Sostiene De Magistris da l'Espresso
L'esercizio, in Italia, è talmente noto da essere parte della
saggezza popolare: «Se non puoi sconfiggere il nemico, fattelo amico».
Anche se l'espressione più adatta, nel caso delle repentine conversioni
di editorialisti e politici nei confronti di Beppe Grillo e del
Movimento 5 Stelle dopo il successo alle amministrative, è «salire sul
carro del vincitore». Così i giudizi tranchant sul «capopopolo», il
«saltimbanco», quello che «parla come un mafioso» spariscono a destra
come a sinistra, lasciando il posto alle «facce pulite» dei tanti
giovani che hanno raccolto percentuali in doppia cifra dal Veneto
all'Emilia-Romagna. Poco importa che ci siano sempre stati: a leggere
commenti e dichiarazioni sembrano essersi materializzati dal nulla. E
non avere niente a che fare con Grillo. Anche se non appena stenda un
diktat, come quello a non apparire nei talk show televisivi, si
moltiplicano i fantozziani «obbediamo».
Si prenda un duro e puro della polemica come Filippo Facci.
Nel 2007, sollecitato da Antonio Di Pietro sul ruolo che il web avrebbe
giocato nel futuro della politica, tuonava: «La rete che frequenta e
commenta sul blog di Beppe Grillo è il peggio di questo Paese». L'anno
seguente ecco giungere una durissima biografia a puntate del comico
genovese sul Giornale. E oggi? L'illuminazione, e la scoperta di covare
in seno una serpe: «Il grillino che è in me ha visto che Grillo i soldi
pubblici alla fine non li ha mai presi», ha scritto Facci su Libero,
«che non ha figli e famigli in politica, che non ha candidato inquisiti o
Scilipoti, che non ha mai candidato neppure se stesso». Ancora, «Il
grillino che è in me ripete che i candidati grillini oltretutto sono
presentabili, sono studenti o professionisti, sembrano brave persone».
Conclusione: «Il grillino che in me era indeciso se votare Grillo o non
andare proprio a votare». Insieme al «peggio del Paese».
Vittorio Feltri Ma dalle parti degli 'house organ' del Pdl non è l'unica folgorazione sulla via di Damasco. C'è il vicedirettore di via Negri, Nicola Porro,
che paragona l'uso di Internet da parte di Grillo a quello che il
Cavaliere ha fatto delle televisioni (le sue). Non come gli «aborigeni»
della vecchia politica: «Grillo ha utilizzato la Rete in modo sapiente»,
scrive Porro. Del resto, «Sono nativi della Rete, ma non per questo
poco impegnati». E noi che ricordavamo i piagnistei sul populismo,
l'odio e le falsità sul web, o i libelli contro l'alfiere della
trasparenza, Julian Assange. Tutto il contrario: i 'grillini' «sono
tanti, sono svegli, hanno voglia di cambiare». E Feltri?
In passato con Grillo ha rischiato di venire alle mani. A luglio 2010
il comico aveva anche annunciato il ricorso agli avvocati per un titolo
inclemente: «Anche Beppe Grillo chiede soldi allo Stato». Reazione: «Se
Feltri non rettificherà le balle del suo giornale voglio incontrarlo.
Incontrarlo fisicamente, intendo. Sempre che non abbia paura...». Oggi,
invece, siamo al disarmo. «A forza di far ridere, di essere deriso,
snobbato e sottovalutato», scrive Feltri l'8 maggio, Grillo «ha fatto
breccia nel cuore dei cittadini bisognosi di qualcuno che interpreti i
loro malumori e organizzi una protesta efficace contro i professionisti
della politica decadente». E che importa se in prima fila a deridere,
snobbare e sottovalutare c'è stato, e per anni, proprio il quotidiano di
Feltri.
Sulle cui colonne, soltanto il 27 aprile scorso, l'ex spin doctor di Massimo D'Alema, Fabrizio Rondolino,
vergava una sprezzante «Storia di un conformista che finge di essere
pazzo». Oggi, su 'The Front Page', il tiro si aggiusta: «al non voto
sembra esserci una sola alternativa valida: il Movimento 5 Stelle».
Certo, «di Beppe Grillo non apprezzo pressoché nulla», e «i grillini non
c'entrano niente con lui». Ma è impossibile non cogliere una
contraddizione in chi prima scrive che «ogni tanto qualche fuoriuscito
racconta particolari decisamente staliniani in una leadership che si
vorrebbe libertaria» e poi argomenta, tra un complimento e l'altro
(«studiano e lavorano, sono pragmatici e concreti, vivono la politica
come partecipazione e servizio, e in genere sono anche molto
secchioni»), che «i grillini saranno i cani da guardia della
democrazia». Con quella scuola, chissà i morsi.
Già, D'Alema.
