di Carlos Fazio da la Jornada
(traduzione per doppiocieco di Franco Cilli)
Unitamente alla stampa occidentale,
tradizionalmente schierata, uno dei grandi perdenti delle elezioni
venezuelane del 7 Ottobre, è stato senz'altro il cosiddetto Ufficio
della Diplomazia Pubblica di Washington.
Fomentatore del terrorismo mediatico
sin dagli anni della guerra fredda, l'ufficio dedicato alla
destabilizzazione dei processi democratici e popolari dell'area, ha
lavorato instancabilmente tra la fine di Luglio e il giorno delle
elezioni per cercare di imporre una serie di idea forza, che dirette
a/e riportate dai principali media di Stati Uniti, America Latina,
Madrid e Londra, hanno cercato di dare risalto al candidato
dell'opposizione Enrique Capriles Radonski, allo scopo di
controbilanciare le principali agenzie di sondaggi, che davano come
vincitore certo Hugo Chávez.
L'argomento principe della campagna
elettorale è stato che Capriles non era in competizione con Chávez,
bensì contro un asse formato da una cricca di narcogenerali,
politici nepotisti e cubani(sic)
che avevano pianificato di utilizzare le elezioni come mezzo per
controllare il Venezuela dopo che Chávez fosse divenuto inabile o
fosse morto. In definitiva si trattava di impedire che attraverso le
violenze, le intimidazioni e la frode elettorale si perpetuasse un
chavismo senza Chávez .
Dietro consiglio di
due esperti israeliani, il politico, diplomatico e scrittore Shlomo
Ben Ami, membro del partito laburista ed ex ministro degli esteri di
Israele, e Alon Pinkal, anch'egli diplomatico che ha rivestito la
carica di console generale negli Stati Uniti fra il 2000 e il 2004,
nonché consigliere di due ministri di Relazioni con l'estero e il
primo ministro Ehud Barak, la campagna elettorale ha cercato di
costruire l'immagine di Capriles come di un uomo serio, che offriva
stabilità, affidabilità, capacità di previsione dell'economia e un
miglioramento tangibile nella relazioni del Venezuela con il mondo.
Con lui, il Venezuela si sarebbe convertito in una democrazia
vibrante e aperta, rimpiazzando una oligarchia militar-autoritaria.
La cronologia di 84
giorni(77 fra il 23 dii Luglio e il 7 di Ottobre, e la settimana
posteriore alle elezioni), è stata tratteggiata in tre fasi. La
prima è consistita nella costruzione e configurazione del discorso e
del dibattito nei media, attraverso la disseminazione di articoli ed
elementi di notizia concernenti l'elezione, basate sulla
polarizzazione di due puniti di vista: Henrique Capriles Radonski
versus l'asse Narco-Junta-Cuba e il pericolo di un Venezuela
post-chavista diretto da una dittatura castrista-autoritaria
Nella seconda fase si è cercato di
promuovere relazioni fra Capriles, leaders mondiali e responsabili di
affari, e i media internazionali, nel tentativo di persuadere gli
attori della politica che il Venezuela con Capriles sarebbe un
terreno migliore e più affidabile per fare affari. Gli accordi
verrebbero portati regolarmente a termine, gli investimenti protetti
e gli interessi rispettati. A tal proposito Alon Pinkas, direttore
fra l'altro di Brainstorm Cell Therapeutics Inc. e commentatore di
media israeliani e stranieri, incluso Fox News, ha preso contatto con
con l'impresa pubblicitaria Thunder 11, presieduta da un ebreo
residente a New York, Marcos Greenberg, che è stato anche
consigliere della campagna del'ex presidente di Colombia Álvaro
Uribe.
Nella terza fase
della campagna ( i dieci giorni precedenti il 7 Ottobre) il fuoco
dell'informazione e dell'intelligence si è concentrato sulla
salute di Hugo Chávez, le presunte lotte intestine all'interno delle
forze armate, i conflitti fra i narcogenerali, l'intromissione e il
coinvolgimento diretto di Cuba, così come la manipolazione
potenziale, le irregolarità e le frodi elettorali. Alla base di
tutto il piano strategico, la prefigurazione di due ipotesi
contrapposte: un Venezuela serio e democratico oppure un paese dove
continua a governare una narco-junta e Cuba (narco-junta-Cuban
ruled).
Il modus operandi della
campagna conmtemplava l'identificazione di giornali, canali TV, e
agenti dei social media
di un certo rilievo e disposti probabilmente a pubblicare, e
includeva un processo diretto principalmente a stabilire
l'affidabilità di giornalisti e scrittori individuali, e
successivamente di provvedere ad un flusso continuo di articoli da
una ventina di grandi testate fra le quali risaltano: The
New York Times, The
Wall Street Journal, Reuters,
Ap, The New York Post,
The Miami Herald,
Time, Newsweek/The
Daily Beast, Foreing
Policity, Bloomberg/Business
Week, Forbes, The
Atlantic, The Guardian, El País,
CNN, CNBC, BBC e gli affiliati locali nell'area di Miami di ABC, CBS,
NBC y Fox, cosi come vari giornali e blog dell'industria del
petrolio.
Secondo il documento Public
Diplomacy andMedia Shlomo Ben Ami, Alon Pinkas (suoi soci a
Washington) e Thunder 11 avrebbero fornito a Capriles dati probanti e
prove relative all'asse narco-junta-cubano. E dato che Diplomazia
Pubblica è anche uno sforzo mediatico, l'idea era quella di
utilizzare le riunioni con leaders,
diplomatici, politici e ONG umanitarie perché riproducessero la
matrice di opinioni disegnata per il piano. Sono stati programmati
incontri con politici e leaders
del Congresso degli Stati Uniti e dei comitati di Energia, commercio
e relazioni esterne, e Human Rights Watch.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Chávez e i Venezuelani
hanno vinto anche la battagli mediatica con Washington. I contenuti
della campagna sono risultati una frode degli pseudo-giornalisti di
El País e di strumenti
affini. La guerra però continua. Nel ridisegno del confronto è
prevedibile che gli Stati Uniti vincoleranno un prolungamento del
mandato al 2019 alla conferma di una matrice populista-dittatoriale,
con gli annessi dell'infermità del presidente Chávez, la
corruzione, il burocratismo e la violenza in chiave di polarizzazione
classista. Idee di cui si faranno carico come al solito vecchi
personaggi ormai ben noti:Roger Noriega, Vargas Llosa, Otto Reich,
Patricia Janiot, Jorge G. Castañeda, la argentina Bullrich e una
manciata di stelle mediatiche.