entrate pubbliche, per raggiungere il
culmine, negli anni 2008 e 2009, quando il deficit pubblico è salito
vertiginosamente, superando il 10% del Pil.
Il crollo della
Lehman Brothers e la rivalutazione dei rischi finanziari da parte dei
mercati, ha comportato l'aumento degli interessi sui prestiti della
Grecia, che costituiva l'anello debole dell'area Euro. Così è scoppiata
la crisi greca del deficit pubblico. La mancata adozione di misure
urgenti e severe di stabilizzazione da parte di due governi greci
consecutivi e l'esitazione della zona Euro ad intervenire, hanno
provocato la chiusura dei mercati finanziari per la Grecia, per poi
arrivare al suo salvataggio, dopo numerosi tentennamenti, con
l'intervento della "troika" (Fmi, Ue, Bce), un salvataggio soggetto ad
una severa applicazione delle misure di risanamento dell'equilibrio
finanziario e della competitività.
Gli effettivi sprechi
rappresentano il motivo esclusivo di questi sviluppi? La principale
causa della crisi, in Grecia come negli altri stati-membri periferici
dell'area dell'Euro, è stata principalmente provocata dagli enormi
disavanzi in continua crescita delle partite correnti di questi paesi,
dalla perdita di competitività e, soprattutto, dai differenti livelli di
sviluppo tra Nord e Sud, e non tanto dall'incapacità gestionale dei
loro leaders. Il Sud acquista dal Nord prodotti industriali di alta
qualità ed elevato livello tecnologico. Il Nord, invece, acquista dal
Sud una quantità molto minore di prodotti. In media, nel periodo tra il
2000 ed il 2007, il disavanzo delle partite correnti della Grecia era
pari al 8,4% del Pil, e del Portogallo del 9,4%, mentre le eccedenze
della Germania erano del 3,2% del Pil, e dell'Olanda 5,4%. Per coprire
questi disavanzi delle partite correnti in continua crescita, i Paesi
periferici sono stati costretti ad indebitarsi sempre più. Il risultato è
stato l'aumento del loro debito.
Il ritardo nel funzionamento
dell'amministrazione statale e delle istituzioni ancora una volta ha
costituito il pretesto, per ribadire che la Grecia, e forse anche altri
stati-membri periferici, non avrebbero dovuto diventare membri
dell'Unione economica e monetaria. Questa Uem, tuttavia, non è un club
di Paesi evoluti con interessi comuni, contrapposti a quelli dei Paesi
in ritardo. Si tratta di una fase evolutiva dell'Unione, per facilitare
la cooperazione economica tra i suoi membri, per creare rapporti che
possano rafforzare gli sforzi comuni volti allo sviluppo, per ottenere
la graduale convergenza delle loro economie e per sfruttare nel modo
migliore le opportunità fornite dall'abolizione dei confini e dagli
obiettivi condivisi. È un piano comune per raggiungere il progresso che
quindi, deve includere nella sua pianificazione, i più potenti con le
loro capacità, ma anche i più deboli, con le loro debolezze; deve
prendere in considerazione gli squilibri e valutare il fatto che i paesi
evoluti non sono solo soggetti ad oneri, anzi, ne traggono notevoli
benefici, grazie ai loro servizi finanziari e le loro esportazioni.
L'implementazione
delle misure di stabilizzazione in Grecia, a maggio del 2010, ha
comportato un miglioramento significativo dei risultati finanziari e
della competitività, ma ha contribuito anche a creare una recessione
economica profonda e di lunga durata, ad aumentare vertiginosamente la
disoccupazione che ha raggiunto il 20%, incrementando la povertà e la
miseria di parte del popolo greco. Non è solo la Grecia responsabile di
questo risultato. La combinazione della politica economica imposta dal
primo piano di aiuti non era la più adeguata e quindi le performances
attese non sono realistiche, finanche per quei paesi dotati di economie
molto più potenti di quella greca. Si ha la sensazione che le condizioni
imposte dovessero costituire un esempio da evitare per gli altri Paesi,
punendo in modo esemplare la Grecia. La recessione, inizialmente
prevista dal Fme per il periodo 2009-2012 al -7,5%, attualmente si
calcola sia a -18%, fatto questo che non consente il raggiungimento
degli altri obiettivi, generando anche intense agitazioni sociali.
La
Grecia ha costituito il pretesto della crisi dell'Euro, non ne è stata,
tuttavia, la causa. La sua causa va ricercata nel fatto che la zona
dell'euro è un'unione monetaria a tutti gli effetti, ma non è una vera e
propria unione economica e fiscale di stati-membri con differenti
caratteristiche strutturali: quelle dei Paesi maturi dell'Europa del
Nord, e quelle delle economie meno mature del Sud europeo. La crisi
attuale è solo in parte crisi di debito pubblico, e ciò interessa
principalmente la Grecia ed il Portogallo. Per il resto, si tratta di
crisi del settore privato e del sistema bancario di numerosi
stati-membri, e anche crisi del controllo e della sorveglianza da parte
delle autorità monetarie dell'area euro. L'Unione europea non ha ancora
ideato un contesto complessivo di governance economica, un nuovo modo
per affrontare gli squilibri tra il nucleo centrale sviluppato e la sua
periferia meno evoluta; non si è occupata sistematicamente di promuovere
realmente la crescita economica. Se ciò non avrà luogo, allora ci
saranno nuove crisi in futuro.
Il fiscal compact che, secondo le
leaderships dei paesi dell'euro, sarà in grado di assicurare la
stabilità delle loro economie, non riuscirà a raggiungere questo
risultato, senza altre misure che favoriscano la crescita e la
convergenza effettiva e per finire, senza un progresso adeguato verso
l'integrazione economica e politica dell'Unione.
* Kostas
Simitis è stato primo ministro greco e leader del partito socialista
(Pasok) dal 1996 al 2004, Yannis Stournaras è direttore della Fondazione
per la ricerca economica e industriale di Atene
mercoledì 2 maggio 2012
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