Luisa Betti da Il Manifesto
Sono già più di 20mila le firme che stanno giustamente sostenendo
l’appello “Mai più complici” (Zanardo-Lipperini-Snoq) per fermare il
femmicidio in Italia chiedendo un rapido intervento del governo: ma a
che serve accettare il sostegno nominale da chi si è preso la
responsabilità pratica di tagliare i fondi ai centri antiviolenza che
sono il fulcro della questione soprattutto in questo momento di
emergenza? A cosa serve avere la firma di chi ha controfirmato tagli
drastici per gli interventi territoriali contro la violenza di genere e
ha sostenuto normative nefande come la legge “Tarzia” che vuole far
sparire i consultori da tutto il Lazio portando questa regione indietro
di 50 anni con i centri per la famiglia? A cosa serve che la presidente
della Regione Lazio, Renata Polverini, reciti testualmente che “in
Italia è in atto un attacco al cuore dei diritti delle ragazze, delle
bambine, delle donne, che sono le prime vittime della crisi, le prime
vittime delle violenze domestiche”, quando lei stessa ha portato
quest’anno i finanziamenti per contrastare questa violenza da 700mila a
400mila euro? A dirlo non sono io ma chi l’ha vista. Il Consigliere Pd,
Tonino D’annibale, ha dichiarato sul suo sito (quindi è pubblico)
testuale commento: “Il sostegno alla donne vittime di violenza è un
problema di sanità pubblica. Lo dice anche l’Organizzazione mondiale
della sanità ma, evidentemente non la pensa cosi questa Giunta regionale
anche se presieduta da una donna. Sportello donna funzionante
al S. Camillo dal 2009 e che ha prestato assistenza in due anni a oltre
700 donne , infatti sta per chiudere. La Regione non ha fondi e di
certo non è spesa di cui si può far carico in modo autonomo l’azienda
ospedaliera S. Camillo, che non ha per niente i conti a posto. Le
lavoratrici del centro non percepiscono lo stipendio dallo scorso
novembre ma lavorano comunque. Sono un esempio di solidarietà di donne
verso le donne. Lo stesso non si può dire della Polverini. Perdere altro
tempo vuol dire assumersi la responsabilità di chiudere un esperienza
all’avanguardia in tutta Italia , ma soprattutto lasciare mano libera ai
violenti”. L’Associazione nazionale dei centri antiviolenza Dire, in
occasione della presentazione del primo piano triennale contro la
violenza di genere e lo stalking alla conferenza organizzata al
Villaggio So.Spe – il centro romano guidato da suor Paola che accoglie
ragazze madri e i loro bambini – ha chiesto il perché una così degna
attenzione non fosse dedicata anche alle strutture già esistenti che
operano da anni e con esperienza contro la violenza, dato che esistono
solo 67 posti letto in tutta la regione Lazio e le difficoltà pratiche
che i centri antiviolenza del territorio hanno nel garantire il servizio
di accoglienza e di sostegno necessari alle donne che chiedono aiuto
sono costantemente in bilico. In partica la presidente, che ha firmato
l’appello “Mai più complici” con tanto di dichiarazione, nella realtà ha
messo in discussione l’esistenza e il sostegno a due nodi fondamentali
per combattere la violenza: gli sportelli antiviolenza del pronto
soccorso dove la donna può accedere direttamente 24 ore su 24 per poi
venire indirizzata ai centri e alla procura per eventuale denuncia (e
quello del San Camillo posso garantire che era di una stanzetta che le
operatrici della onlus BeFree avevano messo a posto per accogliere le
donne), e i centri antiviolenza provvisti di avvocate, psicologhe e
operatrici specializzate (laiche) che, in alcuni casi, sono anche
provvisti di rifugio per donne e bambini che ne hanno bisogno (qui le
donne vengono nascoste quando in pericolo di vita). La Regione Lazio
della Presidente Polverini ha inoltre appoggiato e sostenuto la legge
Tarzia (proposta dall’on. Olimpia Tarzia) che prevede di abrogare la
L.15/76 istituente i consultori nati come servizi socio sanitari
integrati di base, volti alla promozione e alla prevenzione della salute
della donna e aperti alle famiglie di ogni genere, alle coppie, alle
donne, agli uomini e agli adolescenti anche non accompagnati, a persone
con diverse identità etiche, religiose, culturali, introducendo invece
una impostazione ideologica e confessionale finalizzati a servizi
consultoriali per la tutela “della famiglia fondata sul matrimonio”
promuovendo la partecipazione e la gestione dei servizi di tutte le
associazioni confessionali pro-life ed escludendo le
associazioni/assemblee delle donne. La Tarzia prevede di duplicare
obbligatoriamente i percorsi di applicazione della Legge 194/78 (il
diritto all’interruzione di gravidanza) considerando implicitamente
l’inadeguatezza e l’incapacità delle donne di assumere con senso di
responsabilità decisioni relative alla propria vita, e contempla i
consultori organizzati da strutture private non a scopo di lucro e da
strutture private lucrative – in questo ultimo caso in contrasto con
l’art. 2 della L. 405/75 – prevedendo la possibilità di accreditarli, di
finanziarli con risorse pubbliche e di delegare loro la gestione di
servizi consultoriali pubblici. Ovvero prevede un attacco diretto alla
salute e al diritto delle donne italiane, ricreando così un terreno
fertile dove la violenza e il femmicidio sono solo un triste e
vergognoso epilogo.
venerdì 4 maggio 2012
Polverini: con una mano taglia e con l’altra firma
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