domenica 13 maggio 2012

Perché non mi unisco al coro dei neogrilliani.


Avete notato? Da quando ha vinto le amministrative Grillo è diventato un oggetto da maneggiare con cura e rispetto. Tutti quelli che ne parlavano male o malissimo adesso per darsi un contegno hanno improvvisamente rispolverato il politichese, sostituendo gli improperi e le contumelie con una pacata ambiguità, con frasi del tipo: “è un fenomeno che va compreso quale sintomo del disagio sociale diffuso”, “un segnale che non possiamo trascurare”, “i grillini sono buoni ed educati, Grillo è altra cosa” ecc ecc. Io non cambio idea, Grillo non piace, sebbene in passato abbia creduto ingenuamente che i grillini (non facevo i conti con Grillo che effettivamente è cosa diversa dai grillini), potessero entrare a far parte di un progetto di cambiamento serio del paese in cui viviamo. Non mi piace perché ha rivelato tutta la sua ambiguità e la sua essenza destrorsa (destra e sinistra sono categorie che per me significano ancora qualcosa nella misura in cui ci si debba orientare in universo di valori) dal momento in cui ha iniziatoad ammiccare alla Lega, dicendo che il primo Bossi diceva cose giuste, mentre quello che è venuto dopo gli ozi di palazzo era un suo figurante, oppure da quando ha definito un'assurdità il dare la nazionalità ai figli degli immigrati. Poi ci sono gli episodi di fastidio nei confronti dei cinesi e degli zingari (“entrano nei nostri sacri confini e sono un pericolo per i nostri anziani”), ed altri dello stesso tenore che non cito. Il suo solleticare le viscere leghiste, dando indirettamente credito ad un'operazione fraudolenta come la Padania, la truffa più riuscita del falso dottore Bossi, un'operazione xenofoba e razzista, di chiaro stampo paranazista (Grillo omette sia il razzismo che la xenofobia quando parla di lega), la trovo un'astuzia da vero politico, quindi qualcosa che pone Grillo in conflitto con e stesso.
Appare evidente che se la politica delle vecchie formazioni politiche rappresenta, in una visione nichilistica della storia, l'immagine degradata del trasformismo del potere, purtuttavia possiede ancora quegli strumenti di discriminazione ed analisi dei fenomeni che proprio la storia gli ha conferito e quella storia ci dice che fenomeni come quello di Grillo che si dichiarano distanti dalla vecchie categorie della politica, rivelano la loro vera essenza proprio nei particolari. I programmi sociali di Mussolini ed Hitler potevano essere all'inizio indistinguibili da quelli della sinistra e persino più radicali, ma era il nazionalismo e l'idea della razza che ha marchiato la natura di entrambi, un comodo paravento per celare la loro funzione di strumenti delle classi dominanti. Per carità non intendo stabilire dei paralleli fra Grillo e il fascismo come qualcuno ha già fatto, l'iperbole mi serve come strumento esplicativo. Ciò che però mi dissuade maggiormente dall'accodarmi ai cantori del fenomeno Grillo è la sua natura para-religiosa e fortemente leaderistica. Un movimento che si appella alla democrazia partecipativa, ma il cui leader carismatico decide in solitario strategie e tempi e modi dell'agire politico, non mi pare una buona cosa. Grillo ha le sembianze di un eretico che paradossalmente trae la sua forza prevaricatrice proprio da rivendicazioni egualitarie, e questo è un segno inquietante di una futura e pericolosa metamorfosi.
Nessuno però prevede il futuro e il presente esige risposte immediate.
Intanto molti miei amici, dicono che voteranno Grillo per “scassare”, spero non riescano a convincere anche me.


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