Lo scorso 16 aprile irrideva: «Mi sono sottoposto al sacrificio di
ascoltare su Internet il comizio di Beppe Grillo: mi sembra un impasto
tra il primo Bossi e il Gabibbo». Poi questa strana figura, mezza
senatur e mezza pupazzo satirico, vince le elezioni. E il giudizio
cambia: «Collaborare con Grillo? E' lui che dice di no. Ma va preso sul
serio». Ma non era roba da Striscia la Notizia o, alla meglio,
antipolitica? Niente affatto: «E' politica, non anti». Merito dei
'grillini': «In molti casi si tratta di persone giovani, valide, che
hanno raccolto consenso anche per le loro qualità», giovani di un
movimento «a cui bisogna guardare con attenzione e rispetto, senza
alcuna demonizzazione». Quella, per esempio, che continuano a ripetere
colleghi di partito comeFrancesco Boccia: «Grillo è un
pregiudicato che pensa di poter offendere tutti sfuggendo qualsiasi
confronto». Se si sommano dichiarazioni antitetiche come quelle diArturo Parisi («movimenti alla Grillo ai quali secondo me va riconosciuta nitidamente la qualità di movimenti politici») e Giuseppe Fioroni («Il
voto di Grillo dimostra che l'antipolitica è una politica contro, ma
non ha ancora autorevolezza per sostituire la politica») si capisce che
anche qui siamo prossimi alla schizofrenia.
Ma nella politica c'è chi si spinge oltre. Mario Mantovani,
senatore Pdl, vuole andare ai ballottaggi con il Movimento 5 Stelle:
«Se gli uomini di Grillo volessero mettere in campo qualche loro
amministratore nelle nostre giunte, perché no?» Del resto, «Mi ricordano
la rivoluzione di Forza Italia negli anni 90». Anche Claudio Scajola è
possibilista: allargare il Grande Centro anche a loro? «Vedremo».
Intanto i falchi pidiellini si avventano sulla preda: Grillo «fa bene il
suo lavoro» (Daniela Santanchè ), e oltretutto «non mi è particolarmente antipatico» (Ignazio La Russa). In Lega c'è chi come Matteo Salvini, gli dà il «benvenuto» e chi, Luca Zaia, ricorre alla storia per giustificare il ruolo del grillismo: «Catone il censore è sempre utile alla comunità». Tanto che per Gian Paolo Gobbo,
sindaco di Treviso, «i grillini sono la nuova Lega». Nell'Idv, che da
sempre ha un rapporto più 'morbido' con il comico e il suo movimento, si
sprecano gli elogi. Che perAntonio Di Pietro sono
un'immagine ardita: «L'Idv con Grillo? E' come se mi chiedessero se
voglio sposare la Schiffer. Chiediamo prima alla Schiffer se vuole
sposarsi con me». Per Pancho Pardi, un'ammissione di sconfitta: «Noi rispetto a Grillo appariamo consolidati, vecchi, loro sono molto più frizzanti».
Bastone e carota anche a sinistra. Si prenda Nichi Vendola.
Oggi si muove, cauto, tra i distinguo: «Un conto è Grillo, un altro i
candidati del Movimento 5 Stelle: non sono aggressivi, mostrano cura per
il territorio, impegno per battaglie civili degne di attenzione».
Qualche settimana fa, invece, c'era meno prudenza: «Beppe Grillo adopera
talvolta la diffamazione e la calunnia come stile comunicativo, fa di
una certa semplificazione un po' rozza, l'elemento con cui costruisce un
rapporto con la pancia dell'opinione pubblica». Il 9 maggio Vendola
vorrebbe «capire con rispetto questo movimento, senza snobismi. Dove
possibile, anche aprire un'interlocuzione. Non sono alieni...». Il 10,
al contrario, dice: «Con Grillo non c'è alcuna possibilità di
interlocuzione». Resta da spiegare come tanti bravi ragazzi possano
ispirarsi a quello che viene definito un diffamatore, ma tant'è.
Marco Pannella Poi ci sono le dichiarazioni d'amore di Marco Pannella.
Che al Fatto Quotidiano minimizza le polemiche sul «Grillo-parlante»
divenuto «copiante» per aver mutuato l'espressione «Norimberga dei
partiti». E si abbandona alle lodi: «Ritengo le sue contraddizioni
ricche e importanti. Il combinato disposto del Grillo-parlante e del
Pannella-pure, costituirebbe un elemento non di esplosione politica
effimera, ma di forza alternativa»; «Quando uno lo vede, lo osserva con
amore, non può non pensare: 'guarda com'è in forma, cazzo'»; «quando
sento Napolitano rispondere in modo magniloquente a Grillo penso che
commetta un reato»; «quando ci sono 7 o 8 milioni di persone che lo
guardano e con quei 3 minuti di perfezione recitati in piazza, che ti
viene la pelle d'oca per quanto è bello, ha già vinto». E se le
benedizioni vanno da Carlo Petrini di 'Slow Food' («Lo
guardo con moltissima attenzione, perché ha contenuti giusti»; «Sbaglia
chi sulle tematiche dell'energia, dell'ambiente, delle risorse naturali,
della salute, Grillo non sia preparato. E' iperpreparato») a Pippo Baudo («Ha
fatto quello che faceva la vecchia Dc: ha saputo avvicinare i giovani
alla politica») significa proprio che qualcosa è cambiato. O forse, che
non è cambiato nulla.
sabato 12 maggio 2012
Chi salta sul carro di Grillo. Da Feltri a Pannella, da Rondolino a Facci, da Vendola alla Santanchè...
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